|
Una cosa piccola che sta per esplodere,
di Paolo Cognetti. Minimum Fax, € 9, pp. 138 |
Non mi affeziono ai racconti e pensavo che nemmeno Paolo Cognetti potesse fare eccezione. L'ho conosciuto l'anno scorso in territorio neutrale, un romanzo breve che di lì a poco avrebbe vinto lo Strega, anche se a lui restavano le sue amate montagne e a me il disorientamento iniziale dei ragazzi di città,
pronto però a trasformarsi in commozione grazie a scritture che
scaldano lo stomaco e a boscaioli di stentate parole. L'ho
rincontrato sul Kindle un paio di mesi dopo con Sofia si veste di nero: ufficialmente raccolta di
racconti, sì, ma con l'inarrivabile ragazza del titolo – ora
protagonista, ora raccontata da qualche amante dal cuore infranto –
a fare da filo conduttore. Mi hanno riportato da lui il desiderio
di concedermi qualcosa di bello dopo tante delusioni e un libro
piccolo così, dal titolo lungo lungo e la copertina
pastello. Di nuovo racconti – cinque, per la precisione –, e
questa volta non c'erano trucchi, inganni, o ragazze come il
prezzemolo abbigliate a lutto. Forse la prova del nove? Senza
paracadute ma senza cattive sorprese, ho ritrovato felicemente il mio
Cognetti. Giovane ma sempre bravissimo, che qui proprio di giovani contro
(controcorrente, controluce) vuol parlare.
Nel
sangue di ogni figlio scorre una malattia ereditaria: è una storia
scritta apposta per te e cerca di educarti, indicarti la rotta,
condannarti al destino dei padri.
Margherita,
detta Margot, è una diciassettenne scheletrica e irrequieta. In una clinica sorrentiniana all'ombra delle alpi
svizzere – un istituto senza specchi alle pareti, assiepato di
altre adolescenti scheletriche e irrequiete di cui Margot è
l'indiscusso capobranco –, la protagonista considera sacre le
gerarchie e mistico il digiuno. Le ripetizioni di matematica
all'ultima arrivata, Lucia, e il corpo che si ribella asseconderanno il ritorno della fame. Di qualsiasi cosa, in fondo, la si abbia.
Diego
e Simone, sedici anni, vivono di spaccio e furterelli, di pesca e
motorini scassati, nel grigio acciaio di certe province italiane. Non vogliono crescere e
allontanarsi come invece sta accadendo. I due se
ne vanno a zonzo sui luoghi dell'infanzia – una fabbrica in disuso,
profanata dalla scoperta del sesso e del fumo – e lontano dagli
sbagli dei grandi. La meccanica dell'età adulta: complicata come le
auto moderne. La loro, finché è durata: facile e perfetta come il
motore a due tempi.
Mina,
esplosiva come il titolo della raccolta, ha la sindrome d'abbandono e
la stoffa della scrittrice. Suo padre è andato via, lasciando il
resto della famiglia in mezzo ai dubbi e ai debiti. Si è presa cura
di lei, di loro, Antonia: maestra diabetica, in pensione, che le farà a
lungo da tata, amica e confidente. Ascoltandole tutte, dalla prima
all'ultima, quelle storie assurde su un papà avventuriero, agente
segreto, giocatore d'azzardo, dongiovanni. Su un papà che, almeno
nella fantasia, aveva le sue buone ragioni per lasciare a casa quella
piccola e sconsolata Mina vagante.
Pietro
passa l'estate dei suoi dodici anni in montagna. I genitori in crisi
matrimoniale, un padre che non li raggiunge mai nei fine settimana.
In un campeggio abitato da donne e bambini, il ragazzino asseconda la
sua sete d'avventura leggendo Twain e progettando una
capanna sulle rive del fiume. Ad aiutarlo, soltanto Tito: solitario e
laconico custode di mezza età a cui manca un figlio, proprio come a un figlio, Pietro, manca il padre. Il cielo minaccia all'ultimo
piogge, alluvioni, lacrime. L'estate che finisce in fretta e furia,
insieme all'illusione dell'innocenza.
