mercoledì 2 febbraio 2022

Recensione: Niente di vero, di Veronica Raimo

| Niente di vero, di Veronica Raimo. Einaudi, € 18, pp. 163 |

Ci sono copertine, buffe e dolenti, che sembrano raccontare di per sé una storia. Quella di Niente di vero, in libreria dal 1° febbraio, sfoggia una smorfia irresistibile. Cosa increspa il viso della ragazza in primo piano: una risata incipiente, un dolore soffocato oppure un sentimento sfuggente, a metà tra la pazza gioia e lo struggimento? Perfetta sintesi delle contraddizioni di Veronica Raimo, questa fotografia in bianco e nero è il lasciapassare per il mondo segreto dell'autrice: una donna cresciuta in una famiglia non più disfunzionale di tante altre, che qui racconta a cuore aperto un lutto (mai elaborato), la maternità (indesiderata), il sesso (una scoperta sconcertante), l'editoria (una favola a cui prestare scarsa fede).

Possono toglierci tutto tranne i ricordi, si dice. Ma chi mai sarebbe interessato a questa espropriazione? La maggior parte dei ricordi ci abbandona senza che nemmeno ce ne accorgiamo; per quanto riguarda i restanti, siamo noi a rifilarli di nascosto, a spacciarli in giro, a promuoverli con zelo, venditori porta a porta, imbonitori, in cerca di qualcuno da abbindolare che si abboni alla nostra storia. Scontata, a metà prezzo. La memoria per me è come il gioco dei dadi che facevo da piccola, si tratta solo di decidere se sia inutile o truccato.

Romanziera, sceneggiatrice e traduttrice, non sognava di fare la scrittrice: da bambina voleva diventare una rockstar. Peccato che non abbia mai imparato a leggere l'orologio analogico, ad andare in bicicletta, a nuotare: figurarsi, dunque, a suonare il basso. Tutta colpa della pigrizia, che sin dall'adolescenza ha trasformato in fugaci pensieri astratti qualsiasi speranza di fuga. Tutta colpa della famiglia, che ha educato lei e il fratello Christian – a sua volta scrittore – all'hobby della noia. Cresciuta in un appartamento romano mutevole quanto una scenografia teatrale, senza privacy né bidet, Veronica si allontana presto dal nido, ma non c'è città abbastanza remota per sfuggire alle telefonate di mamma Francesca: una vedova pressante e un po' offensiva, strenuamente legata ai ricordi idealizzati del marito defunto, di cui cito en passant le ipocondrie legate al disastro di Cernobyl' e il pallino per lo scatolame. Veronica soffre d'insonnia. Veronica soffre di stitichezza. Veronica ha il seno piccolo, ma tutti le regalano reggiseni. Veronica non vuole bambini, ma tutti le rifilano anzitempo tutine per neonati. Tagliata fuori dal mondo degli adulti responsabili, proprio come da bambina le succedeva con i passatempi dei coetanei, firma il suo personale romanzo di formazione a quarantaquattro anni. D'altra parte, c'è forse una scadenza?

Quando in una famiglia nasce uno scrittore, quella famiglia è finita, si dice. In realtà la famiglia se la caverà alla grande, come è sempre stato dall'alba dei tempi, mentre sarà lo scrittore a fare una brutta fine nel tentativo disperato di uccidere madri, padri e fratelli, per poi ritrovarseli inesorabilmente vivi.

Brutale senza risultare respingente, brilla per la nonchalance con cui ricorre al turpiloquio e per la leggerezza con cui riduce le tragedie in freddure. Accusata da un anonimo collega di essere una narratrice troppo algida, si reinventa grazie a questo spassoso flusso di coscienza in grado ora di intenerire, ora di amareggiare. Dimenticate la prosa intricata e oscura di Ciabatti: quando si racconta, benché senza un filo logico, Raimo è una boccata d'aria fresca. Un'amica scherzosa e linguacciuta che elenca il male di cui è stata capace – atti mancati, bugie, sbagli, lacune – inconsapevole del bene ispirato, nel frattempo, nell'interlocutore. Perennemente inadeguata, preferisce farsi fotografare di spalle e, alla maniera dei camaleonti, cambia colori per non farsi riconoscere nemmeno dai parenti. Ma nella sua voce, bella anche se tormentata, risuona la pace di chi è venuto a patti con sé stesso. Una storia è un concetto ambiguo, dice a un certo punto uno dei personaggi secondari. Ambigua lo è soprattutto questa – piena zeppa di ricordi falsificati, di finali alternativi e abbellimenti di sorta, di amanti immaginari. La nostra memoria è un quadro contraffatto, un gioco truccato. La vita, dunque, non è che una bugia che raccontiamo a beneficio del prossimo. Troveremo, prima o poi, il coraggio di diventare le persone che fingiamo di essere agli occhi altrui?

