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Il potere del cane, di Thomas Savage. Beat, € 12,90, pp. 303 |
Ci
sono soltanto due tipi di persone nel Montana di metà anni
Venti. Quelle capaci di astrarre, che vedono figure sui
fianchi delle montagne e nei cumuli vaporosi delle nuvole. E quelle,
invece, che non si spingono mai oltre il proprio naso: goffe e
terrene.
In una località rurale degli Stati Uniti, in prossimità
delle Montagne Rocciose, ad esempio c’è questa collina: aguzzando lo sguardo puoi notare un cane che corre verso destinazioni
ignote. Tu riesci a distinguerlo? La differenza delle percezioni
esemplifica ad arte il divario caratteriale tra i fratelli Burbank.
Quarantenni, felicemente scapoli, Phil e George vivono in una
fattoria dove non si contemplano né sprechi né servitù.
«Mi
ha insegnato un sacco di cose. Mi ha insegnato che se hai fegato puoi
fare qualsiasi cosa, fegato e pazienza. L’impazienza è un lusso
costoso, Peter. Mi ha insegnato a usare gli occhi, anche. Guarda là.
Che cosa vedi?». Peter alzò le spalle. «Tu vedi il fianco della
collina. Ma Bronco, quando guardava quella collina, sai cosa
vedeva?». «Un cane» disse Peter. «Un cane che corre».
Benché
siano stati i primi a godersi il privilegio della luce elettrica in
tutta la vallata, si atteggiano a cittadini umili – più braccianti
che proprietari terrieri, più servi che padroni – in nome di un
connaturato senso di modestia. Hanno una tinozza, ma fanno il bagno
nel lago. Rifiutano garze o cerotti, preferendo far seccare le ferite
all’aria. A stento, di tanto in tanto, acconsentono a cene
di gala o alla velocità
delle automobili. Ma tanto Phil è acuto e poliedrico, quanto
George è apatico e raggirabile.
Se il primo, con hobby che vanno
dagli scacchi al benjo, ha conservato lo spirito giocoso e smaliziato
di un bambino cresciuto, l’altro ha la lentezza dei lavoratori con
il cuore più grande del cervello. Con i genitori che trascorrono la
vecchiaia a Salt Lake, i Burbank smussano
la terra, spostano i buoi, parlano dei tempi andati. Non sanno che la tappa obbligata in quel di Beech, con
la mandria che intanto solleva sbuffi di polvere e gli esercenti che
si rimboccano le maniche per rifocillare gli uomini, spezzerà per
sempre il ritmo delle loro comode consuetudini. Come spesso capita, a
cambiare le carte in tavola è l’arrivo di una donna: vedova di un
medico fragile e amorevole, la bellissima Rose possiede una locanda infestata dai
fantasmi e un figlio adolescente, Peter, che attira lo scherno dei
bulli. La gentilezza di George conquista Rose e
si sposano senza dirlo ad anima viva. Da un giorno all’altro si
trasferiscono nel ranch di famiglia, accompagnati a ogni passo da
quel ragazzino con le scarpe immacolate e i Levi’s odorosi di
cloroformio, incuriosito dai segreti della natura tutt’intorno. La
convivenza dei quattro sarà infernale. Gelosie, dispetti per
primeggiare sugli invasori, attenzioni morbose, silenzi a tavola che
hanno del brutale.
«Mio figlio non è una femminuccia».
«Lo dicono tutti gli altri
ragazzi». «Perché legge. Perché pensa».
Una
narrazione ad ampio respiro, meticolosa nelle descrizioni
paesaggistiche e chirurgica nell’indagine degli spaventosi coni
d’ombra degli attanti, hanno fatto del Potere del cane un
classico da riscoprire. La voce
distesa e pacata dell’autore americano, rivalutato postumo, è un metronomo che scandisce con
precisione i capitoli di un conflitto interpersonale devastante
perché sottaciuto, che per tutto il tempo ribolle come magma
mortifero sotto la superficie delle cose. Ci illumina per fortuna la
postfazione di Annie Proulx: l’autrice di Brokeback Mountain riconosce al collega scomparso il merito di aver sdoganato il tema
dell’omosessualità negli ambienti western – nell’immaginario,
simbolo per eccellenza di machismo – e i
meccanismi di difesa che trasformano un’attrazione negata in
omofobia. Erano gli anni degli indiani confinati nelle
riserve. Di conquistatori venuti da lontano, ammaliati dalle
ricchezze dell’Ovest, e infine tornati all’ovile con la coda tra
le gambe. Della legge del più forte. Ci sono prese di coscienza,
allora, che personaggi come Phil negano a loro stessi. Il
primogenito, vissuto all’ombra di un mentore che non smette mai di
celebrare a parole, nasconde qualcosa di diverso dalla semplice
emulazione dietro il desiderio di fondersi con Bronco Henry: di
essere con lui, come lui. La vergogna diventa prima intolleranza
verso i giovani mandriani, traviati dalle
fantasticherie del cinema; poi un odio viscerale verso
la cognata, moglie trofeo che inconsapevolmente incarna quello che
Phil si nega – il sesso, l’amore, la normalità. Sopravvissuta
alla guerra e al proibizionismo, Rose è tormentata dalle risate
crudeli del parente acquisito e non bastano né il pianoforte né
l’hobby dell’origami a salvarla dalla prigionia di una stanza
rosa confetto in cui l’ozio si rivela essere amico del
vizio.
