|
Le ragazze, di Emma Cline. Einaudi, € 13, pp. 334 |
I
capelli lunghi, i jeans sfrangiati, le mezzelune delle natiche in
mostra. Seducente e bellissima, Margaret Qualley si affacciava
nell’auto di Brad Pitt chiedendo uno strappo. Con i piedi nudi appiccicati sul
parabrezza, la giovane si lasciava accompagnare in un
ranch lontano dallo star system. Vagamente inquietanti, gli
abitanti di quella comune orbitavano attorno a un
leader al momento assente: nell’ultimo film di Quentin Tarantino –
cronaca nera riletta a metà tra il favolistico e il grottesco dal
regista che già riscrisse la storia con Bastardi senza gloria
–, la figura di Charles Manson mancava all’appello.
Forse tagliata in fase di montaggio. Forse ridimensionata da un
autore che, a differenza di coloro che si sarebbero aspettati una
trasposizione accurata della strage, aveva una visione opposta.
Insoddisfatto da aspettative mal riposte, a cinquant’anni dal
barbaro omicidio di Sharon Tate, ho preferito allora leggere della
Hollywood messa a soqquadro dallo spirito d’onnipotenza della
Manson Family. Se l’intoccabile Charlie era la mente, chi era il
braccio? Quali erano le origini dei giullari della sua spaventosa
corte dei miracoli? L’esordiente Emma Cline ha fatto della confusione di quei
disperati un best-seller.
Tutte
le altre ragazze pensavano che fosse il regista a fare la scelta.
Invece in realtà ero io a dire al regista, in un mio modo segreto,
che la parte doveva darla a me. Io volevo quello: un’onda che
corresse da me a Russell. A Suzanne, a tutti quanti loro. Volevo quel
mondo senza fine.
Le
ragazze è un romanzo di formazione scritto con l’urgenza di un
thriller. Sbirciata da una cortina di fumo tossico, la
protagonista è Evie: quattordici anni, figlia di genitori
divorziati, vittima della noia degli andirivieni che le comporta
raggiungere la città in bicicletta. Ha i segni dell’acne, una
frangia di cui è scontenta, due occhi non abbastanza azzurri. A
settembre partirà per il collegio e, mentre i maschi tremano per la
chiamata in Vietnam, l’adolescente scalpita al pensiero della
divisa austera, della gonna plissettata, dell’obbedienza a ogni
costo. Innamorata non corrisposta del fratello maggiore della
migliore amica, un giorno trasgredisce per rifuggire la routine e i
pizzichi di zanzara. Sale su uno scuolabus riverniciato di nero;
scappa di casa. Tutto per essere all’altezza di Suzanne, hippy
languida e selvaggia che fruga nei cassonetti in cerca di cibo e fa
sesso con chiunque voglia. A quell’età, a quella latitudine,
un’esistenza pericolosa non preoccupa: fa gola. E Russell Hadrick,
il leader della comune che non riesce a sfondare nel mondo della
discografia, è un attento conoscitore di tentazioni, desideri
reconditi e tristezza femminile. Quelle ragazze le usa come
prostitute, mezzi, armi. Tutto è in comune. Tutto è lecito. Anche
una strage sotto acidi consumata in una villa sul mare, in cui fino
all’ultimo sfugge il ruolo dell’ingenua Evie. Ormai adulta,
invogliata a rievocare il passato, la narratrice riavvolge il nastro.
E ricorda il superamento di una soglia invisibile – quella
dell’essere adulti, quella della moralità –, che tanto ha in
comune con i boschi di certe favole: posti in cui è vietato spingersi. Romanzo di crescita introspettivo e spietato, Le
ragazze arriva con immediatezza. Sin dalle prime pagine non fa
mistero né degli eventi né del destino dei protagonisti. Scritto in
maniera esemplare, con un andamento sinuoso e oscuro, convince
tuttavia più quando lontano dal ranch.
Non
gli dissi che rimpiangevo di aver conosciuto Suzanne. Di non essere
rimasta al sicuro in camera mia sulle colline aride vicino a
Petaluma, con le mensole affollate dai dorsi a lettere d’oro di
miei libri d’infanzia preferiti. E lo rimpiangevo davvero. Ma certe
notti in cui non riuscivo a dormire e sbucciavo pian piano una mela
davanti al lavello, facendo allungare quel ricciolo sotto la
scintilla della lama. Con la casa buia attorno a me. A volte non
sembrava rimpianto. Sembrava nostalgia.
Russell,
alter-ego di Manson, non ha il carisma luciferino del
personaggio reale; le sue entrate in scena, anzi, risultano i
momenti più noiosi del romanzo. Evie lo guarda stranita, come se
reagisse alla battuta di qualcuno che non fa mai ridere davvero, e
l’unico fascino che subisce è quello di Suzanne – amica e amante
occasionale, al centro di un passionale rapporto simbiotico.
Cinquant’anni dopo, Le ragazze di Emma Cline si affrancano
dal giogo maschile, e in una riflessione profondamente femminista
demitizzano i falsi guru, guardano di sottecchi i fidanzati bugiardi,
subodorano le crisi sentimentali dei padri. Sono precoci. Ma a causa
di una struttura abusatissima e di personaggi maschili non
altrettanto interessanti, al pari di Quentin Tarantino, finiscono poi
per parlare d’altro: il passaggio di Brad Pitt, nel bene e nel
male, conduce altrove. Al crocevia di una vicenda soltanto ispirata
alla storia vera, che tra le righe vive del cinema di Sofia Coppola e
delle melodie di Lana Del Rey. A un muro imbrattato, con sopra il
disegno di un cuore insanguinato. Opera dei satanisti? No, peggio: di
una ragazzina innamorata.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Lana Del Rey – Freak
Questo libro mi attira da anni, eppure mi sfugge. Ad anno nuovo cercherò di dare un taglio alle scuse e me lo farò prestare da mia sorella.
RispondiEliminaSpero che sia la volta buona, allora!
EliminaL'ho acquistato nel marzo 2018 - me lo ricordo perché ero lontana da casa, ospite di una mia amica. E ancora devo leggerlo. >.<
RispondiEliminaÈ il destino di questo libro, insomma! Per fortuna non scadono, le storie, e secondo me questa ti piacerebbe più che a me.
Elimina