|
La falena dalle ali d'ombra,
di Francesca Di Maro. Bookabook, € 16, pp. 400 |
Valentine
Klein, ventotto anni, codardo, attore, si è ribellato alla famiglia
alto-borghese andando a vivere in un casermone affacciato sulla città
senza connotati né nome di un romanzo di Donato Carrisi. Deve
guardarsi attentamente alle spalle, quando rincasa, e schivare le
siringhe nascoste nell'erba alta. Barcamenarsi, ancora, in un
pittoresco vicinato che conta maghe, prostitute, spacciatori e fornai
maneschi, mentre al lavoro non trova pace. Si divide fra tre
occupazioni per sbarcare il lunario – interprete teatrale,
dogsitter, insegnante privato – e si dividerà fra tre donne – la
collega Sarah, la spogliarellista Fara, la pittrice Wendy –, come
il suo animo irrequieto esige. Valentine Klein è un assassino
efferato, ma soltanto a parole. Guai a entrare nella sua lista nera:
ha dato fuoco alla dispotica dirimpettaia, guardato un faretto
schiantarsi in mille pezzi sulla testa del regista, gettato un
nerboruto buttafuori in fondo al fiume, e le cose non sono andate
meglio né a una mamma con cui ha qualche conto in sospeso né ai
suoi allievi irritanti. Frustrato tanto sul palcoscenico quanto in
privato, il protagonista condivide questi cattivi pensieri con
Amleto: il principe shakespeariano a cui presta volta nell'ennesimo
rifacimento, interiorizzando un bellissimo monologo che parla di
spettri, colpe e redenzione. Sì, perché in questa versione del
copione l'eroe tragico accarezza la speranza nell'atto conclusivo:
farà lo stesso anche Valentine, che merita l'assoluzione dei nuovi
inizi?
Credi
davvero che ci siano persone non disturbate a questo mondo? È la
vita che ci disturba, nasciamo già così, scomodati a venire alla
luce, strappati dalla “non esistenza” che era il nostro
nascondiglio caldo. No, tu non sei disturbato più di chiunque altro.
Hai solo più fantasia di tutti noi messi insieme; il tuo talento è
la tua condanna!
La
falena dalle ali d'ombra spartisce con il suo protagonista una
doppia personalità, un doppio fondo, una doppia natura. Diviso in
due e per questo, forse, riuscito a metà. All'efficacia della prima
parte, irresistibile mattanza nello stile di You e American
Psycho, segue la vaghezza della seconda. Che prende avvio
altrove, lontano, e ci racconta un altro aspetto di Valentine, una
storia d'amore che all'inizio disorienta un po'. Dov'è il
sociopatico represso? Dove, il thriller? Ci si sposta a Cape Town, in
una vacanza/fuga in Sudafrica, e qui conosciamo l'espiazione nella
dolcezza di Wendy: il lungo e ozioso soggiorno da innamorati si
conclude con il ritorno dove tutto ha avuto inizio, ma con lei
accanto che intanto arreda un appartamento spoglio e con pazienza
scaccia via gli incubi. Questa volta va in scena Romeo e Giulietta
e Valentine approfitta del piccolo ruolo di Mercuzio per lavorare a
un copione tutto suo. Qual è il confine fra realtà e immaginazione?
Quando un pensiero rompe le dighe e gli argini, riversandosi nel
reale? L'esordiente Francesca Di Maro, attraverso una scrittura
raffinatissima e descrizioni particolareggiate non soltanto
nell'orrore, lavora così a un accurato scavo psicologico in cui gli
estremi della cartella clinica sfuggono e le etichette si confondono.
Il suo protagonista è forse colpevole, se gioca al tristo mietitore
giusto fra sé e sé? La falena dalle ali d'ombra è un
thriller, se la seconda parte subisce tutta un'altra virata con un
certo rammarico degli appassionati del gore, del teatro, delle figure
borderline? Mi domando come sarebbe stata la stessa storia con
qualche taglio strategico qui e lì, senza il contrappeso
dell'entrata in scena di Wendy. Ne avrebbe guadagnato in sveltezza,
per quanto scorrevole risulti comunque, e avrei sentito meno la
nostalgia dei divertentissimi scatti d'ira degli inizi, delle accese
sfumature pulp, stemperate a malincuore man mano che il personaggio
va facendosi tragico, dannato, romantico.
Gli
sembrava di vederla, la sua essenza, fumosa e scura, librarsi dal
corpo come una farfalla notturna; lentamente, con ali spiegate che si
allungavano come ombre deformi sui muri grigi della notte, della sua
notte. Fu in quel momento che diede il titolo all'opera: La falena
dalle ali d'ombra, che altro non era che la sua anima, o addirittura
la rappresentazione di tutte le anime, sorelle gemelle, aliti
identici di un'unità superiore.
Valentine
Klein, ventotto anni, codardo, attore, eppure è un personaggio
carismatico come non ne incrociavo da tempo. Enfatico,
melodrammatico, originalissimo, è un oratore talmente incisivo e
affascinante che trovare la sua compagnia indispensabile è un
attimo. Se non l'empatia, infatti, è assicurata la fascinazione
verso i suoi modi, i suoi mondi, le sue esistenze parallele. Artefice
di omicidi a tinte splatter e di monologhi interiori dalla notevole
levatura drammaturgica, risente a tratti degli equilibri altalenanti
di una farsa satirica dove la finzione – che sia la minuziosa
scrittura di Francesca o il mestiere dell'interprete poco importa –
è bellezza da preservare, anche con la violenza. La falena si brucia
perché attratta dalla luce. Per fortuna non si bruciano i pregi di
un esordio di grande stile ma dalla tessitura incerta, attratto ora
dal troppo di sottotrame, divagazioni e comprimari che sul lungo
tratto stroppiano; ora dal merito delle luci della ribalta.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: The xx – Fiction
Credo non faccia per me. Anche se qualche spunto attira. Un bacio :)
RispondiEliminaMai dire mai, Tessa. Difetti strutturali a parte, ma è un esordio, resta tanto di lodevole.
EliminaA presto!
Forse non sarà un romanzo "perfetto" ma ti dirò, mi attira. Magari non immediatamente, ma più in là lo leggerei.
RispondiEliminaL'eleganza dello stile di Francesca, Angela, vale tutto.
EliminaTe lo consiglio.
Deduco non sia stata una gran bella lettura, e un po' mi spiace. La trama e la copertina però sembravano davvero interessanti :(
RispondiEliminaDi certo non brutta, Gresi! Si perde un po', quindi richiede pazienza.
Elimina