lunedì 19 febbraio 2018

Recensione: L'uomo di gesso, di C.J. Tudor

| L'uomo di gesso, di C.J. Tudor. Rizzoli, € 20, pp. 347 |

Bastano cinque amici, un'estate sospesa nella seconda metà degli anni Ottanta, un paese di provincia in cui all'apparenza non succede mai niente di che. L'attesa che arrivino i caroselli del Luna Park in piazza e la scoperta nei boschi, sotto un mucchio di foglie secche, di quanto possano essere criminali certe menti. Ad Anderbury, a dodici anni, tutto è un lungo gioco: crescere e imboccare strade diverse allo stesso bivio; perfino l'omicidio. Eddie, ai tempi soltanto un bambino, rievoca trent'anni dopo quella bella stagione di morte e misteri. Qualcuno bussa alla porta, una vecchia conoscenza in cerca di fama e verità, e il mite professore dalla lingua impastata – un amore per il collezionismo a confine con il disturbo ossessivo compulsivo, una casa da dividere con un'incantevole sconosciuta dal look gotico, rughe precoci al centro della fronte per la paura crescente di aver ereditato dal padre il sogno di scrivere assieme all'Alzheimer – accoglie suo malgrado flashback di una vita prima e fantasmi senza riposo.

Ci sono cose nella vita che puoi modificare – il tuo peso, l'aspetto fisico, persino il tuo nome. Certe altre invece non le puoi toccare in alcun modo, e non importa se ci speri e ci provi e ci lavori duro, con tutte le tue forze. Sono queste le cose che ci modellano. Non le cose che possiamo cambiare. Quelle che non possiamo cambiare.

Quando erano lui, Gav la Palla, Hoppo, le continue bugie di Mickey Metallo e i boccoli ramati di Nicky, l'unica ragazza della banda. Un bullo, Sean, e l'idea di sfuggirgli elaborando una specie di linguaggio segreto. Basta un pacco di gessetti per abbozzare sui muri omini stilizzati: ognuno disegnato in maniera diversa (cinque amici non troppo inseparabili, dunque cinque colori), ognuno con un messaggio (tutti al parco, incontriamoci, e magari un grassoccio punto esclamativo per indicare fretta, subito). Qualcuno di infido, però, si appropria del trucco dei ragazzini: l'orrore fa suo quel loro codice privato. Omini di gesso se un coetaneo annega nel fiume. Omini di gesso se un membro della comunità al di sopra di ogni sospetto viene ridotto in fin di vita. Omini di gesso, come in una caccia al tesoro, sulla tomba della Ragazza del Valzer: un'adolescente romantica e sfortunata al cui corpo smembrato manca un tassello significativo, la testa.

Abbiamo lasciato un segno nella Storia. Un piccolo segno, un omino disegnato con il gesso, penso con amarezza. Naturalmente, le vicende sono state abbellite nel corso del tempo, la verità pian piano è stata tirata e sfilacciata, si è consumata ai bordi. Ma anche la Storia con la S maiuscola in fondo è solo una storia, narrata da coloro che sono riusciti a sopravvivere.

