Ci
sono biopic e biopic. Quelli sui personaggi da santificare
inutilmente e quelli
su mine vaganti da assolvere. Copia
originale, forse l'unica
sorpresa nella piattezza di questi Oscar, è parte della
seconda categoria. Chi era Lee Israel? Biografa misantropa, idealista e gattara, non credeva né nel
proprio talento né nell'amore. Rispondeva a tono, si vestiva male,
non meritava ingaggi o buoni amici. Finché non sono state le soluzioni,
gli altri, a trovare lei: prima una lettera d'autore rinvenuta in un volume
della biblioteca, e da lì la folle idea di falsificare epistole in
serie sfruttando il proprio sapere enciclopedico; poi l'affinità
istantanea con un inglese eccentrico e irresponsabile, l'istrione
Richard E. Grant, che non sa prendersi cura degli animali domestici,
proteggersi dai rischi dell'Aids o dalle domande dei
federali, eppure risulta un'indispensabile spalla comica. In un
mondo di sedicenti Tom Clancy, autori svenduti alla logica del bestseller, Lee era la pecora nera: costretta infine a
esporsi, a metterci la faccia, ma in maniera impensata. A restituirci
l'orgoglio, l'umanità e le storture di una truffatrice sui generis
con una coscienza tutta sua, è la rivelazione Melissa McCarthy:
senza mai strafare, l'attrice comica sposa il cinema
impegnato in un passaggio naturalissimo, portando con sé
una fisicità irresistibile e quello sguardo già insospettabilmente
comunicativo nei film più goderecci. In una New York alleniana,
colta e piena di note jazz, c'era una storia che la falsaria non ci
aveva ancora spifferato: la sua. Ne viene fuori una commedia
dall'impalcatura esile, ma con una scrittura elegante, sardonica e
perfino commovente: Copia originale
non conosce redenzione, e quello è il bello. Marielle Heller tocca
con un crime che sfugge alle definizioni, spiritoso e ritmato com'è,
e consacra una grande interprete. Mette in luce uno dei tanti
caratteristi a corto di ruoli memorabili. Ci regala abili duetti attoriali e
scorci sui sordidi meccanismi editoriali, a cui in particolare i lettori non potranno restare indifferenti. Alcune emozioni,
alcune simpatie, non si simulano a comando. Alcune criminali vanno
perdonate a occhi chiusi. Alcune copie, come in questo caso, sono
migliori dell'originale. (7,5)
Film
belli come un quadro. Come un quadro di Van Gogh, nello
specifico. Un arista irrequieto, dannato e intrigante, che non poteva
non meritarsi un biopic errabondo, malinconico e criptico come
questo: non necessario, forse, ma all'altezza dell'omaggio. Il
pittore è ad Arles: in cerca dell'essenza della natura, alza
il gomito, scaccia i bambini molesti e attende visite per
scacciare la solitudine che ha nel cuore. Non sono abbastanza
frequenti gli incontri con il fratello, un commovente Rupert Friend.
Non è abbastanza lunga l'amicizia con Gaugin, di ritorno dal Madagascar. La fine dell'Impressionismo ha
portato gli artisti a rielaborare il rapporto fra pittura e realtà,
e Van Gogh sognerebbe di creare un movimento intellettuale, di
circondarsi di ospiti pur di non patire la sindrome d'abbandono. Sappiamo che in un raptus si taglierà via
l'orecchio e lo offrirà in dono al collega Oscar Isaac. Sappiamo che
fine farà: merito dell'irripetibile Loving Vincent. Sulle
soglie dell'eternità non
aggiunge niente di rilevante al mito dell'uomo, non fa chiarezza
sulle modalità della sua dipartita, ma coglie lo
spirito di un personaggio che affascina ancora: benché
indagato a più riprese, proposto e riproposto. Pensavo che il
film perdesse in partenza la sfida di eguagliare la bellezza del
capolavoro d'animazione, e invece ammalia e rattrista con le sue
lunghe passeggiate nel verde e i suoi colloqui ancora più lunghi,
dal gusto teatrale. Julian Schnabel ci mette una regia da maestro,
che fra soggettive, primissimi piani e un uso marcato della macchina
a mano permette una totale immersione sensoriale: i veri
coprotagonisti, perciò, saranno gli steli d'erba, le
nuvole, il vento e la luce. Un invasamento panico,
insomma, retto da un Dafoe gigantesco e dolente, con attimi di
impagabile spensieratezza e monologhi struggenti.
