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La manutenzione dei sensi, di Franco Faggiani. Fazi, € 16, pp.
250 |
Leonardo
– cinquantacinque anni, vedovo da dieci, giornalista affermato
nella Milano da bere – abbandona tutto, nell'esordio nella
narrativa di Franco Faggiani. Si lascia dietro lo smog della città,
i ricordi di una vita prima e fra i monti della Val di Susa, un po'
roccaforte e un po' trappola, costruisce per sé e un ospite
speciale un piccolo paradiso privato che somiglia tanto a un mio
sogno ricorrente: un casetta ristrutturata di fresco affacciata sugli
alberi, sui pascoli, in cui scoprirsi più sereni e più forti. Nel
corpo, temprato dal lavoro fisico, e in quella mente finalmente in
pace, se immersa nella bellezza dell'incontaminato. Chiara, la moglie
stroncata nel letto da un aneurisma cerebrale, non avrebbe voluto
niente di diverso per lui. Stessa cosa l'impegnatissima Nina, sua
unica figlia, a Boston per un lavoro di prestigio: sapendolo in buona
compagnia, è partita però senza sensi di colpa. Leonardo, infatti,
condivide casa e silenzi con Martino: adolescente in affido
temporaneo, che ha poche chance di trovare il suo posto nel mondo
prima della maggiore età. Ha la sindrome di Asperger e, per il
sistema, è una mela bacata. Può scoprirsi indentico agli altri, nel
suo, mimetizzandosi in alta montagna. Dove intagliare il legno e
raccogliere quel che si è seminato conta più del rendimento
scolastico. Dove, soprattutto, non c'è differenza alcuna fra i modi
spicci del ragazzo – che da copione non amerà il contatto fisico,
le metafore, chiacchierare del più e del meno – e quelli degli
abitanti locali: prendiamo l'anziano Augusto, ad esempio, che presto
diventa un datore di lavoro e saggio migliore amico. Oltre la
valle, un mondo sconosciuto di cui imparano subito a non sentire la
mancanza. In altitudine, amori, avventure e pericoli per sfatare
insieme un infondato luogo comune: quella vita solitaria no, non li
isola affatto.
A
lui piaceva andare, ma soprattutto ritornare. Dopo ogni assenza,
appena sceso dalla macchina, adempiva un rituale che lui stesso si
era inventato: correre verso il borgo sopra casa fino a una piccola
radura, allargare le braccia e dire a voce alta agli alberi, agli
animali e alle montagne.
“Ehi,
sono qua, sono tornato, mica sono stato via tanto”.
Ho
portato La manutenzione dei sensi con me a Pasquetta, per una
foto a tema in un borgo alle pendici del Gran Sasso. L'ho voluto,
l'ho avuto e l'ho messo da parte, infine, per il momento giusto. Ho
visto quanto bene stesse accanto agli altri titoli Fazi, che
custodisco gelosamente in libreria. Ho fatto l'errore di associarlo a
colpo d'occhio, per assonanza, alle Otto montagne di
Paolo Cognetti. Sperando invano di trovarci all'interno la stessa
delicatezza e la stessa morsa allo stomaco che le amicizie maschili –
straordinariamente sincere, rare – non si sa perché mi ispirano,
da qualche anno a questa parte. Gli ingredienti c'erano: tutti,
giusti. Ma qualcosa con me non ha funzionato. Questione di stili che
non piacciono, di emozioni mancanti. Ancora, di pura soggettività.
Faggiani scrive correttamente, con leggerezza e ironia, ma non si
imprime: a tratti annoia forse un po' nel tentativo di ricercare bei
dialoghi da libro stampato, scorci naturali da fotografare a suon di
descrizioni particolareggiate. Parla di morte e rinascita, di
guarigione, ma non ci sono né la tristezza esistenziale né la
malinconia auspicate. La colpa, probabilmente, più mia che
dell'autore, quando una lettura non ha grandi difetti, eppure non
convince. Con un narratore che, strano ma vero, è il meno
interessante dei personaggi (come possa un giornalista con incarichi
all'estero ignorare cosa abbia fatto Alan Turing o quali siano le
peculiarità dell'Asperger, poi, proprio non lo so). Con i suoi
protagonisti privilegiati e benestanti che passano la vita in
vacanza, come nel tormentone sanremese dello Stato Sociale.
Forse
hai ragione. Siamo stati noi a scegliere un posto e un modo di vivere
che ci fa stare bene. Insieme. Tu stai bene?
Leggendo
di vini rossi e genziana, di sughi saporiti e polenta con selvaggina,
li si invidia per la buona forchetta e la vista mozzafiato. Si
sorride, ma come davanti a quei film di Natale in cui tutti sono
buoni, buonisti, e tutto andrà bene per forza di cose. Manca
l'autentica vocazione dell'autore premio Strega, e queste cime poco
tempestose fanno da sfondo a un esperimento sociale, a un cambio
vita, che avevo immaginato diverso. Romanzo ad alta quota che mi ha
promesso le vertigini di un volo e le carezze del conforto, senza mai
portarmi in alto.
Il
mio voto: ★★½
Il
mio consiglio musicale: Arisa – Ho cambiato i miei piani
Peccato. Sembrava interessante, ma alla fine mi sembra di capire che la cosa migliore sono le descrizioni della polenta col sugo.
RispondiEliminaEcco, mi nomini la polenta col sugo e la voglio, alle undici di mattina!
EliminaScherzi a parte, è uno di quei romanzi piaciuti a tutti tranne che a me: googlare per credere. Siccome non succedeva da un po', questa volta pochi sensi di colpa. :)
Ho letto questo romanzo quando papà era in ospedale. L'ho trovato consolatorio, in quel periodo, come un racconto in cui sai già che tutto finirà bene e che non può far male. Giusto per quel momento della mia vita, ma assolutamente privo di mordente. Concordo con te (anche se gli avrei dato comunque un voto un pochino più alto). Baci.
RispondiEliminaI momenti - quelli giusti, ma anche quelli sbagliati - fanno tanto, e forse io l'ho letto quando non ne avevo davvero bisogno. Ero indeciso sulle stelle, avrei dato le tre canoniche dei romanzi senza infamia né lode. Ma in questo caso, avendone letto in rete solo cose belle, tanto ha fatto anche la delusione, l'essere preso in contropiede da una storia meno intensa e più furbetta del previsto. Insomma: ultimamente ho letto romanzi oggettivamente peggiori, ma che mi hanno infastidito di meno. Un abbraccio a te.
EliminaSulla carta (per temi, sogni e titoli), sembrava fare per me, ma del tuo giudizio tiepido mi fido di più.
RispondiEliminaPerò giuro, sono dalla parte del torto.
EliminaPiace a tutti. E in fondo, eccessiva dolcezza a parte, capisco perché.
Sempre guardato con sospetto quasi certa che non facesse per me. Leggendoti ne ho la conferma per cui, per questa volta, passo :)
RispondiEliminaSai che ero convinto lo avessi già letto, Anna?
EliminaMi sembra una di quelle storie da "montanaro" che potrebbero entusiasmare quelli come Ford. :) Non certo me.
RispondiEliminaSe già gli ingredienti per me non sono quelli giusti e poi lo svolgimento non è neppure dei migliori, salto decisamente.
Sì, anche questo molto fordiano.
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