Basteranno forse protagonisti fra passato e presente che fanno il verso ai Perdenti e l'effetto amarcord di Stranger Things per rendere lieto, se non memorabile, il soggiorno in un microcosmo in fervente attesa della venuta della mezza stagione e del peggio in agguato? L'uomo di gesso, esordio della britannica C.J. Tudor, convincerebbe comunque con pochissimo. Mi sarei lasciato tentare, infatti, da premesse che ricordano i migliori coming of age di Stephen King e dalla particolarità di una copertina ruvida al tatto, stile lavagna, che purtroppo in fotografia non rende. Così, essenzialmente, è stato all'inizio. Se non fosse che il romanzo – un thriller psicologico di quelli nostalgici, con sprazzi da incubo che attingono a piene mani dai macabri resti e dai deliri notturni del cinema horror – avrebbe poi finito per irretirmi grazie ai drammi degli abitanti e ai fragili castelli di carte dei protagonisti, nessuno completamente senza macchia. Si protesta con cartelloni alla mano e atti di vandalismo per l'apertura di una clinica favorevole all'aborto, ma nessuno punta il dito verso chi di quei figli illegittimi, di quelle giovani madri rassegnate, è il colpevole. Ci si accorge quando ormai è troppo tardi per dare fiato alla bocca che ogni azione, anche la più ingenua, ha generato una reazione collaterale; che ogni devianza, anche una piccola così, sa renderti il cuore più nero. Anderbury, novella Twin Peaks, è una Babele in miniatura di scandali, manie e avventure meravigliose perfettamente racchiusa, rubando le parole al protagonista, in una palla di cristallo. Di quelle che basta un colpo di mano, una scossa, per mettere tutto a soqquadro. Piovono così lacrime e brillantini su crimini impuniti che nel mentre diventano leggenda metropolitana e sui buchi nelle sceneggiature della nostra infanzia. La pioggia, nel romanzo della Tudor, non cancella rimpianti che il tempo ha trasformato già in sensi di colpa. Né il brivido beffardo di un nuovo sbaffo di gesso sull'asfalto.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: The Clash – Should I Stay or Should I Go

24 commenti:

  1. concordo pienamente mi piaciuto e mi ha ricordato King.;)

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  2. Non lo conoscevo, ammetto!
    Però leggo la recensione, vedo le quattro stelle ed un pensierino ce lo faccio. Segno perché mi hai incuriostia ;)

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  3. Ink, lo conosci qualche blog di recensioni di libri LGBT??? grazie <3

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    1. Mi dispiace, Perso, ma non conosco. Sarà per un'altra volta. Spero tu possa trovare comunque qualcosa, con ricerche per etichette e parole chiave. :)

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    1. Aggiudicato!
      Conoscendoti un po', è una lettura che fa al caso tuo.

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  5. Vaaaa bene, oggi giornata spendacciona, grazie per questo consiglio. io lo avrei comprato anche solo per la copertina che tu hai definito "ruvida".

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    1. Ah, Baba, quella copertina... Vedere, anzi tastare, per credere. Ruvidissima, scorticata, come carta vetrata.

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  6. gran bella recensione, fa venire voglia di leggere il libro

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  7. Beh, insomma, i riferimenti a It, Stranger Things e Twin Peaks lo fanno schizzare in cima ai libri da leggere!

    A quanto pare il tutto sembra anche rielaborato in maniera personale, quindi ancora meglio.

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    1. E' un romanzo molto pop, molto alla moda, ma se la cosa inizialmente mi faceva storcere il naso nel finale arrivano quegli sparazzi di malaticcio a me tanto cari a cambiare le carte in tavola...

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  8. Wao, eccolo qui nel dettaglio. Hai citato tre opere che amo, quindi direi che ci siamo. E parli di piacere, non di copia, dunque ok! :)

    Moz-

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    1. Il rischio plagio c'era, Miki, ma l'autrice ha la sua da dire per fortuna. Né i Perdenti di It, né i bambini di Stephen King, crescendo diventeranno così sospetti. E bugiardi.

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  9. Ecco! Ho adocchiato questa copertina ma ero titubante, ora leggo "King" e "Stranger Things"...e mi fiondo a procurarmelo!
    Recensione irresistibile, Stefi

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  10. strafelice che ti sia piaciuto, è uno di quei libri che si fa ricordare! Che belle le infanzie piene di turbe.

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  11. Ho aspettato a leggere questa recensione perché volevo prima finire il libro. Mi è piaciuto davvero tanto, più di quanto immaginavo fino a metà lettura. I cambi di rotta mi piacciono e quando sono bruschi mi piacciono ancora di più ;)

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  12. Questo voglio assolutamente leggerlo anche io! Quando? Boh! Ho decisamente bisogno di una seconda vita, io!

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