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: La rappresentante di Lista - Resistere

9 commenti:

  1. Ciao Mr.Ink!
    Bella recensione, non saprei sulla storia, non ne ho afferrato l'essenza. Che dici, potrebbe piacermi?
    Gennaio è andato, ho letto molto e buoni libri.
    Ho terminato da poco "La madre di Eva", sfogliando il blog ho visto che l'avevi recensito. Libro davvero molto forte, alcuni passaggi mi hanno procurato fastidio, ma è scritto talmente bene..... davvero mi ha aperto un mondo e fatto fare considerazioni, riflessioni che mai avrei pensato. Pensiamo di sapere, ma quando leggi nero su bianco, è stata una lettura potente, direi feroce.
    Sto leggendo, o meglio, quasi terminando "Resta con me" di Elizabeth Strout. Se Olive mi aveva catturata, questo mi ha conquistata.
    Ciao, spero che stai bene 👋👋👋

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    1. Buongiorno Lory, come stai?
      Potrebbe essere una lettura diversa dalle tue, ma rigenerante: mi ha divertito moltissimo. Ora sto leggendo Fedeltà di Missiroli.
      Di La madre di Eva, letto in ebook tanti anni fa, ho ricordi forti; strazianti. Resta con me, allora, metto subito in lista: ho letto troppo poco della Strout.

      Io tutto bene, periodo un po' ansiogeno sul lavoro. Diciamo che ho risentito parecchio della battuta d'arresto del Covid, fatico a riprendere il ritmo.

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    2. Ciao Michele, che dire, Omicron impazza, su 31 ospiti del mio reparto ne abbiamo 20 in isolamento, tutti asintomatici per fortuna. Risultata positiva anch'io dopo essere fortunatamente uscita indenne dalla prima ondata terribile e le successive, stavolta ci son dentro ma è stato paragonabile a una leggerissima influenza. Per cui sono a casa, riposo, letture, film.
      Anni strani questi, il tempo sembra sfuggirti dalle mani, non bisogna lasciarsi abbattere, muoversi per quanto si può, perché non torna indietro. Speriamo che l'autunno non riservi altre sorprese, direi basta. Ora con la primavera giriamo pagina.
      In bocca al lupo per lavoro e vita, carpe Diem!
      Qualche sera fa ho visto "Life" storia dell'incontro tra un fotografo appunto di Life rivista famosa e l'astro nascente James Dean, l'hai visto?
      Non mi è dispiaciuto, credo ti piacerebbe. A volte i film intersecano i nostri stati d'animo.

      Ora sto leggendo un thriller.

      Buon fine settimana 👋

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    3. Mi dispiace, Lory, alla fine non sei scampata neanche tu: l'importante è che tu stia bene. Siamo stati fortunati comunque. Fino allo scorso anno, l'evenienza della malattia mi avrebbe terrorizzato. Abbiamo fatto, invece, passi da gigante.
      "Life" visto qualche anno fa, mi era piaciuto: Pattinson e DeHaan bravissimi, e ricordo anche una deliziosa Mastronardi.

      Buona serata, io mi godo L'amica geniale! Ci leggiamo in settimana!

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  2. I monologhi interiori non fanno per me, però apprezzo come sempre le tue recensioni.

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  3. Penso potrebbe essere nelle mie corde; mi sembra particolare (già dalla copertina, Effettivamente 😉), soprattutto se ha uno stile "irriverente" e senza peli sulla lingua.

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  4. Con una copertina così, e con un consiglio musicale così, la curiosità è alta!

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