giovedì 21 novembre 2019

Recensione: Il potere del cane, di Thomas Savage

| Il potere del cane, di Thomas Savage. Beat, € 12,90, pp. 303 |

Ci sono soltanto due tipi di persone nel Montana di metà anni Venti. Quelle capaci di astrarre, che vedono figure sui fianchi delle montagne e nei cumuli vaporosi delle nuvole. E quelle, invece, che non si spingono mai oltre il proprio naso: goffe e terrene. 
In una località rurale degli Stati Uniti, in prossimità delle Montagne Rocciose, ad esempio c’è questa collina: aguzzando lo sguardo puoi notare un cane che corre verso destinazioni ignote. Tu riesci a distinguerlo? La differenza delle percezioni esemplifica ad arte il divario caratteriale tra i fratelli Burbank. Quarantenni, felicemente scapoli, Phil e George vivono in una fattoria dove non si contemplano né sprechi né servitù.

«Mi ha insegnato un sacco di cose. Mi ha insegnato che se hai fegato puoi fare qualsiasi cosa, fegato e pazienza. L’impazienza è un lusso costoso, Peter. Mi ha insegnato a usare gli occhi, anche. Guarda là. Che cosa vedi?». Peter alzò le spalle. «Tu vedi il fianco della collina. Ma Bronco, quando guardava quella collina, sai cosa vedeva?». «Un cane» disse Peter. «Un cane che corre».
Benché siano stati i primi a godersi il privilegio della luce elettrica in tutta la vallata, si atteggiano a cittadini umili – più braccianti che proprietari terrieri, più servi che padroni – in nome di un connaturato senso di modestia. Hanno una tinozza, ma fanno il bagno nel lago. Rifiutano garze o cerotti, preferendo far seccare le ferite all’aria. A stento, di tanto in tanto, acconsentono a cene di gala o alla velocità delle automobili. Ma tanto Phil è acuto e poliedrico, quanto George è apatico e raggirabile. 
Se il primo, con hobby che vanno dagli scacchi al benjo, ha conservato lo spirito giocoso e smaliziato di un bambino cresciuto, l’altro ha la lentezza dei lavoratori con il cuore più grande del cervello. Con i genitori che trascorrono la vecchiaia a Salt Lake, i Burbank smussano la terra, spostano i buoi, parlano dei tempi andati. Non sanno che la tappa obbligata in quel di Beech, con la mandria che intanto solleva sbuffi di polvere e gli esercenti che si rimboccano le maniche per rifocillare gli uomini, spezzerà per sempre il ritmo delle loro comode consuetudini. Come spesso capita, a cambiare le carte in tavola è l’arrivo di una donna: vedova di un medico fragile e amorevole, la bellissima Rose possiede una locanda infestata dai fantasmi e un figlio adolescente, Peter, che attira lo scherno dei bulli. La gentilezza di George conquista Rose e si sposano senza dirlo ad anima viva. Da un giorno all’altro si trasferiscono nel ranch di famiglia, accompagnati a ogni passo da quel ragazzino con le scarpe immacolate e i Levi’s odorosi di cloroformio, incuriosito dai segreti della natura tutt’intorno. La convivenza dei quattro sarà infernale. Gelosie, dispetti per primeggiare sugli invasori, attenzioni morbose, silenzi a tavola che hanno del brutale.

«Mio figlio non è una femminuccia». 
«Lo dicono tutti gli altri ragazzi». «Perché legge. Perché pensa».

Una narrazione ad ampio respiro, meticolosa nelle descrizioni paesaggistiche e chirurgica nell’indagine degli spaventosi coni d’ombra degli attanti, hanno fatto del Potere del cane un classico da riscoprire. La voce distesa e pacata dell’autore americano, rivalutato postumo, è un metronomo che scandisce con precisione i capitoli di un conflitto interpersonale devastante perché sottaciuto, che per tutto il tempo ribolle come magma mortifero sotto la superficie delle cose. Ci illumina per fortuna la postfazione di Annie Proulx: l’autrice di Brokeback Mountain riconosce al collega scomparso il merito di aver sdoganato il tema dell’omosessualità negli ambienti western – nell’immaginario, simbolo per eccellenza di machismo – e i meccanismi di difesa che trasformano un’attrazione negata in omofobia. Erano gli anni degli indiani confinati nelle riserve. Di conquistatori venuti da lontano, ammaliati dalle ricchezze dell’Ovest, e infine tornati all’ovile con la coda tra le gambe. Della legge del più forte. Ci sono prese di coscienza, allora, che personaggi come Phil negano a loro stessi. Il primogenito, vissuto all’ombra di un mentore che non smette mai di celebrare a parole, nasconde qualcosa di diverso dalla semplice emulazione dietro il desiderio di fondersi con Bronco Henry: di essere con lui, come lui. La vergogna diventa prima intolleranza verso i giovani mandriani, traviati dalle fantasticherie del cinema; poi un odio viscerale verso la cognata, moglie trofeo che inconsapevolmente incarna quello che Phil si nega – il sesso, l’amore, la normalità. Sopravvissuta alla guerra e al proibizionismo, Rose è tormentata dalle risate crudeli del parente acquisito e non bastano né il pianoforte né l’hobby dell’origami a salvarla dalla prigionia di una stanza rosa confetto in cui l’ozio si rivela essere amico del vizio.

