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La straniera, di Claudia Durastanti. La nave di Teseo, € 18,
pp. 285 |
Hello,
stranger. Erano queste le parole con cui i comprimari, negli
episodi di Beverly Hills 90210 – cult degli anni Novanta da
me conosciuto soltanto di sfuggita –, accoglievano ogni volta il
ritorno in scena del compianto Luke Perry. Era il personaggio più
sfuggente e avventuroso della serie, un vero rubacuori. Era il
personaggio più amato dalle adolescenti. Sarà per questo che
l’autrice, all’epoca liceale sospesa fra mondi e culture agli
antipodi, è diventata una straniera: soprattutto agli occhi di sé
stessa. Claudia Durastanti – finalista al premio Strega,
giornalista, traduttrice: un curriculum lunghissimo, e all’anagrafe
trent’anni o poco più – apre per noi le cerniere della sua
valigia, sempre carica per un volo dell’ultimo minuto, e le porte di una casa di cui un po’ va fiera, un
po’ si vergogna. Se in cerca delle proprie radici, meglio partire
da dove tutto è iniziato: due genitori strampalati usciti da una
commedia di Boris Vian, eternamente litigiosi ma
d’accordo su un fatto fondamentale: comunque sia andata, si sono
salvati la vita. La madre, cresciuta come una monella di
strada, rimase sorda da piccola: la colpa fu presumibilmente di una
meningite fulminante. Il padre, sordo sin dalla nascita, era un uomo
bizzoso e bellissimo: un piantagrane irresponsabile che trascinava i
figli a vedere i film vietati ai minori e, qualche volta, fingeva di
rapirli per attirare invano le attenzioni della ex.
Rifiutano tutt’oggi di imparare il linguaggio dei segni e preferiscono parlare a voce alta, compensando ai fraintendimenti con i gesti tipici del Sud.
Rifiutano tutt’oggi di imparare il linguaggio dei segni e preferiscono parlare a voce alta, compensando ai fraintendimenti con i gesti tipici del Sud.
Ma
quando penso alle somiglianze tra i miei genitori nei pomeriggi
malinconici e rabbiosi della loro adolescenza, entrambi isolati,
valuto la possibilità che l’incontro tra due persone non abbia a
che fare con la predestinazione quanto con una mappa biologica che si
rivela mentre ci si innamora l’uno dell’altra, e si scopre che
c’era un’intelligenza primitiva che governava i nostri corpi e
rilasciava particelle elementari nell’aria ancora prima di
incontrarsi, in modo che queste attraversassero città, pareti di
cemento e membrane di pelle per entrare in contatto con sostanze
simili e sviluppare una forma di resistenza comune, una difesa contro
le offese del mondo: i miei genitori si sono incontrati per i
riverberi simili a quelli di una foresta prima di un incendio, non
perché era scritto; il loro futuro non era impresso nella filigrana
di una Bibbia o di un vecchio oroscopo, era solo una vibrazione
particolare nell’aria, un allarme invisibile che invitava alla
sopravvivenza.
Fanno
nascere la secondogenita a Brooklyn, ma presto la costringono alla
ritirata in Basilicata: una regione poco conosciuta al pari del mio
Molise – di grotte di tufo, trivelle instancabili, tramonti
iniettati di sangue – con poche strade d’asfalto sbeccato e
troppi campi incolti. Pregi e difetti, questi, di una famiglia
allargata, scombinata, che abbina lunghe trasferte a un’esistenza
per il resto modestissima; cantanti neomelodici da storpiare in
italoamericano e tagliatelle al ragù; vignette di Topolino e
manifesti della Beat Generation, da leggere di nascosto in soffitta
dopo aver marinato di nuovo la scuola. Claudia ci racconta i suoi
parenti, e allora incanta e diverte; i suoi viaggi innumerevoli –
non soltanto quegli Stati Uniti sorprendentemente all’altezza del
sogno americano, ma anche l’India e l’Inghilterra: con
un’irrinunciabile attitudine punk e le cuffiette calcate nelle
orecchie, l’autrice è interessata ai luoghi clou della
controcultura, cimiteri, cinema d’essai, parchi di skater –; la
fine lenta e amara della relazione con il ragazzo del liceo, i primi
lavori da freelance, le avvertenze dell’oroscopo per i nati sotto
il segno dei gemelli.
Come ha vissuto il crollo delle Torri Gemelle, gli attentati dell’Isis, la Brexit e l’ascesa di Donald Trump un’eterna passeggera? Quali sono le letture, i film e le serie TV che l’hanno accompagnata? Quando alzare o abbassare la voce, perché mai impuntarsi, in una famiglia che faceva letteralmente orecchie da mercante davanti alle sue rimostranze?
Come ha vissuto il crollo delle Torri Gemelle, gli attentati dell’Isis, la Brexit e l’ascesa di Donald Trump un’eterna passeggera? Quali sono le letture, i film e le serie TV che l’hanno accompagnata? Quando alzare o abbassare la voce, perché mai impuntarsi, in una famiglia che faceva letteralmente orecchie da mercante davanti alle sue rimostranze?
