Christine,
non particolarmente fortunata, non particolarmente brillante, non
particolarmente graziosa, vive dalla parte sbagliata delle rotaie
nella sonnacchiosa Sacramento dei primi anni Duemila. Ha diciassette
anni, quasi diciotto, e tutto sembra essere possibile. La fine del
liceo – un'intransigente scuola cattolica con divise inamidate, il
crocifisso in aula e una rigida divisione fra maschi e femmine –
significa allontanarsi da casa, scegliersi da sé il destino e
l'università. Invia così domande disperate a college fuori mano e
fuori dalle sue modeste possibilità. Si barcamena fra l'allestimento
di un musical scolastico in cui no, non ha il ruolo principale, e la
scelta del vestito per il ballo di primavera. Si divide fra l'amore
per Lucas Hedges, represso rampollo di buona famiglia, e quello per
il chitarrista Timothée Chalamet, le cui pose da ribelle romantico
sono un'illusione. Aspetta la perdita della verginità,
l'ultima campanella, le risposte a tutti i suoi perché. Da un lato: l'amara realtà dei fatti. Dall'altro: il desiderio di allontanarsi a
ogni costo da una provincia che le sta stretta. Come fare, senza però
avere un talento particolare o il viso giusto? Irritante, difficile
da voler bene, Christine si sente dappertutto fuori posto: come me.
Ha un rapporto conflittuale con l'apprensiva Laurie Metfcalf, madre a digiuno di scene madri: come me. Fa di tutto per piacere agli
altri, perfino fingere, per poi tornare a scegliere la vecchia
migliore amica e la fidata compagnia della solitudine: come me. La
protagonista, che si firma “ragazza uccello” per quel suo naturale desiderio di spiccare il volo, sfortunatamente somiglia alla
gemella che non ho soltanto su carta. Manca per tutto il tempo l'empatia e, ogni tanto, ho
rischiato di trovare questa Saoirse Ronan col rimmel sbavato – più
leggera di quanto siamo abituati a vederla, non necessaria più brava
– antipatica e basta. Succede il tutto e il niente di un certo
cinema indie e l'acclamato Lady Bird, spesso,
sembra girare a vuoto. Abbozzando situazioni e personaggi per poi
troncarli malamente nel finale. Dirige e scrive Greta
Gerwig, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, ma la musa
dell'indigesto Noah Baumbach non cancella in novanta minuti le arie
hipster che si porta dietro; gli strascichi del mio fondato
pregiudizio. Una nomination per la miglior regia che sa tanto, troppo
di politicamente corretto. Una miglior sceneggiatura originale che
brillerà forse per onestà e freschezza, ma che originale proprio
non sembra. Perché Lady Bird sì, mi domando infatti, e il sottovalutato The Edge of Seventeen, con una
Steinfeld altrettanto intensa e scostante, no? Perché se lo
avessi scoperto sottotitolato e misconosciuto su un sito streaming, senza grandi speranze, probabilmente lo avrei consigliato
anch'io sottovoce? Commedia generazionale con una vetrina d'eccezione
– quella del cinema d'autore – che non penso le spetti, la
piccola Lady Bird vorrebbe
puntare troppo in alto. Ho seguito il suo volo per un po', ma l'ho
persa di vista. Mi sono perso io, forse. Non lasciando che, in cerca di un'altra
casa, dell'ennesimo plauso scontato, facesse nido nel mio cuore scettico. (6)
Che
belle, ho pensato con un briciolo d'invidia, quelle vite che sanno
trasformarsi in musical. Quante possono? Quelle che devi inventare a
tavolino, altrimenti sarebbero troppo simili alle nostre: senz'arte
né senza colore. Quelle di chi visse un'avventura, una favola, che
non poteva che diventare spettacolo spettacolare. P.T. Barnum,
professione amabile canaglia, affabulava, ingannava e incantava.
Imprenditore nella disincantata New York del tardo Ottocento,
cacciatore instancabile di sogni nel cassetto, investì il denaro che
neppure aveva prima in un museo delle cere, poi in un circo
all'avanguardia, infine per salvaguardare il talento della cantante
svedese Jenny Lind. Hugh Jackman – bello nella sua divisa da
domatore, sorridente e nel suo – canta e balla sui tetti, e fra le
lenzuola appese ad asciugare e le stelle vede un destino alternativo
per due bambine che non dovrebbero crescere a digiuno di speranza;
per una Michelle Williams non troppo convinta, non troppo
convincente, strappata a una famiglia facoltosa e condannata a
un'esistenza approssimativa in nome dell'amore. Sempre cantando,
sempre ballando, si convince quel Zac Efron di cui, dopo High
School Musical, è proprio un
piacere risentire la voce a fare a metà. Si cerca fra i reietti, i diseredati, i diversi, e si dà loro
la libertà di esprimersi. Di farsi deridere, ma da un
pubblico pagante: mostri con un cuore e un talento tutto da svelare.