Ma Phil sapeva, Dio se lo sapeva, cosa significava essere un paria, e aveva odiato il mondo prima che il mondo odiasse lui.
In un microcosmo inquieto e affascinante in cui ho ritrovato le dinamiche di Abbiamo sempre vissuto nel castello, la potenza di Savage crea sismi – tanto forte è la tensione sessuale da sfogare, con le buone o con le cattive – e una tragedia moderna che vibra delle stesse scosse elettrostatiche che anticipano i temporali. La rivelazione dell’ultima pagina, senza anticiparvi troppo, vi lascerà a bocca aperta come davanti a un giallo. Ne trarrà un film Jane Campion, con Benedict Cumberbatch, Paul Dano e Kirsten Dunst.
In Montana la terra strappata ai pellerossa era una discarica a cielo aperto, dove le gazze banchettano tra l’immondizia e gli scarti di macelleria. Laggiù, si diceva, il sangue era il miglior concime. Ne scorre tanto in questa storia, improntata com’è sulla crudeltà di Madre Natura e su quella imprevedibile del cuore degli uomini. Può crescere fertile, così, un capolavoro sui sogni d’evasione irraggiungibili come stelle e i rischi dell'incomunicabilità. Nel silenzio generale il non detto diventa un segreto, infatti: oggetto di ricatto e manipolazione psicologica. È un piccolo mondo antico da liberare dalla morsa della nostalgia, in cui il passato è impossibile da proporre e il presente è duro da accettare. È la fine dell’età dell’oro. Vecchio e nuovo possono convivere in pace, o il secondo rimpiazzerà violentemente il primo nell’incessante divenire del progresso?
Il mio voto:  ★★★★½
Il mio consiglio musicale: Hozier - Dinner & Diatribes 

14 commenti:

  1. Io non lo so se questo libro faccia per me, però la tua recensione è talmente forte da tenere in considerazione questo volume.

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    1. È così intenso, così attuale, che fa per tutti. Giuro. :)

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  2. Ho letto un altro libro, recentemente, di questo autore, e non mi aveva molto convinta. Però di quest'altro ho sentito parlare bene e infatti anche tu...
    Se ci riproverò, saprò cosa leggere!

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    1. La regina delle greggi? M'ispira molto meno.
      Questo, garantisco, è splendido.

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  3. Non so, mi frenerebbe un po' l'epoca, più che l'ambientazione western.
    Però immagino che possa essere intrigante, specie per tutti i sottotesti che ci saranno. Magari aspetto il film, dai... :p

    Moz-

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    1. Non amo i romanzi storici, ma quando l'epoca fa solo da cornice, come in questo caso, approvo. Per altro tra questo e la visione di The Nightingale il Western sta facendo furore. Peccato che non seguirò mai The Mandalorian. 😅

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    2. C'è questo ritorno al western anche moderno?
      Pare di sì...

      Moz-

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    3. Sembra andare alla grande.
      Ne sarà contento anche un Tarantino!

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  4. Mi hai convinto già dalle prime righe, che le storie polverose fanno per me anche se il futuro film, con quei nomi, stuzzica quasi di più. Fortuna che a breve c'è un compleanno con relativo buono libri da poter sfruttare ;)

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    1. Lo amerai moltissimo.
      E il film, tra cast e regista, promette meraviglie. La Campion manca al cinema da un po'.

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  5. Mi sembra una roba un po' troppo fordiana per me. :D
    Aspetto il film, che è meglio...

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    1. Fordiano ma non troppo.
      Anzi, è una lettura piuttosto dissacrante. Vediamo cosa farà la Campion.

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  6. Io il western classico, ma sporco lo amo, a me un po' intriga.
    Me lo segno in ottica ebook, a prezzo pieno non lo prenderei mai.

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    1. Secondo me ti piacerebbe moltissimo. Il prezzo, data l'importanza del testo, è comunque più accessibile di altri in edizione Beat.

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