sabato 20 aprile 2019

Pillole di fumetti: The end of the fucking world (Charles Forsman) | Questa è la stanza (Gipi)

The end of the fucking world, di Charles Forsman
001 Edizioni, € 16, ★★
Li ho conosciuti e adorati sul piccolo schermo. Li aspetto ormai da due anni per una seconda stagione annunciata a ciel sereno. James e Alyssa, parte di un'adorabile coppia di sociopatici, mi mancavano abbastanza da volere dare un'opportunità alla loro controparte cartacea: il fumetto di Charles Forsman, ispirazione per i primi otto episodi, se ne stava abbandonato sul comodino di mio fratello, a casa per le vacanze pasquali. Breve com'è, la curiosità di sfogliarlo ha comportato necessariamente leggerlo in un'ora scarsa di un giorno d'inizio settimana. Diciamolo subito: i tratti minimalisti e scarni da rivista satirica non sono per tutti. Non per me, che del fumetto ho imparato ad apprezzare di pari passo illustrazioni e contenuti. I buffi schizzi antropomorfi dell'autore britannico, apparsi inizialmente a puntate sul web e poi raccolti in un volumetto unico, sono proprio i fidanzatini criminali in fuga dalla provincia stagnante. Lui, dopo un'infanzia passata a uccidere e sezionare furtivamente gli animali del vicinato, sperimenta senza grande convinzione il sollievo dell'amore. Lei, finalmente distante da mamma incostante e patrigno manesco, raggiunge un padre biologico che non vincerà mai la palma di genitore dell'anno. Loro, teneri e sconsiderati, s'imbattono in assassini, satanisti e segugi armati di distintivo luccicante. Hanno quasi diciotto anni e, per farsi beffe dell'apatia, si fanno forza grazie all'illusorietà della prima volta: impossibile, forse, per degli squinternati dal cuore d'oro. La lettura non si è rivelata delle più memorabili, anzi. Mi è parsa un'occasione sprecata che, per fortuna, Netflix ha saputo far fruttare con intelligenza e ironia. I protagonisti appaiono in Forsman meno approfonditi, meno problematici. Abbozzati e bidimensionali tanto quanto il tratto a matita del fumettista che li ha ideati, sono irrisolti e sconosciuti fino all'ultima pagina. Dov'è il loro background? Dov'è il punto di vista di Alyssa, ridimensionato all'inverosimile per questione di brevità? The End of the fucking world, su carta, purtroppo non lascia granché. Né ricordi, né speranze, né sollievo, in una spirale di violenza e nichilismo senza senso. Meglio la versione telefilmica, sì. Con due attori più gradevoli (ma non troppo) di questi bizzarri sgorbi in bianco e nero. Con due personaggi più puliti (ma non troppo) dei disperati spruzzati di sangue che, nello spirito di alcune produzioni indipendenti, non troveranno mai riparo dall'apocalisse profetizzata nel titolo.

Questa è la stanza, di Gipi
Coconino Press, € 10, ★★★
In un celebre saggio la scrittrice Virginia Woolf raccontava il lusso e l'importanza di possedere una stanza tutta per sé. La necessità di un cantuccio personale si fa sentire anche durante l'adolescenza, nella provincia italiana degli anni Ottanta. Quando Giuliano e i suoi amici scalcagnati, che suonano musica da ragazzacci e a volte frequentano brutti ceffi, si vedono prestate le chiavi di un modesto garage. Con quello che un garage – fucina di note e possibilità, scrigno di un futuro quanto mai in forse – per un adolescente può rappresentare a livello più profondo, metaforico. I protagonisti hanno brutti tagli di capelli, bassi frastornanti e sale prove improvvisate. Ce li racconta il solito Gipi acquistato in edicola lo scorso inverno, che questa volta attinge a man bassa alla propria giovinezza: a quattordici anni, infatti, era voce e tastierista in una band hardcore. Giovanile, scorrevole, freschissimo, Questa è la stanza è la sua prima opera che mi ha ricordato meno la suggestione del romanzo e più la sveltezza del fumetto. I colori restano tenui e uniformi, da mirare e rimirare. La vicenda, invece, è di quelle sui migliori anni: l'andamento, insolitamente lineare, presenta qui e lì toccanti cenni personali. Nella descrizione della mamme arcigne e dei papà sognatori è impossibile non scorgere quel vissuto che, titolo dopo titolo, ho imparato a conoscere come le mie tasche: il padre dell'autore era morto da poco. Questa è la stanza è una commedia musicale energica e genuina, nello stile di Sing Street, che funziona come lettura a sé meglio delle altre opere di Gipi – complesse, confinanti, collegatissime. Ma è soprattutto un altro modo per concedersi un'occhiata alle spalle, al passato; per pensare agli incoraggiamenti e agli insulti a mezzavoce di genitori indimenticati che forse non conoscevano la Woolf, no, ma il bisogno di una via di fuga sì. Meno sperimentale che altrove, troppo educato per parlare di rock, questo Gipi minore incanta comunque con pennellate appena accennate e moltissime parole in armonia. Dove i capitoli sono scanditi da canzoni che parlano di noi, di loro, ma soprattutto di lui. Dove la musica leggera ha una stanza per farsi arte e un suo peso specifico.

6 commenti:

  1. Peccato per The End of the Fucking World... speravo che anche su carta rendesse bene e invece a quanto pare non tanto.

    Gipi vedo che ormai lo segui sempre più spesso, mentre io su di lui resto sempre più indietro... :)

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    1. I meriti, tutti degli sceneggiatori!

      Questo Gipi rock 'n' roll ti piacerebbe più degli altri. ;)

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  2. Ma il finale di The End of the fucking world? Aggiunge qualcosa all'ultima puntata?

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    1. In realtà toglie.
      Qualsiasi speranza di un prosieguo...

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  3. pensavo di fare un pensierino al fumetto di The end of the fucking world, ma mi sa che ne farò a meno!

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