martedì 17 dicembre 2019

Recensione: Le ragazze, di Emma Cline

| Le ragazze, di Emma Cline. Einaudi, € 13, pp. 334 |

I capelli lunghi, i jeans sfrangiati, le mezzelune delle natiche in mostra. Seducente e bellissima, Margaret Qualley si affacciava nell’auto di Brad Pitt chiedendo uno strappo. Con i piedi nudi appiccicati sul parabrezza, la giovane si lasciava accompagnare in un ranch lontano dallo star system. Vagamente inquietanti, gli abitanti di quella comune orbitavano attorno a un leader al momento assente: nell’ultimo film di Quentin Tarantino – cronaca nera riletta a metà tra il favolistico e il grottesco dal regista che già riscrisse la storia con Bastardi senza gloria –, la figura di Charles Manson mancava all’appello. Forse tagliata in fase di montaggio. Forse ridimensionata da un autore che, a differenza di coloro che si sarebbero aspettati una trasposizione accurata della strage, aveva una visione opposta. Insoddisfatto da aspettative mal riposte, a cinquant’anni dal barbaro omicidio di Sharon Tate, ho preferito allora leggere della Hollywood messa a soqquadro dallo spirito d’onnipotenza della Manson Family. Se l’intoccabile Charlie era la mente, chi era il braccio? Quali erano le origini dei giullari della sua spaventosa corte dei miracoli? L’esordiente Emma Cline ha fatto della confusione di quei disperati un best-seller. 

Tutte le altre ragazze pensavano che fosse il regista a fare la scelta. Invece in realtà ero io a dire al regista, in un mio modo segreto, che la parte doveva darla a me. Io volevo quello: un’onda che corresse da me a Russell. A Suzanne, a tutti quanti loro. Volevo quel mondo senza fine.
Le ragazze è un romanzo di formazione scritto con l’urgenza di un thriller. Sbirciata da una cortina di fumo tossico, la protagonista è Evie: quattordici anni, figlia di genitori divorziati, vittima della noia degli andirivieni che le comporta raggiungere la città in bicicletta. Ha i segni dell’acne, una frangia di cui è scontenta, due occhi non abbastanza azzurri. A settembre partirà per il collegio e, mentre i maschi tremano per la chiamata in Vietnam, l’adolescente scalpita al pensiero della divisa austera, della gonna plissettata, dell’obbedienza a ogni costo. Innamorata non corrisposta del fratello maggiore della migliore amica, un giorno trasgredisce per rifuggire la routine e i pizzichi di zanzara. Sale su uno scuolabus riverniciato di nero; scappa di casa. Tutto per essere all’altezza di Suzanne, hippy languida e selvaggia che fruga nei cassonetti in cerca di cibo e fa sesso con chiunque voglia. A quell’età, a quella latitudine, un’esistenza pericolosa non preoccupa: fa gola. E Russell Hadrick, il leader della comune che non riesce a sfondare nel mondo della discografia, è un attento conoscitore di tentazioni, desideri reconditi e tristezza femminile. Quelle ragazze le usa come prostitute, mezzi, armi. Tutto è in comune. Tutto è lecito. Anche una strage sotto acidi consumata in una villa sul mare, in cui fino all’ultimo sfugge il ruolo dell’ingenua Evie. Ormai adulta, invogliata a rievocare il passato, la narratrice riavvolge il nastro. E ricorda il superamento di una soglia invisibile – quella dell’essere adulti, quella della moralità –, che tanto ha in comune con i boschi di certe favole: posti in cui è vietato spingersi. Romanzo di crescita introspettivo e spietato, Le ragazze arriva con immediatezza. Sin dalle prime pagine non fa mistero né degli eventi né del destino dei protagonisti. Scritto in maniera esemplare, con un andamento sinuoso e oscuro, convince tuttavia più quando lontano dal ranch.

Non gli dissi che rimpiangevo di aver conosciuto Suzanne. Di non essere rimasta al sicuro in camera mia sulle colline aride vicino a Petaluma, con le mensole affollate dai dorsi a lettere d’oro di miei libri d’infanzia preferiti. E lo rimpiangevo davvero. Ma certe notti in cui non riuscivo a dormire e sbucciavo pian piano una mela davanti al lavello, facendo allungare quel ricciolo sotto la scintilla della lama. Con la casa buia attorno a me. A volte non sembrava rimpianto. Sembrava nostalgia.
Russell, alter-ego di Manson, non ha il carisma luciferino del personaggio reale; le sue entrate in scena, anzi, risultano i momenti più noiosi del romanzo. Evie lo guarda stranita, come se reagisse alla battuta di qualcuno che non fa mai ridere davvero, e l’unico fascino che subisce è quello di Suzanne – amica e amante occasionale, al centro di un passionale rapporto simbiotico. Cinquant’anni dopo, Le ragazze di Emma Cline si affrancano dal giogo maschile, e in una riflessione profondamente femminista demitizzano i falsi guru, guardano di sottecchi i fidanzati bugiardi, subodorano le crisi sentimentali dei padri. Sono precoci. Ma a causa di una struttura abusatissima e di personaggi maschili non altrettanto interessanti, al pari di Quentin Tarantino, finiscono poi per parlare d’altro: il passaggio di Brad Pitt, nel bene e nel male, conduce altrove. Al crocevia di una vicenda soltanto ispirata alla storia vera, che tra le righe vive del cinema di Sofia Coppola e delle melodie di Lana Del Rey. A un muro imbrattato, con sopra il disegno di un cuore insanguinato. Opera dei satanisti? No, peggio: di una ragazzina innamorata.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Lana Del Rey – Freak

4 commenti:

  1. Questo libro mi attira da anni, eppure mi sfugge. Ad anno nuovo cercherò di dare un taglio alle scuse e me lo farò prestare da mia sorella.

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  2. L'ho acquistato nel marzo 2018 - me lo ricordo perché ero lontana da casa, ospite di una mia amica. E ancora devo leggerlo. >.<

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    1. È il destino di questo libro, insomma! Per fortuna non scadono, le storie, e secondo me questa ti piacerebbe più che a me.

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