martedì 10 dicembre 2019

Recensione: Confidenza, di Domenico Starnone

| Confidenza, di Domenico Starnone. Einaudi, € 17,50, pp. 141 |

Sebbene sia un autore di per sé affermatissimo, qui ammetto e qui nego la mia superficialità. A farmi interessare negli anni ai romanzi di Domenico Starnone, infatti, sono state le voce di corridoio che vedevano proprio in lui – esimio professore napoletano – il professionista di spicco nascosto dietro il personaggio fittizio di Elena Ferrante. Per quando la questione Ferrante non mi abbia mai incuriosito – per me è bravissima, per me è donna: la leggo perciò senza farmi domande di sorta –, lo stesso non posso dire delle analogie con Starnone. C’erano davvero delle similitudini nella loro scrittura, nelle loro storie? Potevo forse star fermo senza scoprire se ci fosse del vero, rischiando così di perdermi un autore chiaramente bravissimo? Desideroso di mettermi in pari, per comodità ho iniziato dall’ultimo romanzo arrivato in libreria. Dalla sua aveva una copertina essenziale ma bellissima, poche pagine, moltissimi commenti a favore.  E la Ferrante, se proprio dovevo procedere con il mio ficcanasare, l’avevo letta giusto qualche romanzo prima. Confidenza non è stata la scelta giusta: si è rivelata una storia in cui non sono mai entrato; una di quelle letture che, sarò franco anche a costo di apparire ingenuo, non ho ben capito. Cosa dire di un romanzo senza grandi difetti, che però lascerà in me piccoli ricordi di reciproca incomprensione?

Non è la pedagogia dell’affetto che ci migliora, ma la pedagogia dello spavento. 
Suddiviso in tre racconti di lunghezza disuguale, segue in realtà un singolo filo rosso: un triangolo sentimentale lungo cinquant’anni, osservato da tre punti di vista speculari ma nient’affatto conciliabili. Il primo appartiene a un insegnante statale, protagonista colto e di bell’aspetto, che in un esame di coscienza racconta del suo lavoro al liceo classico; della pubblicazione di un saggio che attirò l’interesse delle librerie indipendenti e dei pedagogisti; del suo amore prima per Teresa, poi per Nadia. Agli antipodi, le due donne sono l’una il rovescio dell’altra. Teresa, ex alunna con una futura carriera negli Stati Uniti, è più giovane di dieci anni ma a ben vedere è più saggia di lui: la loro relazione è stata tanto litigiosa quanto viscerale, ed è finita all’indomani della confidenza del titolo. Nadia, presto diventata sua fedele consorte, è una collega di matematica che diversamente dall’altra si lascia condurre e traviare: si fa leccare la mano al primo appuntamento, mette al mondo tre figli, rinuncia al dottorato a Napoli per la famiglia. Traditore, il protagonista non vuole essere tradito. Predatore, non vuole diventare preda. Maschio piacente, solido e consapevole, è abbastanza abile da darsi alla politica e da sapersi dividere tra le due donne: l’indimenticata ex è sempre al centro dei suoi pensieri turbolenti e, a distanza di sicurezza, si punzecchiano in uno scambio epistolare. L’oceano che li divide è abbastanza grande? Si amano, o forse s’odiano?

- Ora sai di me ciò che non ha mai saputo nessuno.
- Non possiamo lasciarci più, siamo davvero l’uno nelle mani dell’altra.
Pochi giorni dopo, senza litigare, anzi con un fomulario cortese che non avevamo mai usato tra noi, ci dicemmo che la nostra relazione era ormai esaurita e di comune accordo di lasciammo.
Ombra avvolgente e inquietante insieme, Teresa lo invoglia a non trasgredire, a coltivare virtù a confine con la santità: lo educa a furia di minacce inespresse. Messa alle strette, spiffererebbe il segreto che si sono scambiati da innamorati? Il secondo punto di vista, invece, è di Emma: primogenita del protagonista, è una figlia adorante cresciuta nel mito irraggiungibile del genitore. In occasione di un’onorificenza destinata all’insegnante e saggista ormai in pensione, la giovane donna cerca ospiti d’eccezione. Nel terzo e ultimo racconto, chi si offrirà mai di onorarlo con una visita a sorpresa? Confidenza somiglia a un dongiovanni cinico, piacione, un po’ troppo autocompiaciuto. Ti mette una mano sulla spalla con nonchalance, ti sussurra sconcezze all’orecchio. Scritto benissimo  e con un irresistibile cinismo tra le righe – ora capisco, sì, le analogie con la Ferrante: stesso lessico ricercato, stesso ambiente culturale, stessi narratori antipatici –, purtroppo non sfoggia una simile brillantezza anche nella struttura. Sbilanciato e frammentario, il romanzo segue uno schema narrativo che dedica cento pagine al punto di vista principale; le poche restanti, dunque non abbastanza, agli altri due. E davanti a una morale di fondo che francamente sfugge tutt’ora, questa vicenda di fedeltà e infedeltà, fiducia e sfiducia, ragione e sentimento mi ha lasciato piuttosto freddo – sensazione d’incompiutezza che spesso accompagna la lettura di alcuni racconti brevi. Non era, immagino, il modo giusto per entrare in confidenza. Ci entreremo mai?
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale:  Mannarino – Statte zitta

4 commenti:

  1. Come sai, mi incuriosisce davvero molto questo autore. Ms per il momento ho deciso di dedicarmi ad altre letture :)

    RispondiElimina
  2. Se dovessi approcciarmi a starnone credo opterei per Lacci, sarà che me l hanno consigliato in diversi...

    RispondiElimina