La
storia è l’errore che non smettiamo mai di correggere.
Autore:
Anthony Marra
Editore:
Frassinelli
Numero
di pagine: 312
Prezzo:
€ 19,50
Sinossi:
Roman
Markin amava l’arte, l’aveva studiata, sognava di diventare un
pittore. Ma nella Russia staliniana, più che artisti, servivano
«censori di immagini», deputati a modificare dipinti e fotografie
per cancellare personaggi caduti in disgrazia e considerati traditori
dal regime. Ma Roman non resiste alla tentazione di salvare o di
aggiungere volti e particolari perché restino tracce, anche se quasi
invisibili, di chi ha amato, di chi è stato, e di quello che è
stato. Così, da un lato rifiuta − anche se nemmeno lui sa bene
perché, forse solo per amore della bellezza − di cancellare del
tutto la figura aggraziata di una ballerina invisa al regime,
dall’altro inserisce il volto del perduto fratello Vas’ka
ovunque, nelle fotografie ufficiali, nei quadri del realismo
socialista, persino su un paesaggio bucolico ceceno dipinto nel XIX
secolo dal pittore Zacharov. Ed è seguendo negli anni il destino di
quel quadro, e del paesaggio che rappresenta, che si snoda questa
storia fatta di tante storie e di tanti destini, intrecciati tra
loro, al di là del tempo e dello spazio. Dal quadro spariranno delle
figure, e altre ne appariranno, come se il dipinto volesse in qualche
modo seguire le vicende tragiche del luogo che rappresenta. Il
risultato è un libro per certi aspetti indescrivibile, tecnicamente
perfetto ma nello stesso tempo arioso e struggente, profondo e
luminoso, pieno di umanità e di vita.
La recensione
“Quel
pensiero sarai tu”, diceva lui.
“L'ultima
parola sarà la tua”.
“L'ultima
parola sarà il tuo nome”.
La
famosa lista battuta su Word, da undici anni a questa parte fedele
custode delle mie letture e, vagamente, diario segreto, la scorsa
settimana è stata protagonista di un evento quantomai singolare. Un
errore nella conta dei romanzi letti da gennaio a luglio. Uno
sbaglio, o così potrebbe sembrare. Un salto più lungo della gamba,
e da cinquantadue mi ritrovo ad averne letti sessantuno, di libri. Uno,
due, tre... nove in più. Il mistero, in un pugno di giorni trascorsi al mare.
Cos'è accaduto? Quanto avrò letto mai, io che eppure ho i miei
sacrosanti tempi e che, notoriamente, non mi dedico a una nuova
lettura senza prima avere parlato della passata? Mi è successo un
romanzo splendido – uno e basta: contato -, che si chiama La
confessione di Roman Markin. Bene. Hai spuntato già una voce
dalla lista delle cose da fare, uno dice; ma adesso come parlarne, e
dopo a cosa dedicarsi? Da dove prenderlo per commentarlo assieme,
quel volume azzurro, neanche troppo spesso, che mentre lo sfogliavo
mi faceva domandare a tutti e a nessuno in particolare: da dove avrà
iniziato a pensarlo, un intrigo di tal portata, uno scrittore di
trent'anni appena? Chi lo sa. La mia, perciò, più che una
recensione, sarà un puro atto d'egoismo: scomporre il carillon di
Anthony Marra, pur senza svelarvi troppo, per ricordarne nel
dettaglio un po' dei meccanismi impercettibili, degli incastri
perfetti, delle consonanze barocche e postmoderne insieme. Lo
scompongono, ne ripeto i contenuti a menadito. Li tiro a me, infine,
come fanno le brave madri coi cocci di vetro di una tazza che si è
infranta; come fanno i naviganti con le vele. Perché certi romanzi,
si sa, sono esigenze impellenti. Partiamo dalla definizione:
impropriamente dirò “romanzo” per tutto il tempo –
correggetemi, tra voi e voi -, ma l'editore scrive “storie” sul
bianco del tutù. La confessione di Roman Markin, con
le sue sole trecento pagine, di quelle storie autosufficienti ma
legate, è il labirinto e la fortezza. Il baluardo. Un libro che si
giudica dalla copertina: il resto, poi, viene magicamente da sé.
