"Credo
che Guille, il Guille che vediamo, sia solo un pezzo di puzzle. E
credo che sotto questa felicità... ci sia un mistero. Un pozzo da
dove forse ci sta chiedendo di essere tirato fuori."
Titolo:
Un figlio
Autore:
Alejandro Palomas
Editore:
Neri Pozza
Prezzo:
€ 16,00
Numero
di pagine: 189
Sinossi:
Guille
non ha niente in comune con i suoi compagni di quarta elementare: è
taciturno, non ama il calcio e ha sempre la testa tra le nuvole. Sarà
perché non si è ancora ambientato nella nuova scuola, dice suo
padre, Manuel Antúnez, quando la maestra Sonia lo convoca d’urgenza
in aula docenti. Sonia, però, scuote la testa. Quella mattina, prima
dell’intervallo, ha chiesto agli alunni che cosa avrebbero voluto
fare da grandi. C’è chi ha risposto il veterinario, chi Beyoncé,
chi ancora l’astronauta, Rafael Nadal o la vincitrice di The Voice.
Guille ha risposto... Mary Poppins.
La recensione
Quando
finisco di leggere un romanzo, mi piace la successiva indecisione che
provo stando impalato davanti alla libreria. Il tipico: è
adesso cosa leggo? Ma se finisco di leggere un romanzo – metti
caso, uno particolarmene deludente – e sono in piena sessione, c'è
poco da fare: la lettura seguente dipenderà dal numero di pagine,
non dall'ispirazione del momento. Al mattino, prendo i miei manuali,
faccio una conta sommaria dei capitoli che mi toccherà memorizzare
e, quando sembrano abbastanza, faccio un orecchio alla pagina. Con i
romanzi, con questo Un figlio, ho fatto qualcosa di simile.
L'ho soppesato, l'ho scorso da cima a fondo e ho visto che, con le
sue duecento pagine scarse, si prestava sì. Quasi dimentico, a
volte, preso puramente dalla scelta di libri sottilissimi e
scorrevoli, che in poche pagine possano starci d'incanto belle
storie: colpa di tanti romanzi rapidi e indolore, che si leggono e si
dimenticano; senza peso, senza importanza. Ricordo che spesso mi
sbaglio, che nella proverbiale botte piccola c'è il miglior vino,
in un pomeriggio e un po' speso in compagnia dello spagnolo Alejandro
Palomas: autore acclamato, portato qui dall'infallibile Neri Pozza,
che guarda alle cose di tutti i giorni, ai dolori grandi e piccoli,
con occhi poetici.
Il suo ultimo romanzo, che sfortunatamente è anche il primo firmato da lui che ho modo di leggere, è l'ordinaria storia di un rapporto padre-figlio, raccontata a punti di vista alterni. Guille, a nove anni, è un bambino ingenuo, sorridente, maturo: cos'è allora che mette in allerta le maestre, cosa c'è che non va? Una semplice domanda a proposito dei sogni nel cassetto, della ambizioni future, porta insegnanti e orientatrici a intervenire; a scuola, anche con una certa urgenza, chiamano il signor Manuel: padre single piantato in asso dalla moglie giramondo, che si prende cura come può di quel figlio ipersensibile e delle ferite di un amore finito male. Guille, pur cresciuto in una casa di piccoli uomini affetti da una feroce sindrome di abbandono, ha uno spiccato lato femminile che lo porta a essere deriso dai coetanei e, spesso, a discutere con un genitore che lo vorrebbe nella squadra di rugby. Il piccolo, invece, coglie margherite nei campi sportivi, vuole ballare come Billy Elliot e, soprattutto, sogna di diventare tale e quale a Mary Poppins, crescendo. Sonia e Maria, maestra e psicologa infantile, leggono una richiesta d'aiuto dietro l'insolita, ma innocente affermazione: la tata inglese della Travers, infatti, volteggiando tra una nuvola e un ritornello, risolve problemi, cura i cuori, esaudisce i desideri di felicità. Cosa non va, davvero, a casa Antunèz? Come far sì che la più cara amica del protagonista, bambina straniera destinata a un matrimonio combinato con il cugino quarantenne, laggiù in Medio Oriente, non parta per sempre? In Un figlio, fiaba commovente e tenerissima, Guille fa affidamento a una recita scolastica: deve indossare abiti femminili in pubblico, imbracciare il caratteristico ombrello scuro e ripetere la “parola magica” fino a quando le cose non torneranno a essere com'erano.