Intenso, al punto che a volte si fa fatica a reggerne gli occhi grandi e spiritati; le farneticazioni dai toni messianici.
Infarcita di riflessioni estetiche e filosofiche non per tutti, con una seconda parte un po' didascalica, la visione è
lenta, perturbante, istruttiva. Per guardare attraverso gli occhi di Vincent i
demoni, i desideri, i parti creativi, e condividere con lui un
fardello pesante. Per sbirciare, dalla soglia del cinema, uno spiraglio
d'eterno. (7)
Hanno
ucciso l'Uomo Ragno, chi sia stato non si sa. Lo cantava Max Pezzali
e alla fine è successo davvero: il supereroe è morto. Questo,
almeno, accade nella Brooklyn di Miles Morales: adolescente goffo e
adorabile, con il pallino dei graffiti, un padre poliziotto e un
affezionato zio pigmalione. Al risveglio, un giorno, si accorge che
c'è qualcosa che non va: colpa dei misteriosi terremoti che fanno
tremare l'intera città, oppure del morso di un ragno nei tunnel
della metropolitana? Il protagonista pensa sia l'arrivo della
pubertà, invece sono i superpoteri. È finito in un fumetto. In una
dimensione in cui il famoso Peter Parker non ce l'ha fatta, morto
sotto i colpi di un Kingpin al solito violento e sentimentale, Miles
ha l'onere di sostituirlo: il compito, distruggere la creazione di
un villain che
scherza con i piani temporali e il destino.
Al punto che, contemporaneamente, si daranno appuntamento nella
cameretta di Miles gli Spider-Man di tutti i multiversi immaginabili:
le conseguenze sapranno come entusiasmare, attraverso
quest'apprendistato spassosissimo. Un trio di ottimi registi,
utilizzando il meglio di cui l'animazione è capace, ha proposto
sotto Natale un'irresistibile variazione sul tema; una curiosa storia
delle origini che, in nome di uno spirito malinconico e giocoso
insieme, fa faville con gli stili e le teorie quantistiche. Vengono
rivoluzionate le identità e i connotati di comprimari e antagonisti
– su tutti zia May, armatrice bad-ass,
e un Peter fresco di divorzio – e ci si prende gioco con
originalità di sequel, remake e reboot, pasticciando a fantasia con
intelligenza e colore. Nonostante un epilogo eccessivamente caotico,
che conferma il mio scarso feeling con un genere fatto di esplosioni,
onde d'urto e laseroni, Un
nuovo universo convince
appassionati e profani con un'orgia di citazioni nerd e grandi
poteri, da cui puntualmente derivano grandi responsabilità: colpi di
scena ben dosati, una tecnica all'avanguardia, un cuore eccezionale.
Grazie a un eroe vulnerabile e alla mano, che mi piaceva già
interpretato da Maguire, Garfield e Holland. E che qui torna a
conquistare in tutte le salse, in ogni universo possibile. (7,5)
Avevo
dieci anni, amavo già poco i supereroi e l'animazione digitale, e il
soggiorno presso la famiglia Parr mi era piaciuto ma non troppo. Avrò
collezionato ai tempi qualche gadget dalle merendine, adesivi o
calamite a tema, eppure la tentazione di vederlo una seconda volta
non mi ha mai tentato. Sono passati quindici anni dagli Incredibili,
e perché aspettare tanto per un sequel fuori tempo massimo? Per
insindacabile volontà degli sceneggiatori, i protagonisti non sono
cresciuti nel mentre. Non si sono allontanati di un passo degli
eventi del film introduttivo. È cambiato il target, tuttavia; sono
cambiati gli spettatori, all'epoca bambini e adesso pressoché adulti. Gli
aggiornamenti, presenti a piccole dosi, non sono dei più felici: la
dimensione corale scarseggia, purtroppo, e l'arrivo di una nuova
ondata di femminismo ha fatto sì che questa volta sia Mrs Fantastic
a ricoprire un ruolo di potere, mentre per il consorte in fermo ci
sono i pannolini di Jack-Jack, i compiti di matematica di Flash, i
sospiri d'amore di Violetta. Visivamente accattivante, offre due ore
che non pesano, nonostante la sensazione di assistere a semplici
scenette giustapposte, e un discreto intrattenimento ad alto budget.
