Autore:
Lorenzo Marone
Editore:
Longanesi
Numero
di pagine: 268
Prezzo:
€ 14,90
Sinossi:
Cesare
Annunziata potrebbe essere definito senza troppi giri di parole un
vecchio e cinico rompiscatole. Settantasette anni, vedovo da cinque e
con due figli, Cesare è un uomo che ha deciso di fregarsene degli
altri e dei molti sogni cui ha chiuso la porta in faccia. Con la vita
intrattiene pochi bilanci, perlopiù improntati a una feroce ironia,
forse per il timore che non tornino. Una vita che potrebbe scorrere
così per la sua china, fino al suo prevedibile e universale esito,
tra un bicchiere di vino con Marino, il vecchietto nevrotico del
secondo piano, le poche chiacchiere scambiate malvolentieri con
Eleonora, la gattara del condominio, e i guizzi di passione carnale
con Rossana, la matura infermiera che arrotonda le entrate con
attenzioni a pagamento per i vedovi del quartiere. Ma un giorno, nel
condominio, arriva la giovane ed enigmatica Emma, sposata a un losco
individuo che così poco le somiglia. Cesare capisce subito che in
quella coppia c'è qualcosa che non va, e non vorrebbe certo
impicciarsi, se non fosse per la muta richiesta d'aiuto negli occhi
tristi di Emma... I segreti che Cesare scoprirà sulla sua vicina di
casa, ma soprattutto su se stesso, sono la scintillante materia di
questo romanzo, capace di disegnare un personaggio in cui convivono,
con felice paradosso, il più feroce cinismo e la più profonda
umanità.
La recensione
Mi
si dà del bidimensionale, ogni tanto. E mi ci do pure io,
l'importante è gli altri non esagerino con le definizioni:
autocritico, ma con orgoglio. A onor del vero, mi piace uscire
poco e sempre con le stesse persone, ho le mie immutabili
convinzioni, l'unica mia trasgressione è stata la barba lunga,
quest'estate, e la pelata lo scorso anno e, come dico spesso, farei
cose pazze soltanto in vacanza fuori dal territorio italiano. Dove
nessuno mi conosce e quindi chissene, chi si è visto si è visto.
Però quanto mi arrabbio – e io mi arrabbio raramente, perché ho
troppa poca voglia di intavolare discussioni inutili e confronti –
quando mi si dice: fare questa e quell'altra cosa non è da te.
Allora apriti cielo. Come controbattere, senza grandi avventure da
raccontare, conquiste di cui vantarmi, coppe che raccontino la storia
di sorprendenti traguardi sportivi che nessuno, a giusta ragione, si
aspetta dal sottoscritto? Io sono quello, in un gruppo magari
affiatato, che si vede meno, perché tutto preso dalle parole –
lette o battute in prima persona sulla tastiera – e da film
suppergiù inutili che non vedremo mai se non coi sottotitoli. Hobby
nerd che solo a una certa distanza, per chi non si prende la briga di
informarsi, sembrano gli stessi. Sono tridimensionale nei gusti e nel
sentire, invece. Tu mi vedi sempre uguale, con un libro aperto
davanti al naso e l'internet superveloce, ma quello che un giorno può
mandarti a quel paese e un altro sa farti ridere, quello che una
volta reagisce come un ceppo di legno davanti a un abbraccio caloroso
e un'altra cerca il tuo calore di proposito, critica il pianto quando
viene facile, ama da qualche anno il cinema indipendente e scopre i
casi editoriali solo in ritardo. Il me più tridimensionale –
chiuso questo inverno in un bunker, con l'angoscia degli esami e i
post programmati su Blogger – ha apprezzato questo La tentazione
di essere felici letto a mesi di
distanza, perché quello che non ama particolarmente i periodi
infiocchettati e le massime dal sapore universale – a testimonianza
che neanch'io so più cosa sia da me – è lo stesso che piange come
non ci fosse un domani ogni volta che parte Up.
Intollerante al rumore, impacciato davanti all'affetto altrui, cinico
per dispetto quando la situazione dovrebbe volermi al contrario
premuroso.
Il diversamente scorbutico che non dice mai di no e che –
lo sanno tutti, ormai – ama sentirsi vulnerabile solo quando in un
film di quelli commoventi ci sono protagonisti della terza età. Mi
piacciono i vecchietti, ma quasi soltanto quelli dei film o di cui
leggo volentieri le storie; non quelli sui mezzi pubblici, che si
infervorano per un non nulla e fanno vibrare i gozzi tremolanti a
suon di proteste per tutta la durata del viaggio. Preferisco gli
Scrooge redenti e i finti cattivi. Io, da anziano, ho deciso che sarò
un vecchietto come quelli inventati dagli scrittori: duro fuori e
morbido dentro. Sarò come il torrone a Natale o come il protagonista
di Lorenzo Marone, se volete: già sulla buona strada alla mia età,
nonostante i sessant'anni di differenza. Cesare Annunziata ha
scoperto, con gli anni, di essere più un tipo da gatto che da cane;
si fa vivere e non vive; è la scelta che sceglie lui, ormai, e non
il contrario. Ha fallito come marito – un matrimonio lungo ma
disonesto; una moglie che accanto a lui non era contenta sin
dall'inizio – e ha fallito come padre – ecco una figlia, dunque,
che da lui ha preso la propensione al tradimento e un
figlio artista che non ha il coraggio di fare pubblicamente outing.