Ma
Phil sapeva, Dio se lo sapeva, cosa significava essere un paria, e
aveva odiato il mondo prima che il mondo odiasse lui.
In
un microcosmo inquieto e affascinante in cui ho ritrovato le
dinamiche di Abbiamo sempre vissuto nel castello, la potenza
di Savage crea sismi – tanto forte è la tensione sessuale da
sfogare, con le buone o con le cattive – e una tragedia moderna che
vibra delle stesse scosse elettrostatiche che anticipano i temporali. La rivelazione dell’ultima pagina, senza anticiparvi
troppo, vi lascerà a bocca aperta come davanti a un giallo. Ne
trarrà un film Jane Campion, con Benedict
Cumberbatch, Paul Dano e Kirsten Dunst.
In
Montana la terra strappata ai pellerossa era una discarica a cielo
aperto, dove le gazze banchettano tra l’immondizia e gli
scarti di macelleria. Laggiù, si diceva, il sangue era il miglior
concime. Ne scorre tanto in questa storia, improntata com’è sulla
crudeltà di Madre Natura e su quella imprevedibile del cuore degli
uomini. Può crescere fertile, così, un capolavoro sui sogni d’evasione irraggiungibili come stelle e i rischi dell'incomunicabilità. Nel silenzio generale il non detto diventa un
segreto, infatti: oggetto di ricatto e manipolazione psicologica. È un
piccolo mondo antico da liberare dalla morsa della nostalgia, in cui
il passato è impossibile da proporre e il presente è duro da
accettare. È la fine dell’età dell’oro. Vecchio e nuovo
possono convivere in pace, o il secondo rimpiazzerà violentemente il
primo nell’incessante divenire del progresso?
Il
mio voto: ★★★★½
Il
mio consiglio musicale: Hozier - Dinner & Diatribes
Io non lo so se questo libro faccia per me, però la tua recensione è talmente forte da tenere in considerazione questo volume.
RispondiEliminaÈ così intenso, così attuale, che fa per tutti. Giuro. :)
EliminaHo letto un altro libro, recentemente, di questo autore, e non mi aveva molto convinta. Però di quest'altro ho sentito parlare bene e infatti anche tu...
RispondiEliminaSe ci riproverò, saprò cosa leggere!
La regina delle greggi? M'ispira molto meno.
EliminaQuesto, garantisco, è splendido.
Non so, mi frenerebbe un po' l'epoca, più che l'ambientazione western.
RispondiEliminaPerò immagino che possa essere intrigante, specie per tutti i sottotesti che ci saranno. Magari aspetto il film, dai... :p
Moz-
Non amo i romanzi storici, ma quando l'epoca fa solo da cornice, come in questo caso, approvo. Per altro tra questo e la visione di The Nightingale il Western sta facendo furore. Peccato che non seguirò mai The Mandalorian. 😅
EliminaC'è questo ritorno al western anche moderno?
EliminaPare di sì...
Moz-
Sembra andare alla grande.
EliminaNe sarà contento anche un Tarantino!
Mi hai convinto già dalle prime righe, che le storie polverose fanno per me anche se il futuro film, con quei nomi, stuzzica quasi di più. Fortuna che a breve c'è un compleanno con relativo buono libri da poter sfruttare ;)
RispondiEliminaLo amerai moltissimo.
EliminaE il film, tra cast e regista, promette meraviglie. La Campion manca al cinema da un po'.
Mi sembra una roba un po' troppo fordiana per me. :D
RispondiEliminaAspetto il film, che è meglio...
Fordiano ma non troppo.
EliminaAnzi, è una lettura piuttosto dissacrante. Vediamo cosa farà la Campion.
Io il western classico, ma sporco lo amo, a me un po' intriga.
RispondiEliminaMe lo segno in ottica ebook, a prezzo pieno non lo prenderei mai.
Secondo me ti piacerebbe moltissimo. Il prezzo, data l'importanza del testo, è comunque più accessibile di altri in edizione Beat.
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