Ci si è presi del tempo, però, senza una giustificazione valida.
Mi ripeto: quindici anni, e per cosa? Verrebbe da chiederselo ancora
e ancora, sì, davanti a una trama semplice e prevedibilissima e alle aspettative dei fan, sostanzialmente mal riposte. E io,
che fan non ero né lo sono diventato? Gli Incredibili 2 non sorprende, non volta pagina,
non matura, e cerca invano di tenere a freno un potere e un
potenziale – mi ha illuminato la mostra Pixar a cui ho assistito a
Roma lo scorso gennaio – che neppure il bravissimo Brad Bird, alla regia, sa
padroneggiare. (5,5)
Io ho trovato il film su Van Gogh tremendo. A tratti così estenuante da rischiare di essere inguardabile. A livelli di noia se la gioca con Roma, ed è tutto dire. XD
RispondiEliminaUn lavoro per altro del tutto inutile, visto che l'appunto irripetibile e recentissimo Loving Vincent era 3mila volte più interessante e creativo.
Spider-Man: Un nuovo universo parecchio inventivo e molto caruccio, peccato che sia pur sempre un cinecomics supereroistico con tutti i difetti e gli stereotipi del caso...
Gli Incredibili 2 avendo detestato il primo me lo risparmio alla grande.
Copia originale è uno dei rari film nominati agli Oscar in cui ci troviamo d'accordo, e infatti sono riusciti a non nominarlo tra i migliori film, dove un posto l'avrebbe meritato più di altri...
Non sarai tu che avrai fatto guerra contro il cinema d'autore, piuttosto? Mi sarai mica diventato un anti radical chic? 😅
EliminaPeccato per gli Incredibili 2 :( Il primo mi era piaciuto :(
RispondiEliminaA me non era piaciuto neanche quello, lo ammetto, quindi hai buone speranze tu!
EliminaGià sai che Copia Originale l'ho adorato, e c'ho versato lacrime su lacrime su quel gatto, su quel finale che sa essere cattivo e bellissimo.
RispondiEliminaSu Van Gogh invece posso salvare solo alcuni dialoghi (quello con il prete) e la bravura di Dafoe, ma l'ho patito parecchio, troppo artistoide nella regia, decisamente minore se non superfluo dopo Loving, Vincent.
Quanto all'animazione, questo Spider-Man l'ho amato pure io, che in quel finale caotico ma dalla grafica speciale sono rimasta avvinta, mentre Gli Incredibili non mi avevano convinto troppo nel primo capitolo, figuriamoci in questo spento sequel! Pixar, ti prego, riprenditi!
A proposito di Van Gogh: sai che tanto avrà fatto la pesantezza generale di Venezia? Non dice niente che non sia stato detto già e meglio in passato, ma io mi ci sono perso con gli occhi e con il cuore.
EliminaConcordo con tutti i giudizi (salvo Spider-Man, che non ho visto) ma non con quello su The Incredibles 2, naturale evoluzione del primo capitolo capace di inglobare temi molto attuali senza smettere di divertire né di parlare con un linguaggio cinematografico adulto.
RispondiEliminaNon sono proprio riuscito a farmelo piacere. Mi sa di quei cartoni che, alla resa dei conti, confondono i piccoli e annoiano i grandi.
EliminaCiao Mik, anche io mi accodo ai tuoi pareri anche se gli incredibili non mi è poi tanto dispiaciuto.:)
RispondiEliminaMeglio così, Saya! Io purtroppo l'ho trovato tanto tecnico quanto vuoto.
EliminaIl primo film degli Incredibili l'ho visto al cinema quando avevo circa 7 anni e l'ho trovato molto divertente, però dopo non mi è più capitato di riguardarlo! Recupererò il sequel e poi ti dirò come l'ho trovato!:) Mi ispira anche Spider-Man: Un nuovo universo.
RispondiEliminaAspetto il tuo parere, allora!
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