Ma c'è una vicina di casa in difficoltà, adesso: una nuova arrivata
che ha l'età per essere sua nipote, il nome di un vecchio amore
perduto, un marito crudele. L'annoiato Cesare potrebbe finalmente
mettersi a posto la coscienza, sentirsi eroe per un giorno come nella
canzone, dandole una mano con l'aiuto imprevisto della gattara
del palazzo, di un vedovo appesantito la cui poltrona ha
assunto la forma della sua stessa sagoma, di un'attempata prostituta
dal cuore d'oro? A me piacciono i vecchietti perché sono un po' come
i neonati, se proprio volete saperlo.
Lascereste un neonato piangere,
dico; lascereste un nonno solo? Passi il giorno a dargli attenzioni,
perciò, per farlo crescere meglio o a riempirlo di gentilezze, per
farlo andare via più dolcemente. Sono i pochi a emozionarmi perché, per arrivare agli ottanta, sai quanta strada devono avere già
fatto? Sai quanto hanno sofferto per portare fieramente quelle rughe?
Perciò si apprezza la spassionata sincerità di questo adorabile
misantropo – che siccome odia tutti, per contrappasso, tutti
vogliono bene –, ci si lascia conquistare dalla sua semplicità e
si perdona senza sforzo quel parlare per aforismi, di tanto in tanto,
e qualche insegnamento di troppo. Il perdere il filo del discorso, il darsi ai voli pindarici, e il ritrovarsi – alla pagina successiva – con
un comunque e un tornando a noi. Leggera retorica che
altrove odierei, ma che in bocca a Cesare Annunziata sta bene. Alla sua età può permettersela. Tra rimpianti e liste per ricordare le cose importanti,
occhi annebbiati dalla cataratta che comunque indugiano sui seni
prosperosi delle signorine e sogni a occhi aperti che gli mostrano muse del
passato, si pensa a Nebraska
e a Stanno tutti bene. Una buona lettura che si addice perfettamente alla malinconia
degli ultimi giorni d'estate – quando il mare inizia a tingersi
d'inverno e l'abbronzatura sbiadisce (la mia non è mai comparsa, ma pace) – con un protagonista, segreto
di tanto meritato successo, forse dirimpettaio del Ladro di nebbia, Antonio M. Fonte, e abitante di rioni che, dalla Ferrante in poi, contribuiscono
a mostrare una Napoli pulita. E pulita in tutti i sensi. Il motto, lo stesso che ripete
nonna: mangia, bevi, fuma se ti piace, innamorati e rischia. Non leggere i foglietti illustrativi. Se dovessi morire
domani, almeno moriresti sazio. Sazio del cibo che medici barbosi ti sconsigliano, e anche di vita. La
tentazione di essere felici è
il libro con le rughe d'espressione – semicerchi scavati attorno
alla bocca per gli inevitabili sorrisi, un solco sulla fronte per i pensieri necessari, la
palpebra ballerina per un'eventuale lacrima furtiva – a cui è proibito resistere, se un giorno in cui sei triste poi cadi in tentazione.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Johnny Cash – Hurt
“What
have I become, my sweetest friend?
Everyone
I know goes away in the end.”
I misantropi vanno alla grande quest'anno, eh. Hanno scoperto che lo siamo un po' tutti e dato inizio alla nuova età dell'oro.
RispondiEliminaVisto che sono così simili, Cesare Annunziata andrà a fare compagnia al protagonista dell'esordio della Petti a data da destinarsi, ché per vari motivi, in primis l'aver perso una presentazione vicino casa, non è ancora arrivato il suo momento.
Forse arriverà all'uscita della probabile trasposizione cinematografica con Servillo protagonista; fino ad allora, come misantropa, mi basterò da sola.
Ma sai che anch'io mi sono perso l'incontro in una libreria vicino casa (casa a Chieti, però)? A questo punto, spero di compensare, magari, con una bella presentazione di Lavinia: quel "mio" famoso centro commerciale non si fa mancare niente. Della trasposizione avevo letto solo il nome di Amelio alla regia; Servillo sarebbe davvero perfetto. E finalmente, per lui ma anche per noi, un ruolo più leggero.
EliminaEssere felici?
RispondiEliminaMai avuto questa brutta tentazione... :)
(Ma manco io, eh)
EliminaLana Del Rey approves ;)
Bellissima recensione come sempre! Ero sicura che Cesare ti sarebbe piaciuto!
RispondiEliminaGrazie mille. E lo sapevo anch'io, ma l'ho fatto aspettare. :)
EliminaE mi hai definitivamente convinta. Mannaggia a te.
RispondiEliminaOssapev.
:D
EliminaVaaaa bene, mi appunterò anche questo titolo :P
RispondiEliminaBellissima recensione Mik ;)
Grazie mille, Sara!
EliminaQuel Cesare Annunziata è stata un'altra delle mie scoperte estive.
RispondiEliminaDopo la Napoli di Lavinia Petti, sono passata a quella di Lorenzo Marone. entrambe incredibili e da me amate.
Marone ha saputo creare un libro intenso e reale che mi ha tenuta incollata alle pagine per ore nonostante la calura di questa estate.
Gli autori italiani ultimamente stanno andando forti ... finalmente.
Concordo ;)
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