martedì 29 maggio 2018

Recensione: Jonas e il Mondo Nero, di Francesco Carofiglio

| Jonas e il Mondo Nero, di Francesco Carofiglio. Il Battello a Vampore, € 16, pp. 333 |

Da bravo superficiale quale sono, non avrei saputo resistere. All'illustrazione in copertina che prima ancora del passo di It citato a pagina uno faceva respirare atmosfere alla Stephen King. Al nome di uno scrittore molto prolifico – non si tratta di omonimia: Francesco è il fratello minore di Gianrico, altra garanzia di bestseller –, qui alle prese con un romanzo per ragazzi.
Com'era perciò prevedibile non ho opposto resistenza, no, e mi sono concesso con una punta di nostalgia un viaggio lungo una metafora assieme all'ultimo volume del “Battelo a Vapore” – intorno agli otto anni non una semplice branca della Piemme, bensì la mia migliore amica. Con il protagonista, d'altronde, sarei andato d'accordo anche ai tempi. Balbuziente e occhialuto, non brilla né a scuola né negli sport, e a casa, quando non può perdersi in qualche romanzo o nell'inusuale catalogazione dei coleotteri, fa i conti con una mamma che c'è e non c'è, un papà a rischio cassa integrazione, una sorella maggiore che vive di rotocalchi. Nemmeno i bulli, gli stessi che in una segheria abbandonata usano i randagi del quartiere per il barbecue, si curano di lui: anonimo com'è, non ispira grandi angherie. Si chiama come l'eroe della serie distopica di Lois Lowry, sogna mondi sottosopra degni di una puntata di Stranger Things e in una anonima città degli Stati Uniti – tra cenni a fotoromanzi, sceneggiati radiofonici e vecchi tram, non sappiamo bene se collocarla nel presente o nel passato – vede succedere strane cose. Non esistono le ombre di cui parla: i genitori si sono accertati che avesse tutte le rotelle al posto giusto in tempi non sospetti, portandolo a colloquio da uno psichiatra infantile. Non vogliono dirgli niente gli indovinelli alla Lewis Carroll e i regali enigmatici che riceve in dono da conoscenti vicini e lontani. Come convincersene se all'orizzonte non gli si prospetta un bianco Natale, bensì nerissimo? Come fare spallucce, se nella sua stanza compare Melampo, una specie di elfetta biondo platino che viene da una dimensione intermedia?

Ci sono vari modi di sentirsi soli. Non poter raccontare i propri segreti era uno di quelli.

Jonas era un dodicenne normale, per quanto sui generis: una spasimante di cui non contraccambiava le gentilezze, un compagno di banco che nascondeva i lividi di un genitore manesco, l'amore igenuo per Nina (figlia di pasticcieri, incantevole e spiritata: non vedente). Certo, aveva un nugolo di parenti finiti a picco nell'oceano o in una camera dalle pareti imbottite, ma nel suo microcosmo di hobby, routine e manie ci stava ignaro e contento. Si è arreso: la stranezza sembrava una condanna vita natural durante. Tutto è destinato a cambiare. Ha letto spesso di straordinarie avventure per mari e per monti, di verità che sfuggono e bambini scelti per sbrogliare equilibri instabili: non pensava che i fantasy che ha divorato sotto le coperte, con la neve fuori, parlassero di lui. Che è la chiave della porta che apre il bene e taglia fuori il male, pronta a spalancarsi pericolosamente ogni trentatré anni. Che nell'intercapedine della nostra realtà esiste Extramondo, una Isola che non c'è popolata dai Ragazzi Ombra. Che a mezzanotte le due dimensioni nemiche si incontreranno, e una soccomberà all'altra, fulminandosi come una lampadina in esaurimento. Come può lui avere potere decisionale, se grigiore e malumore diffusi, se l'impressione tutta contemporanea di poter fare a meno di essere felici, testimoniano che il male è un'infiltrazione che non ci abbandona?

Alcune cose, a volte, riescono meglio a occhi chiusi.

