lunedì 4 febbraio 2019

Recensione: La falena dalle ali d'ombra, di Francesca Di Maro

| La falena dalle ali d'ombra, di Francesca Di Maro. Bookabook, € 16, pp. 400 |

Valentine Klein, ventotto anni, codardo, attore, si è ribellato alla famiglia alto-borghese andando a vivere in un casermone affacciato sulla città senza connotati né nome di un romanzo di Donato Carrisi. Deve guardarsi attentamente alle spalle, quando rincasa, e schivare le siringhe nascoste nell'erba alta. Barcamenarsi, ancora, in un pittoresco vicinato che conta maghe, prostitute, spacciatori e fornai maneschi, mentre al lavoro non trova pace. Si divide fra tre occupazioni per sbarcare il lunario – interprete teatrale, dogsitter, insegnante privato – e si dividerà fra tre donne – la collega Sarah, la spogliarellista Fara, la pittrice Wendy –, come il suo animo irrequieto esige. Valentine Klein è un assassino efferato, ma soltanto a parole. Guai a entrare nella sua lista nera: ha dato fuoco alla dispotica dirimpettaia, guardato un faretto schiantarsi in mille pezzi sulla testa del regista, gettato un nerboruto buttafuori in fondo al fiume, e le cose non sono andate meglio né a una mamma con cui ha qualche conto in sospeso né ai suoi allievi irritanti. Frustrato tanto sul palcoscenico quanto in privato, il protagonista condivide questi cattivi pensieri con Amleto: il principe shakespeariano a cui presta volta nell'ennesimo rifacimento, interiorizzando un bellissimo monologo che parla di spettri, colpe e redenzione. Sì, perché in questa versione del copione l'eroe tragico accarezza la speranza nell'atto conclusivo: farà lo stesso anche Valentine, che merita l'assoluzione dei nuovi inizi?

Credi davvero che ci siano persone non disturbate a questo mondo? È la vita che ci disturba, nasciamo già così, scomodati a venire alla luce, strappati dalla “non esistenza” che era il nostro nascondiglio caldo. No, tu non sei disturbato più di chiunque altro. Hai solo più fantasia di tutti noi messi insieme; il tuo talento è la tua condanna!

La falena dalle ali d'ombra spartisce con il suo protagonista una doppia personalità, un doppio fondo, una doppia natura. Diviso in due e per questo, forse, riuscito a metà. All'efficacia della prima parte, irresistibile mattanza nello stile di You e American Psycho, segue la vaghezza della seconda. Che prende avvio altrove, lontano, e ci racconta un altro aspetto di Valentine, una storia d'amore che all'inizio disorienta un po'. Dov'è il sociopatico represso? Dove, il thriller? Ci si sposta a Cape Town, in una vacanza/fuga in Sudafrica, e qui conosciamo l'espiazione nella dolcezza di Wendy: il lungo e ozioso soggiorno da innamorati si conclude con il ritorno dove tutto ha avuto inizio, ma con lei accanto che intanto arreda un appartamento spoglio e con pazienza scaccia via gli incubi. Questa volta va in scena Romeo e Giulietta e Valentine approfitta del piccolo ruolo di Mercuzio per lavorare a un copione tutto suo. Qual è il confine fra realtà e immaginazione? Quando un pensiero rompe le dighe e gli argini, riversandosi nel reale? L'esordiente Francesca Di Maro, attraverso una scrittura raffinatissima e descrizioni particolareggiate non soltanto nell'orrore, lavora così a un accurato scavo psicologico in cui gli estremi della cartella clinica sfuggono e le etichette si confondono. Il suo protagonista è forse colpevole, se gioca al tristo mietitore giusto fra sé e sé? La falena dalle ali d'ombra è un thriller, se la seconda parte subisce tutta un'altra virata con un certo rammarico degli appassionati del gore, del teatro, delle figure borderline? Mi domando come sarebbe stata la stessa storia con qualche taglio strategico qui e lì, senza il contrappeso dell'entrata in scena di Wendy. Ne avrebbe guadagnato in sveltezza, per quanto scorrevole risulti comunque, e avrei sentito meno la nostalgia dei divertentissimi scatti d'ira degli inizi, delle accese sfumature pulp, stemperate a malincuore man mano che il personaggio va facendosi tragico, dannato, romantico.

Gli sembrava di vederla, la sua essenza, fumosa e scura, librarsi dal corpo come una farfalla notturna; lentamente, con ali spiegate che si allungavano come ombre deformi sui muri grigi della notte, della sua notte. Fu in quel momento che diede il titolo all'opera: La falena dalle ali d'ombra, che altro non era che la sua anima, o addirittura la rappresentazione di tutte le anime, sorelle gemelle, aliti identici di un'unità superiore.

Valentine Klein, ventotto anni, codardo, attore, eppure è un personaggio carismatico come non ne incrociavo da tempo. Enfatico, melodrammatico, originalissimo, è un oratore talmente incisivo e affascinante che trovare la sua compagnia indispensabile è un attimo. Se non l'empatia, infatti, è assicurata la fascinazione verso i suoi modi, i suoi mondi, le sue esistenze parallele. Artefice di omicidi a tinte splatter e di monologhi interiori dalla notevole levatura drammaturgica, risente a tratti degli equilibri altalenanti di una farsa satirica dove la finzione – che sia la minuziosa scrittura di Francesca o il mestiere dell'interprete poco importa – è bellezza da preservare, anche con la violenza. La falena si brucia perché attratta dalla luce. Per fortuna non si bruciano i pregi di un esordio di grande stile ma dalla tessitura incerta, attratto ora dal troppo di sottotrame, divagazioni e comprimari che sul lungo tratto stroppiano; ora dal merito delle luci della ribalta.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: The xx – Fiction

6 commenti:

  1. Credo non faccia per me. Anche se qualche spunto attira. Un bacio :)

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    1. Mai dire mai, Tessa. Difetti strutturali a parte, ma è un esordio, resta tanto di lodevole.
      A presto!

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  2. Forse non sarà un romanzo "perfetto" ma ti dirò, mi attira. Magari non immediatamente, ma più in là lo leggerei.

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    1. L'eleganza dello stile di Francesca, Angela, vale tutto.
      Te lo consiglio.

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  3. Deduco non sia stata una gran bella lettura, e un po' mi spiace. La trama e la copertina però sembravano davvero interessanti :(

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    1. Di certo non brutta, Gresi! Si perde un po', quindi richiede pazienza.

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