La
storia di una famiglia somiglia più a una cartina topografica che a
un romanzo, e una biografia è la somma di tutte le ere geologiche
che hai attraversato.
Le
risposte sono state pronunciate in confessione tutte d’un fiato e
racchiuse qui, in un best-seller dall’irresistibile copertina rosso
fuoco. Equilibrista provetta com’è – fra mondi diversi, vuoti e
pieni, rumori e silenzi – la Durastanti brilla per una delle
scritture più espressive e originali incontrate quest’anno. Quanto
è straordinaria la sua prosa, quant’è potente: al punto che,
ammirato, ho finito di leggere il romanzo in pochi giorni. Con il
senno di poi, grosso errore. All’inizio autobiografia pittoresca
nello stile della Più amata, da metà in poi assume toni più
vicini alla saggistica – ho ripensato all’Invenzione occasionale; a Parla, mia paura. La narrazione si
frantuma e s’assottiglia. Si sparpaglia. D’un tratto diventano
troppe le citazioni, troppe le digressioni, troppe le riflessioni. I
capitoli sembrano articoli giornalistici a sé. E il rischio corso è
stato quello di distrarsi, di perdersi per sempre, in una prosa che
ha il pregio e il difetto delle canzoni ben musicate: concentrati
sulla bellezza della melodia, non si presta attenzione al messaggio finale.
Il mio consiglio per non guastarselo è quello di non fare come me,
ma di piluccarlo poco alla volta, di leggerlo pianissimo. Figlia di
genitori sordi, Claudia Durastanti dev’essersi abituata sin
dall’infanzia a usare le parole perfette anche per raggiungere
loro. A padroneggiare i segreti delle figure retoriche e dell’ironia
anche per conto di mamma e papà, che nella loro routine fuori
sincrono purtroppo ignoravano metafore e battute salaci. Da bambina,
costretta sul divano, la protagonista seguiva Sanremo soltanto per i
testi. Poco più grande, invece, avrebbe conosciuto Bob Dylan prima sui
libri e poi attraverso i dischi – il Nobel per la letteratura,
quindi, non l’ha mai stupita.
Possiamo
fallire una storia d’amore, il rapporto con una madre. Ma quando
una città ci respinge, quando non riusciamo a entrare nei suoi
meccanismi più profondi e siamo sempre dall’altra parte del vetro,
subentra una sensazione frustrata di merito, che può farsi malattia.
Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe a
esserlo; il resto del tempo, è solo il sinonimo di una mutilazione, è un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli.
Tutt’altro
che restia alla magia sguaiata del dialetto, abituata a parlare forte
e chiaro per farsi comprendere, l'autrice cresce ben consapevole del potere
della lingua e orgogliosissima nel profondo. Non è soltanto il
frutto acerbo di un’infanzia a tinte dickensiane. Non è
semplicemente la ragazza delle borse di studio, l’elemosinante
delle graduatorie da far scorrere. La sua questione privata, in
libreria, diventa il pretesto per un gioco circense di infinita
bravura, anche se qui e lì i nodi dell’albero genealogico, i
sentieri della mappa topografica e il punto della situazione si
perdono di vista. Ma bugiarda inguaribile per sua stessa ammissione,
Claudia forse voleva semplicemente accontentare la mamma – che
preferisce le storie reali ai racconti di fantasia, e ingenuamente è
portata a prendere tutto per vero. Restarci straniera, per
preparare, così, la prossima fuga lontano dalla normalità.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Iggy Pop – Passenger
Sarà una delle mie prossime letture!! Devo solo smaltire qualche libro, prima 😊😊
RispondiEliminaCurioso di sapere se saremo d'accordo. :)
EliminaCiao, passerò volentieri, grazie.
RispondiEliminaClaudia la seguo da quando scriveva sulla rivista Il Mucchio Selvaggio e il suo stile mi è sempre piaciuto molto. Questo sembra proprio il libro per me. Devo sforzarmi di recuperarlo a tutti i costi, perdindirindina! :)
RispondiEliminaAh, allora sai già che è una potenza. Una curiosità? È anche la traduttrice di Shotgun Lovesong, che ti era piaciuto.
EliminaMik, vogliamo parlare del fatto che blogspot, simpatico come sempre, mi aveva tolto il Follow dal tuo blog e ci ho fatto caso solo adesso? Insomma, rieccomi :) Il libro mi incuriosisce molto, l'ho scaricato in audiolibro ma devo ancora iniziarlo.
RispondiEliminaCiao Seli, ma sai che anche tu non mi compari più in bacheca? Vado a indagare. Fra un aggiornamento e l'altro, sacrifica followers come a un rito pagano. 😂
Eliminasembra interessante ci farò un pensiero (la tua foto è bellissima!)
RispondiEliminaAhahahah, grazie mille, è stato difficile non fare accomodare il gatto in valigia. :)
EliminaBen scritto ma frammentario, come fossero racconti e non un romanzo. Forse agli spunti autobiografici avrei aggiunto una struttura narrativa più solida. Ciao :)
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