lunedì 27 gennaio 2020

Recensione: Bartleby lo scrivano, di Herman Melville

Bartleby lo scrivano, di Herman Melville. I classici del Corriere della sera, € 7,90 |

Ci sono storie che leggi in un’ora ma che ti restano addosso per molto più tempo. Forse per sempre? Personaggi che non invecchiano, nonostante i loro centosessantasette anni, e che tutt’oggi amano restare gialli irrisolvibili. Quello, immagino, contribuisce a trasformarne il fascino in leggenda. Le cose che ci sfuggono, infatti, tendono a diventare un chiodo fisso. E il mistero di Bartleby, maestro di garbati rifiuti e di stranezze inspiegate, è ancora l’ossessione di molti. Da qualche giorno, anche la mia. Ho letto il mio primo Herman Melville per lo più come riempitivo: cinquanta pagine appena; facili da incastrare nel corso della giornata ma difficilissime da recensire. Probabilmente non l’ho capito fino in fondo, per questo alla fine del post non troverete le consuete stelle di valutazione, non me la sono sentita, ma voglio comunque consigliarlo: perché mi ha fatto innervosire, divertire, commuovere e innervosire ancora.

Preferirei di no.

La storia, breve e irrisolta, è ambientata in un palazzone affacciato su Wall Street. Il narratore, avvocato piuttosto influente, non è però lo sciacallo senza scrupoli che ci aspetteremmo da una vicenda di impiegatucci sottopagati e sommosse singolari: caritatevole e comprensivo, anzi, ambisce alla beatificazione sopportando di buon grado i capricci dei suoi dipendenti – soprannominati Tacchino, Zenzero e Pince-nez – e accettando perfino un quarto collaboratore. Bartleby è l’ultimo arrivato. Un copista grigiastro, taciturno e allampanato, che dietro un paravento verde sgobba come un mulo, sgranocchia biscotti allo zenzero e contempla il muro di mattoni rossi su cui affaccia l’unica finestra disponibile. Quanto può essere paziente il datore di lavoro, però, se a un certo punto si rifiuta di lavorare? All’inizio Bartleby si sottrae alle domande personali, ma ben presto fa orecchie da mercante anche davanti a richieste più ingenti. Risoluto ma educato, è l’artefice di una resistenza passiva che somiglia a una specie di capriccio. Benché l’avvocato reagisca con magnanimità, rifiutandosi di licenziarlo e spinto dal desiderio crescente di comprenderlo, il suo dipendente diventerà una presenza perturbante. I suoi rifiuti influenzeranno anche il vocabolario degli altri. A Broadway, oltre che delle elezioni imminenti, si parlerà anche di lui. Un fantasma di cui chiedono spiegazione anche gli altri inquilini. Un vagabondo sradicato che occupa l’ufficio, ormai, giorno e notte. Il rifiuto e lo spirito di abnegazione possono portare un individuo all’annullamento?

La pallida forma dello scrivano mi appariva ravvolta in un gelido sudario, tra indifferenti sguardi di estranei. Quella figura, così sbiadita nella sua decenza, miserabile nella sua rispettabilità, così disperata nella sua solitudine. Era Bartleby.
Scritto con un lessico vagamente burocratico, lo stile del narratore ben presto si colora e s’accalora. Ed entrano in gioco il disagio, l’inquietudine, la preoccupazione. Penso a Bartleby, infatti, come penso allo spettro interpretato da Casey Affleck nello struggente A Ghost Story. Resterebbe lì, immobile, anche se l’edificio venisse abbattuto da una palla di demolizione. Da qualche parte, oggi, è ancora dove tutto ha avuto inizio. A guardare un vicolo cieco, fantasticando su chissà che cosa. A opporsi a sfregio contro tutto e contro niente. Senza mezze misure. Irragionevole e indimenticabile. La letteratura mondiale è costellata di dubbi amletici. Essere o non essere? Chi aspettava Godot? Infine: cosa preferirebbe Bartleby?

12 commenti:

  1. Io di Melville ho letto solamente un libro.
    Quello, ovviamente.
    Ma questo mi ha sempre tentato, per quel nome proprio così particolare.
    Lo cercherò.

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    1. E quello com'è, spaventoso come credo? Questo piccolo, scorrevole, un gioiellino da custodire.

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    2. Ero ancora un'adolescente radical-chic, ma mi aveva sorpreso per quanto scritto bene e sapesse catturare pure nella descrizione di squartamento di una balena. Insomma, è con lui che ho capito cos'è un classico. La versione graphic novel della Mondadori poi riassume parecchio, ma ha certe tavole che mettono i brividi!

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    3. Mi sa che, prima o poi, mi tocca...

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  2. Come ti dicevo, lo corteggio da un pó. E dopo aver smaltito qualche lettura, lo leggerò anch'io ☺️☺️☺️☺️

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    1. Tu sei una divoratrice di libri, questo lo leggi mentre bolle l'acqua della pasta!

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  3. Meraviglioso, indimenticabile e da rileggere. Sì, credo che si dovrebbe fare ogni tanto e lo dovrei fare anch'io.
    p.s. Benedico ancora l'esame di letteratura angloamericana che me lo ha fatto scoprire.

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    1. Lo farò sicuramente anche io, sperando di coglierne sempre nuove e continue sfumature.

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  4. uno di quei libri che, per la loro brevità, hanno un che di criptico e proprio per questo conservano un fascino immortale.
    Confesso che ho amabilmente detestato lo scrivano e la sua fatidica frase, però a volte la prendo in prestito involontariamente e penso a lui... :-D

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  5. E se non l'hai capito fino in fondo tu, figuriamoci se mi ci cimento io. :D

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    1. Tu hai capito cosa volesse dire Tarantino nell'ultimo, assurdo film. Forse. Non ti sottovalutare, ahahahahah!

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