mercoledì 6 settembre 2017

Recensione: Non so chi sei ma io sono qui, di Becky Albertalli

| Non so chi sei ma io sono qui, Becky Albertalli. Mondadori, € 17, pp. 248|

Avere sedici anni e portarsi un segreto dentro. Conviverci serenamente grazie all'aiuto di uno sconosciuto che sta passando gli stessi drammi. Simon e Blu, coetanei, frequentano la stessa scuola ma non si conoscono di persona. Protetti da nickname che disseminano comunque piccoli indizi sulla loro identità, sono i protagonisti di una fitta corrispondenza via e-mail. Si dicono quello che non hanno mai confessato ad anima viva. Non si imbarazzano parlando del sesso e di loro. Che sono buoni amici virtuali, o forse qualcosa di più. Che stanno venendo a patti, pian piano, con la loro sessualità. Simon e Blu, amanti delle persone gentili e delle frasi grammaticalmente corrette, si piacciono. Come dirselo, con il timore che un incontro faccia a faccia possa rovinare la magia? Come informare parenti e compagni che, se Blu dicesse di sì, Simon – che nel curriculum sfoggia un paio di ex ragazze, due sorelle, tre amici per la pelle, una coppia di genitori inopportuni ma permessivi – avrebbe all'improvviso un fidanzato?

Mi pare fosse un pensiero sulla solitudine. Ed è strano, perché io non mi considero affatto una persona solitaria. Ma c'era qualcosa di familiare nel modo in cui Blu descriveva quella sensazione. Era come se avesse preso le idee dalla mia testa. Parlava di come sia possibile memorizzare i gesti di qualcuno senza arrivare mai a conoscerne i pensieri. Di come le persone siano simili a case con enormi stanze e minuscole finestre.

Di Non so chi sei ma io sono qui mi sono accorto con un anno di ritardo. Per le medie altissime; il film in uscita il prossimo marzo, con Nick Robinson e la Katherine Langford di Tredici; il fatto che, con un tema delicato e giovani in cerca di sé, potesse essere uno di quei young adult spigliati e profondi, nello stile di Rainbow Rowell e John Green. Becky Albertalli, e con lei no, non è scattata la scintilla, si limita ad aprire una breve parentesi nella vita di Simon Spier; a lasciarci sbirciare. Parte senza preamboli, in medias res, con un bullo che viene a sapere dell'esistenza di Blu e, pur di conquistare le attenzioni della bella della scuola, ricatta il protagonista. Simon deve mettere una buona parola affinché la sua amica Abby accetti la corte di Martin, o il suo segreto sarà sbandierato in un post sul blog della scuola. I pezzi vanno facilmente al loro posto, ma al lettore sembra di essere arrivato tardi.

Parli nello stesso modo in cui scrivi.

Manca l'antefatto. Manca, purtroppo, l'assistere alla nascita della complicità tra Simon e Blu, galeotto un social network. Per la prima metà di Non so chi sei ma io sono qui ho avuto la sensazione che i personaggi parlottassero di cose da cui ero tagliato fuori. Una generazione post Tumblr, con cani che portano il nome di Justin Bieber e una buffa fissa per gli Oreo, dal linguaggio in codice che non mi interessava poi tanto decifrare. I toni sono sopra le righe e del senso dell'umorismo dell'autrice, già non troppo brillante di per sé, qualcosa dev'essersi perso in corso di traduzione (abbondano i dialoghi, non a caso cinematografici, e scarseggiano le descrizioni, in una storia che all'improvviso inizia e altrettanto all'improvviso finisce). Gli ambienti, tra musical e giornate a tema, sono quelli colorati e accoglienti di un episodio senza infamia e senza lode di Faking It. Non mancano comprimari dimenticabili (un'unica minestra di compagni e pararenti) e sfottò omofobi francamente sorpassati, su cui qui e lì ho soprassediato per la grande carineria di qualche scambio onesto e veritierio, in cui Non so chi sei ma io sono qui diventava il romanzo che avrei voluto fosse.

Ti capita mai di sentirti intrappolato dentro di te?

Una commedia degli equivoci a tinte gialle in cui la solidarietà dà il coraggio per presentarsi al mondo. Sulla superficialità di alcuni rapporti, che vanno avanti per monotonia, e sulla profondità di altri, intensi, costruttivi, che un bel giorno, nell'età della ragione, prendi e ti costruisci da te.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Kodaline – Same Love (Macklemore & Ryan Lewis)

8 commenti:

  1. Forse è una di quelle storie il cui potenziale verrà maggiormente tirato fuori in un film :) visto che è in uscita, attenderò questo perché l'atmosfera sembra gradevole ma totalmente trascurabile come lettura.

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    1. Ho dato uno sguardo alla scheda su Imdb e dei personaggi non ne manca nessuno. Lo guarderò senza grandi attese, nonostante Nick Robinson sia uno di quei giovani attori su cui scommetterei a occhi chiusi. Se non si percepisce su carta, l'affinità telematica tra Simon e Blu, ci riuscirà il cinema? Vediamo, si può fare solo meglio. :)

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  2. La versione cinematografica di questo romanzo adolescenziale... pardon, young adult, sono già pronto ad adorarla.
    Peccato che con il libro non sia scattata la scintilla, speriamo che la pellicola sia meglio. ;)

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  3. Mi lascio il beneficio del dubbio un altro po', anche se un Noi siamo tutto l'ho trovato debole su carta, debole in sala. :)

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  4. Sembra quasi una fortuna che stavolta tu abbia recensito un libro che io ho già letto, ogni volta le tue recensioni mi fanno tornare a casa carica di libri. Sappilo :P
    A me era piaciuto tantissimo, anche se mi ero sentita un po' fuori fase, forse perché Simon è fuori dalla mia ottica, forse perché i suoi problemi adolescenziali non mi hanno mai sfiorata. Decisamente perché alle volte si fa troppe paturnie (┛◉Д◉)┛彡┻━┻
    Ad ogni modo, non l'ho considerato un capolavoro, quanto qualcosa di originale e molto carino.
    Certo, potevano soffermarsi un altro po' sull'omofobia, sull'insegnate che non tollera che ciò succeda ai suoi studenti (si, ok, ma come?), però ci sta.

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    1. Ah, meno male. La whishlist tira un sospiro di sollievo, la sento sin da qui! A me non è dispiaciuto, tutto sommato, ma sul tema ho letto molto di meglio, da "Dante e Aristotele" a "L'arte di essere normale". Qui tutto troppo semplice, tutto troppo sopra le righe.
      Per dire: in una scuola alla Faking It, in cui organizzano quella strana trovata del Gender Bender, chi etichetterebbe Simon con tanta ignoranza e volgarità? Ci sono i bulli, c'è l'intolleranza, ma da una parte la Albertalli la fa troppo facile, dall'altra calca un po' la mano. Boh.

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  5. Quando lo vedevo in lingua pensavo"sarà la solita americanata senza infamia e senza lode" e, a quanto pare, non mi sbagliavo. Ormai ho fiuto.

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    1. Hai fiuto, sì. Come ho scritto, anch'io l'ho ignorato per un po, ma le bellissime parole di altri blogger mi hanno attirato. Non che loro abbiano torto, eh, ma - per dirla alla Simona Ventura a X Factor - la Albertalli non mi è arrivata, se non negli ultimi capitoli, dove la tenerezza ha la meglio.

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