Gli
anni Sessanta: la Beat, l'esercito degli hippy, la
rivoluzione sessuale. Anita, ragazza di campagna, si lascia alle
spalle la nebbia, le risaie, la buona eduzione puntando ogni mattina
al suo liceo al centro di Milano e all'esempio di un'amica ribelle,
Tania. A raccontercela, un figlio che si fa domande, e prende a farle anche
agli altri. Anita attraverso le foto in bianco e nero, i ritratti e
le parole dei vecchi genitori. Anita attraverso gli anni migliori.
Dice
la nonna che la vita degli adulti comincia con una bugia.
L'adolescenza, per quanto la riguarda, è solo un'invenzione
borghese. C'è un'età dai segreti innocui, ma quelli cadono come i
denti da latte, e i segreti che crescono dopo sono minati da una
carie inconfessabile. Sesso. Perciò ecco dimostrato il suo teorema:
la vita degli adulti è arte del mentire.
Il
degrado della prima Avallone, così, viene salvato dalla
purezza dell'aria di montagna; dalla delicatezza di una prosa che è un fiume pieno di appigli. Un Cognetti di squarci, attimi e lampi di Polaroid, da cui lasciarsi condurre a
occhi chiusi fuori dalla cornice. Sequenze rapide, assaggi
di adolescenze indigeste, parole d'un fiato. Un Cognetti più sbarbato
e arrabbiato, più misurato e chirurgico; insomma, una specie di sperata eccezione. Sui padri e i figli, le mamme mute, le amicizie formative,
un passato non lontano. Sui campi minati di vite ai margini,
soprattutto, e il ticchettare che annuncia l'innesco
delle nostre emozioni inesplose.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicali: Ghemon – Un temporale
Un autore da scoprire, spero di farlo presto!
RispondiEliminaCome sempre recensione molto bella :)
Ti ringrazio, Anna.
EliminaLeggilo come buono proposito, mi raccomando!
Con i racconti non ho buon rapporto nemmeno io, come sai, mi ci affeziono e subito li perdo, non riesco a sentirli davvero, brevi come sono. Per questo Cognetti, e per tutti i Cognetti a venire che sicuramente leggerò, ho però piena fiducia.
RispondiEliminaHo l'impressione che "perderò" anche questi, nonostante mi siano piaciuti molto o moltissimo, però nel mentre regalano davvero immagini rimarchevoli. Speriamo siano indelebili, questa volta. Grazie a Cognetti.
EliminaNon avevo mica capito che questi fossero racconti. Con le storie brevi ho il tuo stesso problema ma azzardo che Cognetti potrebbe essere l'eccezione. La precedenza andrà però alla lettura di Sofia. Per il fatto che Sofia l'ho già comprato u_u"
RispondiEliminaE Sofia la si adora facile, vedrai. ;)
EliminaEcco, non leggo spesso racconti ma cognetti mi ispira, avendo apprezzato le otto montagne ;-)
RispondiEliminaTi consiglio, però, di fare tappa prima da Sofia!
EliminaTi ha proprio stregato, il vincitore del premio Strega. ;)
RispondiEliminaIo forse farei meglio a cominciare dal suo tanto celebrato romanzo, anche se pure questi racconti non paiono assai male...
Questi, teen e un po' spietati, potrebbero piacerti di più.
EliminaLe otto montagne, invece, tra amicizie al maschile e natura, è più fortdiano...
Come la maggioranza, anch'io non amo molto i racconti... il tuo modo di raccontare Cognetti però, mi fa venir voglia di ricredermi.
RispondiEliminaTi ringrazio, Sara!
EliminaAnche a me i racconti solitamente non attirano, ma questa raccolta la voglio leggere, da come la descrivi c'è dentro tutto il Cognetti che amo. E quel nome ricorrente, Pietro, che rimanda a Le otto montagne e a Sofia si veste sempre di nero. Grazie per l'azzeccato consiglio.
RispondiEliminaIn effetti, penso anche al cinema di Ozpetek, mi ha sempre incuriosito conoscere il perché dei nomi che si ripetono di storia in storia...
EliminaGrazie a te!
Anche io normalmente ho un rapporto freddo... Dici che in questo caso dovrei dovrei provarci? Comunque questa cover è strepitosa!
RispondiElimina