Protagonista dolce e sognatore, ma insospettabilmente forte, l'eroe in miniatura di Palomas bagna il letto, indossa qualche abito della mamma per sentirla vicina e, nei suoi disegni grossolani, si apre a confessioni impensate. Aspetta il martedì, perché di martedì arrivano le lettere di una mamma che lavora a Dubai e non prende mai un giorno di ferie, e sa che non deve entrare nello studio del padre quando, su Skype, piange e supplica la donna della sua vita di tornare da loro. Accanto a lui, un genitore non abituato alla tenerezza, chiuso nel suo dolore, ma non per questo un cattivo papà; un'insegnante che vorrebbe capire cosa passa per la testa al nostro Guille, mentre ostenta euforia; un'orientatrice che, come Mary Poppins, risolve i pasticci e va via col cambiare del vento. Chi si prende cura di chi, in Un figlio? Cosa si cela appena sotto la superficie, tra misteriosi cenni a scrigni, sirene e ultime volte? La storia di un affetto profondo, di un bisogno viscerale e, soprattutto, di un giallo psicologico da risolvere, ricomponendo il puzzle del bambino che desiderava l'impossibile. Al di là dei toni delicati, oltre la favola, in Palomas c'è una disperazione tangibile, un enigma e, vagamente, qualcosa di me: del figlio che ero e del figlio che sono. Si sorride, ci si emoziona, ma la suddivisione in quattro punti di vista – quelli di Manuel e Sonia, tra l'altro, vengono accantonati in fretta –, spesso, non appare particolarmente funzionale; ha il difetto di dilatare la narrazione, che dunque rimbalza da una voce all'altra a capitoli alterni, e di trascinarsi dietro un duro colpo di scena (intuito comunque da un po', ma non per questo meno spezzacuore). A volte, i figli badano ai genitori. A volte, i piccoli danno lezioni ai grandi, se la realtà mette alla prova e ci vuole un po' di zucchero, sana immaginazione, perché la pillola amara vada giù insieme al familiare groppo in gola; alla voglia di non alzarsi dal letto, oggi e domani. Lo spettacolo di un padre in lacrime, che turba; le grandi mancanze delle madri altrove; la vocazione di qualche insegnante, che sa leggere tra le righe. Qui, di tutto un po'. Se cantare Supercalifragilistichespiralidoso non porta a tempestivi giovamenti, in presenza di famiglie scomposte e altre catastrofi, la prossima volta provate Palomas.
Il suo ultimo romanzo, che sfortunatamente è anche il primo firmato da lui che ho modo di leggere, è l'ordinaria storia di un rapporto padre-figlio, raccontata a punti di vista alterni. Guille, a nove anni, è un bambino ingenuo, sorridente, maturo: cos'è allora che mette in allerta le maestre, cosa c'è che non va? Una semplice domanda a proposito dei sogni nel cassetto, della ambizioni future, porta insegnanti e orientatrici a intervenire; a scuola, anche con una certa urgenza, chiamano il signor Manuel: padre single piantato in asso dalla moglie giramondo, che si prende cura come può di quel figlio ipersensibile e delle ferite di un amore finito male. Guille, pur cresciuto in una casa di piccoli uomini affetti da una feroce sindrome di abbandono, ha uno spiccato lato femminile che lo porta a essere deriso dai coetanei e, spesso, a discutere con un genitore che lo vorrebbe nella squadra di rugby. Il piccolo, invece, coglie margherite nei campi sportivi, vuole ballare come Billy Elliot e, soprattutto, sogna di diventare tale e quale a Mary Poppins, crescendo. Sonia e Maria, maestra e psicologa infantile, leggono una richiesta d'aiuto dietro l'insolita, ma innocente affermazione: la tata inglese della Travers, infatti, volteggiando tra una nuvola e un ritornello, risolve problemi, cura i cuori, esaudisce i desideri di felicità. Cosa non va, davvero, a casa Antunèz? Come far sì che la più cara amica del protagonista, bambina straniera destinata a un matrimonio combinato con il cugino quarantenne, laggiù in Medio Oriente, non parta per sempre? In Un figlio, fiaba commovente e tenerissima, Guille fa affidamento a una recita scolastica: deve indossare abiti femminili in pubblico, imbracciare il caratteristico ombrello scuro e ripetere la “parola magica” fino a quando le cose non torneranno a essere com'erano.