Non ho la cultura del racconto, purtroppo – forma narrativa che mi
è sempre parsa una scappatoia da impegni maggiori -, figuratevi,
perciò, quanto poco ne sappia di conflitti e rovesciamenti di
fortuna nell'ex Unione Sovietica. Mi hanno trattenuto a lungo i
dubbi, poi mi sono affidato a Marra, fiducioso: cercavo il potenziale
romanzo dell'anno, e chi l'ha letto prima di me sembrava darmi
conferme e aspettative esorbitanti. Leggevo, intanto, non
sapendo bene cosa aspettarmi da otto, nove racconti che, in coro, ti
compongono la sinfonia più irripetibile. Detto ciò, di che parlano?
La storia d'apertura, ambientata nella Leningrado comunista, racconta
di Roman, artista e censore, che cancella le identità dei traditori
da foto e ritratti, sostituendole con quelle dei fedelissimi al
regime e, di nascosto, del fratello che ha tradito.
Vuole preservarne il ricordo. Subirà una fine ingloriosa e, in codice Morse, consolerà un compagno di carcere che, erroneamente, l'ha scambiato per Dio: colpa di una denuncia anonima, galeotta la fotografia di una étoile sovversiva che, non si sa perché, ha risparmiato dall'oblio. La storia che segue, raccontata in un'intrigante e maliziosa prima persona plurale, rievoca la prigionia della suddetta balleria e l'ascesa (dunque, la conseguente caduta) della nipote di lei, nominata Miss Siberia e, da lì, attrice hollywoodiana e moglie trofeo. La terza è a proposito del generoso vicedirettore di un museo che, in una città distrutta, redarguisce turisti europei. La quarta parla di due soldati in un pozzo, prigionieri sugli altopiani ceceni, che seminano aneto tra le mine, scambiandosi altruisticamente storie di donne – non sono esenti le mamme, in succinti bikini leopardati sulle sponde di laghi radioattivi – e ricordi preziosi. La quinta riguarda il fratello minore di uno dei due prigionieri – a sua volta, vecchia fiamma della nota Miss Siberia -, che abbozza aforismi sparsi e contempla le ceneri dei propri cari stipate nei barattoli per sottaceti. Riuscirà mai a spargerle nel Mar Nero?
La sesta è
sui narcotrafficanti e le donne sprovvedute che popolano l'irreale
Foresta Bianca – intrigo artificiale in cui tutto è illusione: gli
alberi d'acciaio, le foglie di carta stagnola – e la settima,
collaborazione tra un teppista vergine e un reduce di guerra, ci
rivela trucchi e stratagemmi su come far soldi nella lussuosa
metropolitana della Capitale russa. L'ottava, giunta prima di un
sogno nello spazio, che in realtà è un viaggio dell'anima e della
memoria, è la mostra temporanea in cui si incrociano passato e
presente; il senso di colpa per la confessione strappata
all'innocente censore e i colori nuovi di una giovane gallerista che,
finalmente, torna a vedere. Avete presente quella sensazione di
imbrogliare il tempo al suo stesso gioco, allungare le giornate a
dismisura e, nei pochi grammi di un romanzo (ditemi, quanto peserà?),
rintracciare i ventuno dell'anima umana e i quintali di sessant'anni
di vita vissuta? Il gioiello di Marra - scritto meravigliosamente,
ora doloroso e ora buffo: fruibile sempre – è la tana del
Bianconiglio, la borsa di Mary Poppins, un mare senza fondo. Una
folla a bordo di una Cinquecento piccina piccina, come quella della
pubblicità. Ancora, la matriosca di un finissimo artigiano, in cui
ogni bambola – ogni storia – è figlia legittima dell'altra, e le
tramanda caramente cimeli, peccati capitali, impensate eredità. Si
incrociano, così, sempre le stesse facce, sempre gli stessi nomi; e
da angolazioni varissime, da punti di vista speculari, si
reinterpretano sotto un'altra luce citazioni lì per lì
trascurabili o semplici figuranti, volteggiando dalle trincee allo
spazio profondissimo, dall'oggi al ieri, dal romanticismo fumoso al
noir intossicato.