Jonas e il Mondo Nero, più vicino al racconto fantastico che all'horror, è un romanzo strano, in parte, come strano ci si presenza il suo adorabile protagonista (i dialoghi superano le descrizioni e, fra le pagine, si respira una durezza del vivere che non ti aspetteresti). Chiariamolo subito: l'originalità non è di casa, di qualche guizzo ironico ho proprio sentito la mancanza, e la risoluzione finale appare piuttosto approssimativa. Non mi sono piaciuti gli “appunto” di troppo, l'esagerare coi puntini di sospensione nelle parti dialogiche, il fatto che molti personaggi – i vicini, la spasimante, il migliore amico – fossero introdotti per poi rimanere sullo sfondo. Mi è piaciuto il resto (gli ex manicomi, i passaggi segreti dappertutto, le stazioni abbandonate), ma soltanto con il senno di poi. Perché Jonas e il Mondo Nero fa parte di quei romanzi che decollano tardi amando la malinconia della partenza, che sono soprannaturali ma non così tanto. Quelli che si accontentano di essere semplici, di cuore, e in cui l'elemento fiabesco resta una scusa per cominciare a raccontare. Troppo, qui?

Dove vanno a finire le cose dell'infanzia? Tipo la collezione dell'Uomo Ragno, le corse a perdifiato, e i racconti di tuo nonno d'estate, all'ombra della grande quercia. Dove vanno a finire le voci, gli odori, la sensazione precisa di essere nell'istante perfetto, che durerà per sempre? Che non finirà mai. Non dura per sempre. E tutta quella roba, a un certo punto, sparisce. La memoria si inghiotte i fumetti, le corse e i racconti di tuo nonno. E improvvisamente sei solo. E improvvisamente, non sei più bambino.

Da piccoli poteri derivano grandi responsabilità. C'è sempre il tempo per ogni cosa: scoprire che le guerre non si vincono mai in solitaria, ad esempio, oppure cambiare. E c'è un ragazzetto cupo per natura che paradossalmente, eppure, fa abbastanza luce da illuminare un viaggio al centro della terra, e della notte, di cui ho percepito a metà l'importanza di quel che c'era in ballo. Crescere, racconta l'adulto Carofiglio con una punta di tristezza a chi adulto si appresta a diventarlo, significa dimenticare la magia. Nell'Extramondo, nell'età di confine tra l'infanzia e l'adolescenza, qualcosa passa di mente e qualcosa no. Restano un origami a forma di suricato (la sentinella del mondo animale) sulla scrivania di una cameretta che si è fatta d'un tratto troppo piccola. Gli ammonimenti, durante una partita decisiva, di chi ci consigliava di colpire la palla di piatto, non di punta. Per abbandonare la panchina e fare goal in una vita nuova. Esultando sotto un cielo che ha smesso di pioverci addosso, e di fare male cane.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Shawn Mendes – In My Blood

12 commenti:

  1. L'avevo adocchiato e speravo in un mezzo voto in più. Però la storia sembra comunque molto carina.

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    1. Mezzo voto in più lo avrebbe meritato, ma con gli esami in ballo ho poco tempo, e avrei sperato a scatola chiusa in qualcosa di più incisivo. Ma poco male, Carofiglio è bravo, molto.

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  2. Questo mi ispira e l'illustrazione in copertina strizza l'occhio anche a me ;)

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  3. Da un lato questo tipo di storia rientra nelle mie corde, dall’altro i difetti che hai elencato sono quelli che mi fanno salore l’orticaria @_@ mi sa che vedrò se lo trovo in biblioteca.

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    1. Prova, sì!
      I difetti non sono poi così palesi, così oggettivi, ma mi sono saltati all'occhio in più di trecento pagine. Qualche fase di editing aggiuntiva li avrebbe sforbiciati a dovere. ;)

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    1. Se in cerca di letture leggere ma non troppo, tornerà utile.

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  5. Considera che l'ho preso proprio oggi... Fino ad adesso non sapevo neanche di cosa parlasse ma non sono riuscita a resistere al richiamo della copertina ahahah

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  6. Se fossi ancora ai tempi del Battello a vapore, probabilmente mi entusiasmerebbe non poco.
    Adesso purtroppo gli anni sono passati e l'esaltazione per certe storie pure.
    Nonostante la copertina mi attiri ancora oggi, mi sa che passo causa vecchiaia. Che cosa triste da dire, mi sento quasi come Ford uahahah

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