Protagonista dolce e sognatore, ma insospettabilmente forte, l'eroe in miniatura di Palomas bagna il letto, indossa qualche abito della mamma per sentirla vicina e, nei suoi disegni grossolani, si apre a confessioni impensate. Aspetta il martedì, perché di martedì arrivano le lettere di una mamma che lavora a Dubai e non prende mai un giorno di ferie, e sa che non deve entrare nello studio del padre quando, su Skype, piange e supplica la donna della sua vita di tornare da loro. Accanto a lui, un genitore non abituato alla tenerezza, chiuso nel suo dolore, ma non per questo un cattivo papà; un'insegnante che vorrebbe capire cosa passa per la testa al nostro Guille, mentre ostenta euforia; un'orientatrice che, come Mary Poppins, risolve i pasticci e va via col cambiare del vento. Chi si prende cura di chi, in Un figlio? Cosa si cela appena sotto la superficie, tra misteriosi cenni a scrigni, sirene e ultime volte? La storia di un affetto profondo, di un bisogno viscerale e, soprattutto, di un giallo psicologico da risolvere, ricomponendo il puzzle del bambino che desiderava l'impossibile. Al di là dei toni delicati, oltre la favola, in Palomas c'è una disperazione tangibile, un enigma e, vagamente, qualcosa di me: del figlio che ero e del figlio che sono. Si sorride, ci si emoziona, ma la suddivisione in quattro punti di vista – quelli di Manuel e Sonia, tra l'altro, vengono accantonati in fretta –, spesso, non appare particolarmente funzionale; ha il difetto di dilatare la narrazione, che dunque rimbalza da una voce all'altra a capitoli alterni, e di trascinarsi dietro un duro colpo di scena (intuito comunque da un po', ma non per questo meno spezzacuore). A volte, i figli badano ai genitori. A volte, i piccoli danno lezioni ai grandi, se la realtà mette alla prova e ci vuole un po' di zucchero, sana immaginazione, perché la pillola amara vada giù insieme al familiare groppo in gola; alla voglia di non alzarsi dal letto, oggi e domani. Lo spettacolo di un padre in lacrime, che turba; le grandi mancanze delle madri altrove; la vocazione di qualche insegnante, che sa leggere tra le righe. Qui, di tutto un po'. Se cantare Supercalifragilistichespiralidoso non porta a tempestivi giovamenti, in presenza di famiglie scomposte e altre catastrofi, la prossima volta provate Palomas.
Il
mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Ermal Meta – Odio le favole
Il mio consiglio musicale: Ermal Meta – Odio le favole
Di Palomas ho in lista "Capodanno da mia madre", magari do priorità a quello, prima; comunque le cover sono entrambe meravigliose. :)
RispondiEliminaVerissimo! Tra l'altro, in lingua originale, l'altro si chiama semplicemente "Una madre". C'è una certa continuità che, in italiano, non avevo notato. :)
EliminaQualcosa nella tua bella recensione mi fa pensare che forse non è il libro adatto a me, anche se la trama mi attira molto. Stilisticamente ho idea che non mi piacerebbe. Comunque mi conviene provare: non si può sapere nulla di certo senza aver letto almeno 60 pagine....
RispondiEliminaBuon lunedì e buono studio.
Lea
Buondì, Lea! Io, ti dico la verità, non amo particolarmente autori spagnoli o sudamericani che siano - so che non sono la stessa cosa, ma vabbe', non andiamo per il sottile - però Palomas è semplice, scorrevole, piace. E ti piacerebbe, secondo me. Però, nonostante sia tutto molto emozionante, qualcosa non mi è tornata. Cosa, non so, ma parla per me la mezza stellina in meno. :)
EliminaLe storie di bambinetti in genere mi piacciono.
RispondiEliminaIl fatto però che questo qua voglia diventare Mary Poppins mi lascia un po' perplesso... :)
Di sicuro non fa parte della prole di Ford! :-D
EliminaA me, invece, non piacciono troppo. Mi sta antipatico il loro punto di vista, ecco perché puntavo alla solita, vecchia terza persona. Non va più di moda.
Non ho mai letto nulla di Palomas, la tua intensa recensione mi ha incuriosita. Io amo i bambini e la loro immaginazione mi affascina. Prendo nota :)
RispondiEliminaAllora direi che ti si addice. :)
EliminaIo ci ho provato col romanzo precedente e non sono riuscita ad arrivare neanche a metà. Il suo stile non fa proprio per me, pazienza!
RispondiEliminaNon so l'altro, ma questo è scorrevolissimo.
EliminaForse è proprio lo stile, che non ha grandi guizzi, a essere meno interessante della storia di Guille. Che è una bella storia, sì!
mai letto nulla di palomas, questo libro mi ha attirato da subito per la cover :-D
RispondiEliminal'argomento del rapporto padre-figlio mi stuzzica, comunque... Hum, potrei provare...
La cover è splendida!
EliminaSe non lo avessi già letto me ne sarei comunque innamorata con la tua recensione :) Come ho scritto da me, i punti di vista interrotti non mi hanno infastidito, mi sono sembrati funzionali nel fornire un quadro introduttivo di Guille...però sarebbe stato bello se fossero stati ripresi alla fine, a chiusura del cerchio :) Un abbraccio
RispondiEliminaUn abbraccio a te :)
EliminaMichele, finalmente poso gli occhi sulla tua recensione e mi piace davvero tanto. Ho iniziato Un Figlio, sono a metà, mi sta intenerendo e mi piace molto la figura della psicologa che ha un tatto e una delicatezza che nel lavorare con i minori è una dote non trascurabile. Spero di finirlo presto, febbre di Elaide permettendo.
RispondiEliminaAbbracci
Fammi sapere! :)
EliminaArghhh, già periodo di influenza?