Vuole preservarne il ricordo. Subirà una fine ingloriosa e, in codice Morse, consolerà un compagno di carcere che, erroneamente, l'ha scambiato per Dio: colpa di una denuncia anonima, galeotta la fotografia di una étoile sovversiva che, non si sa perché, ha risparmiato dall'oblio. La storia che segue, raccontata in un'intrigante e maliziosa prima persona plurale, rievoca la prigionia della suddetta balleria e l'ascesa (dunque, la conseguente caduta) della nipote di lei, nominata Miss Siberia e, da lì, attrice hollywoodiana e moglie trofeo. La terza è a proposito del generoso vicedirettore di un museo che, in una città distrutta, redarguisce turisti europei. La quarta parla di due soldati in un pozzo, prigionieri sugli altopiani ceceni, che seminano aneto tra le mine, scambiandosi altruisticamente storie di donne – non sono esenti le mamme, in succinti bikini leopardati sulle sponde di laghi radioattivi – e ricordi preziosi. La quinta riguarda il fratello minore di uno dei due prigionieri – a sua volta, vecchia fiamma della nota Miss Siberia -, che abbozza aforismi sparsi e contempla le ceneri dei propri cari stipate nei barattoli per sottaceti. Riuscirà mai a spargerle nel Mar Nero?
Quant'è
piccolo il mondo: sta in un quadro.
E
tu, sta' pur certo che ci sei: in quale angolo sei stato ritratto?
Il mio voto: ★★★★½
Il mio consiglio musicale: M83 – Outro
E per fortuna che non sapevi come parlarne xD
RispondiEliminaIl libro mi ha sempre ispirato, ho avuto un periodo in cui adoravo i romanzi storici di questo tipo, ma mi "spaventa" un po' la struttura narrativa a storie, che non è delle mie preferite.
Nemmeno tra le mie, ma se una cosa è bella è bella. Poco da fare. :)
EliminaEcco, un altro libro da aggiungere alla lista infinita. Bellissima recensione :)
RispondiEliminaTi ringrazio, franzes!
EliminaQuesto libro è nella mia lista da quando è uscito nelle librerie. Sono stata catturata fin da subito dalla trama, ma ancora non avevo letto recensioni al riguardo. Ti ringrazio, una recensione come sempre bellissima :)
RispondiEliminaGrazie a te, Silvia :)
RispondiEliminaBellissima Michele, una conclusione poetica, in quale angolo sei stato ritratto. Quante angolazioni si assumono nel corso della vita? Penso io finendo di leggere la tua recensione. Un libro che leggerò sicuramente.
RispondiEliminaGrazie mille, Nunzia!
EliminaLo amerai.
ma devo assolutamente leggere questo libro!!!
RispondiEliminaDevi! Acquisto necessario. :)
RispondiEliminaAnche io faccio le liste su Word, però dei film, delle serie e dei dischi.
RispondiEliminaWord, il diario dell'epoca moderna.
Il libro sembra interessante, ma forse un po' impegnativo in questa stagione...
Io, per quelli, uso quelle "liste" su Facebook :-P
EliminaLibro ceramente non leggerissimo, ma in questo periodo ho tanto tempo libero a disposizione... Mi darò a letture rigorosamente non da ombrellone!
Hai parlato di questo romanzo in modo appassionato, lo possiedo e l'ho snobbato...se poi citi Mary Poppins, la mia eroina, la tata che avrei voluto da bimba al posto di una nonna un pò troppo egoista, mi scuoti e mi costringi a prenderlo davvero in considerazione...
RispondiEliminaLeggilo, leggilo.
EliminaNon rimarrai senz'altro indifferente. :)