Se romantici ma osteggiati, ed è il caso di un Efron vittima del
fascino esotico di Zendaya, ci si innamora di una trapezista di
colore anche a costo di riscrivere le stelle – il loro coreografico
duetto a mezz'aria è forse il momento musicale più emozionante e
riuscito assieme a This is me,
commovente inno di una donna barbuta che diventa un po' anche il
nostro. Se accecati dai riflettori, e invece è il caso di un Jackman
non senza macchie, si pretende di più: perdendo di vista gli
obiettivi iniziali e la magia che tutto muove. Vagamente disneyano,
The Greatest Showman non
convince proprio allora. Quando scopre una punta di disincanto, i
matrimoni messi in crisi da una Ferguson capricciosa (e doppiata), la
vita vera che a un musical conciliante proprio perché leggerissimo
poco si addice. Fluido nei volteggi della macchina da presa e dei
corpi, nel montaggio, orecchiabilissimo e sfarzoso ma tutt'altro che
memorabile, il film dell'esordiente Gracey non è un ritorno al
Moulin Rouge né sa
bissare il miracolo del novello La La Land.
Però poco importa: che scenografie, che luci, che facce, che voci.
Quanta gentilezza, quanto incanto, in questo freak show. Posso farne
parte anch'io?, domandi. Trovandolo grande comunque, anche se non
all'altezza del superlativo del titolo: una bugia bianca, con
stile, come quelle di mastro Barnum. (6,5)
Lady Bird ancora mi manca, ma rimedierò in questi giorni.
RispondiEliminaSai che invece lo Showman a me ha fatto proprio cagare!? Ruffiano e patinatissimo, decisamente troppo. :)
Lady Bird, cannibalata doc, con la solita Gerwig presente anche quando assente, penso che non ti esalterà.
EliminaThe Greatest Showman, visto al cinema più di un mesetto fa, invece a me ha piacevolmente sorpreso. Certo, è molto natalizio, e io il Natale lo odio. Però il musical mi frega con poco. E chiamalo poco, questo grande sfarzo. :)
Mai avrei pensato di poter essere in disaccordo con te su Lady Bird, film che sulla carta era già perfetto per noi. Per me lo è anche a visione ultimata, con gli occhi lucidi e il cuore grato. Ne parlerò più avanti, ma sentendomi molto vicina alla protagonista, amando quel colorato mondo di Sacramento, Greta ha fatto colpo.
RispondiEliminaThe greatest showman no, non è uno Spectaculra Spetcoular, nemmeno un po'. Troppo patinato, troppo veloce la storia e canzoni fin troppo pop per avere il giusto mordente. Ma sì, scivola via, anche se presto lo si dimentica...
Onestamente, con Lady Bird me lo aspettavo. Lo avevo già anticipato a Marco, fra l'antipatia per la Gerwig e lo scetticismo a vederle lì in mezzo, commedie troppo leggere, troppo giovanili, per poter competere a dovere. Sarò vecchio io, in questo caso?
EliminaQualche canzone di The Greatest Showman, a fine visione, in cuffia è passata. Il resto, fortunatamente, non mi ha fatto rimpiangere neanche un po' il prezzo del biglietto.
Alla fine "Lady Bird" mi è piaciuto più che a te, forse perché ho dato più importanza ai pregi che ai difetti. Però davvero, il finale è troppo affrettato e manda quasi all'aria il buono che poteva esserci prima, che se non altro aveva una sua onestà non indifferente.
RispondiEliminaNomination alla regia sprecatissima.
Nell'era del #metoo...
Eliminastavolta nessuno dei due mi ha colpito..
RispondiEliminaC'è di meglio, non solo fra i titoli da Oscar.
EliminaMi hai smontato Lady Bird! D: devo ancora vedere entrambi, vedremo se mi lasciano le tue stesse perplessità!
RispondiEliminaMah, sai che pensavo di essere il solo a non aver apprezzato la Gerwig? Per fortuna, ho trovato qualche adepto su Facebook. Oggettivamente: il film non parla di granché, come dicono anche le recensioni positive. Dipende da te, da quando tu ti riveda nella Ronan.
EliminaL'altro, invece, godibilissimo. Non chiedevo altro.
Mi dirai.
Io avevo pensato un po' le stesse cose di The Edge of Seventeen, che non era malaccio, ma mi aveva abbastanza deluso.
RispondiEliminaIn Lady Bird per me c'è tutt'altra qualità di scrittura e capacità di caratterizzare i personaggi anche solo con piccoli dettagli, e c'è un crescendo nella parte finale che a me ha emozionato parecchio.
Hugh Jackman che canta e fa lo showman mi era già bastato nell'insopportabile Les Misérables, spero che con questo le cose vadano meglio...
alla fine questa lady|bird ti ha suscitato una reazione tiepidina :) e ci sta tutta, è un film imperfetto, o ti cade bene addosso, oppure no. su di me, comodissimo come già sai. mi sono visto, sentito, raccontato in cose già viste, sentite, raccontate, è vero. ma la Gerwig, secondo me, le inquadra in modo molto fresco, reale, sintetico ma preciso.
RispondiEliminaho scovato The Edge of Seventeen ma devo ancora vederlo :)
The Greatest Showman a me è piaciuto molto. Ad un certo punto tutto quel fantastico mondo delle scenografie, luci, effetti speciali è però caduto quando lui rincorre il treno. Lì si vede lontano un kilometro che il paesaggio è "finto". Per il resto solo una cosa da dire: un applauso.
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