sabato 24 febbraio 2018

Recensione: Spontaneous, di Aaron Starmer

| Spontaneous, di Aaron Starmer. Dana, € 18,90, pp. 302 |

C'è qualcosa che non va in quel di Covington. C'è qualcosa che non va negli iscritti all'ultimo anno del liceo pubblico, pronti come Icaro a spiccare il volo e a bruciarsi. Letteralmente. Succede un giorno qualsiasi, all'ora di matematica. Qualcuno messaggia, qualcuno sonnecchia e qualcuno esplode come se niente fosse, schizzando in classe sangue, urla e domande esistenziali a proposito della vita, della morte e di quello che c'è in mezzo. Il motivo: l'autocombustione. Non è una leggenda metropolitana. Soprattutto, non è un caso isolato. Alla prima esplosione, alla prima vittima, ne seguiranno altre. A lezione, su un campo di football dagli spalti affollati, in gruppo o in solitaria. Fra i superstiti, tutti diciassettenni, ci si domanda come sentirsi e come no. Si mettono al vaglio tutte le ipotesi: sarà la Terra che ci si ritorce contro per l'uguaglianza razziale, le coppie gay, la legalizzazione del fumo; sarà una maledizione pronunciata dalla compagna di scuola eternamente bullizzata; saranno le acque inquinate, le cospirazioni governative, i prodromi di una futuristica invasione aliena. I media e i ciarlatani ci vanno a nozze, l'FBI manda in avanscoperta i suoi agenti migliori. Tutti sono sospetti, tutti fanno a gara di sensi di colpa e supposizioni. Ci si interroga notte e giorno su chi morirà, perché sì: ne moriranno in molti. Forse toccherà anche a Mara, narratrice freschissima, piena di vita e nitroglicerina. Se non fosse per lei, se non fosse per lo stile spigliato di Aaron Starmer – a rischio di antipatia però, con il linguaggio gergale tutto tormentoni e abbreviazioni dell'ultimo John Green –, Spontaneous sembrerebbe materia per un thriller sci-fi. In effetti non fa sconti di sorta. In effetti non pone un limite all'inquietante numero delle vittime.

Stavamo morendo tutti assieme. Un pianto ci stava. Ma ci stava anche una grassa risata.

Mara, che in un film di prossima uscita diretto dallo sceneggiatore di La Babysitter avrà il volto di Katherine Langford, vorrebbe ridere con la migliore amica Tess, fare l'amore con quel Dylan dalla fama losca, proteggersi dal fuoco incrociato di un'armageddon a misura di liceale. In teoria: temi in assonanza con quelli del prezioso e sottovalutato Fino alla fine del mondo. In pratica: toni e strade tutte diverse, all'insegna di una metafora – quella del raggiungimento della maturità – che qui sposa le stranezze del surreale. Young Adult a metà fra il romanzo umoristico e lo splatter, a lungo non sai se prenderlo sul serio. Ha infatti una galleria di personaggi troppo sopra le righe, troppo caduchi, per affezionarcisi davvero; schizzi di materia cerebrale e riflessioni sparsi a piene mani. Una bomba non è, nonostante per il Time sia stato il miglior YA del 2016. Così spontaneo, a onor del vero, neppure. Ma riesce a farsi apprezzare, al giro di boa, per gli enigmi e la sfacciataggine – perfino per lo slang e la colloquialità, sì, che all'inizio facevano storcere un po' il naso.

Lottare contro la morte potrà essere nobile, ma non è vita. Abbracciando Dylan mi resi conto di voler morire senza pensare alla morte. Volevo essere così distratta dalla vita da non sapere manco cosa fosse, la morte.

Le relazioni sono a tempo determinato, i corpi vanno a male, le menti sono un'arma di distruzione di massa pronta a far scintille. Se la fine verrà, e verrà, poco male. Meglio aspettarla su una spiaggia improvvisata, con un narghilè in mano e il tramonto – rosso, rossissimo, più del sangue versato – negli occhi. Gli studenti del quarto anno, con l'arrivo di settembre, rischieranno la stessa sorte? O le esplosioni a catena finiranno il giorno del diploma, come per magia? Il diffuso allarmismo porta alla chiusura delle scuole, alla quarantena. Qualcuno teme un contagio. Qualcuno vorrebbe mandare ogni cosa in malora, tanto esagerando con la sorveglianza quanto dandosi a un edonismo bacchico. Ma gli adolescenti non rinunciano alle cose di sempre, scoppiettanti per definizione. Studiare. Assumere droghe leggere o pesanti. Ingelosirsi. Tornare a innamorarsi. Far festa, con l'apocalisse dentro e fuori di noi. 
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Charli XCX – Boom Clap

8 commenti:

  1. Mi hai affascinato con questa recensione. Sembra un libro particolare!

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  2. Lo leggerò anch'io fra non molto. E tra l'altro l'ha tradotto una delle persone più importanti della mia vita, Simone Buttazzi. Uno di quelli che combatte ogni giorno per i diritti dei traduttori.

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    1. Complimenti a Simone, allora.
      Stare dietro ai capricci della scrittura di Starmer - la stessa che, in fondo, non mi ha convinto troppo - non dev'essere stato semplice.

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  3. Ma che figata!
    Sembra proprio una cannibalata per me. XD

    Sul libro ci faccio un pensiero, il film con Katherine Langford invece me lo guardo di sicuro!

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  4. Ciao Michele lo sto leggendo proprio in questi giorni ^^ A dire il vero sono ancora all'inizio e già mi sta sulle scatole Mara e il suo umorismo cinico... e nonostante questo non posso fare a meno di apprezzare questo ribaltamento di piani, questo essere politically incorrect, il linguaggio al limite e la surrealtà... vedremo come si evolve ;-)

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