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Storia di chi fugge e di chi resta, di Elena Ferrante. E/O, p.
384, € 19,50 |
Dopo
la promessa di rivederci presto, mi sono rimangiato le
mie stesse parole: all'appuntamento con Lila e Lenù ho tardato. Mi
sono presentato con sei mesi di ritardo, io che lo scorso gennaio mi
dicevo eppure pronto, prontissimo, a proseguire nell'immediato. In
passato avevo già fatto lo sbaglio di lasciare gli intrighi del
rione per un lasso di tempo troppo lungo. Questa volta si sono
intromessi a gamba tesa il tempo che scarseggiava sempre più, gli
impegni per la stesura della tesi e qualche parere contro – in
definitiva, tutt'altro che immotivato – che descriveva il terzo
capitolo come l'ostico della serie. Avrei faticato, mi assicuravano
tutti, a tollerare gli ennesimi sgarbi fra le due amiche; accanto
all'asprezza della rapporto, inoltre, mi toccava mettere in conto
anche le difficoltà del contesto storico – non più il dopoguerra,
bensì gli anni della contestazione giovanile e del femminismo
battagliero, della tentata rivoluzione proletaria. Ho fatto bene a
frenare l'impazienza. Ad aspettare la rilassatezza di questi giorni
d'estate rinfrescati dai temporali. Sarà perché debitamente
avvisato, a sorpresa non ho fatto fatica. Anzi, quando ci sono
entrato la cosa più complicata è stato uscirne incolume: tanto
grandi sono l'immedesimazione e il trasporto, questa volta, che ho
apostrofato le protagoniste con le peggiori parole – soprattutto
Lenù, maestra di scelte incondivisibili – e per riprendermi dalla
mia arrabbiatura, dai loro passi falsi, mi ci è voluto un po'.
Capisco, adesso, la fatica della narratrice a mantenere l'aplomb
necessario, le pose innaturali di signora perbene, ritornando in una
città che ti tira fuori l'accento meridionale e la voglia di mandare
affanculo gli automobilisti incerti. Il rione, il luogo delle radici,
ti diseduca all'istante. Tornando a casa per un'occasione o per
un'altra, si ha paura di rimanere incastrati per sempre lì. Un
quartiere che è lo specchio di Napoli, o forse del mondo. Che
la secondogenita dei Cerullo, non uscendo dal seminato, sia stata
davvero lungimirante?
Abbiamo
troppa roba dentro e questo ci gonfia, ci rompe. […] Puoi copiarmi,
farmi il ritratto preciso come fanno gli artisti, ma la mia merda
resterà sempre la mia, e la tua la tua. Ah, Lenù, che ci succede a
tutti quanti, siamo come i tubi quando l'acqua gela, che brutta cosa
è la testa scontenta. Ti ricordi quello che facemmo con la mia foto
di sposa? Voglio continuare per quella strada. Viene il giorno che mi
riduco tutta a diagrammi, divento un nastro bucherellato e non mi
ritrovi più.
Lila,
madre del piccolo Rino e coinquilina senza vincoli del dolcissimo
Enzo, lavora nella ditta Soccavo. Abusata e malpagata, schiva le
mani viscide del proprietario e si trova coinvolta in una lotta
furibonda fra il sindacato e il datore di lavoro. La tensione è la
stessa che respirava da bambina, quando il tirannico don Achille
dettava legge: l'incubo, nel fermento degli anni Sessanta, è
rappresentato dagli scontri sanguinosi fra fascisti e comunisti;
dall'ossessione di Michele Solara, innamorato non corrisposto, che
potrebbe riscattare la giovane donna introducendo le tecnologie nel
calzaturificio – operaia di giorno, infatti, di notte Lila si
trasforma in un'autodidatta interessata al funzionamento dei
calcolatori. Per una buona causa,
è giusto scendere a compromessi? L'amica,
trasferitasi a Firenze, la immagina intanto come una fuorilegge da
film western.
Lenù, comprimaria assorta al ruolo di protagonista suo malgrado, prende posto ai margini: mentre gli altri si schierano in prima linea, lei ha i suoi quotidiani da spulciare; i suoi quaderni d'appunti. Reduce dal tour promozionale di un esordio inaspettatamente controverso – come se non bastassero, poi, le nozze con l'integerrimo professor Pietro: scandalose giacché celebrate con il rito civile –, collabora con L'unità e cade vittima della sindrome post parto. Invidiosa, guarda Lila dall'alto al basso. Tutt'intorno va infatti affermandosi un modello femminile che, tanto inconsciamente quanto brillantemente, la spregiudicata migliore amica incarna da anni. Che Lenù possa avere la sua rivalsa, per quanto impigrita dalla maternità e dal blocco dello scrittore, con la comparsa dell'indimenticato Nino?
Lenù, comprimaria assorta al ruolo di protagonista suo malgrado, prende posto ai margini: mentre gli altri si schierano in prima linea, lei ha i suoi quotidiani da spulciare; i suoi quaderni d'appunti. Reduce dal tour promozionale di un esordio inaspettatamente controverso – come se non bastassero, poi, le nozze con l'integerrimo professor Pietro: scandalose giacché celebrate con il rito civile –, collabora con L'unità e cade vittima della sindrome post parto. Invidiosa, guarda Lila dall'alto al basso. Tutt'intorno va infatti affermandosi un modello femminile che, tanto inconsciamente quanto brillantemente, la spregiudicata migliore amica incarna da anni. Che Lenù possa avere la sua rivalsa, per quanto impigrita dalla maternità e dal blocco dello scrittore, con la comparsa dell'indimenticato Nino?
Diventare.
Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata, ma me ne accorsi per
la prima volta solo in quella circostanza. Io
volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed
ero diventata, questo era certo, ma senza un oggetto, senza una vera
passione, senza un'ambizione determinata. Ero voluta diventare
qualcosa – ecco il punto – solo perché temevo che Lila
diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il
mio diventare era diventare dentro la sua scia. Dovevo
ricominciare a diventare,
ma per me, da adulta, fuori di lei.
Si
parla di piacere sessuale e pari opportunità. Di matrimoni di cui ci
si stanca in fretta. Di personaggi meno numerosi che in passato, che qui si muovono però anche su altri sfondi –
tutto il mondo, in fondo, è paese. Sono gli anni del terrorismo
d'estrema sinistra e della confusione, delle droghe da sperimentare,
delle rimostranze in pubblico e in privato. I telefoni fissi non
tacciono un attimo, e la bolletta della luce sarà salatissima. Sono
le interurbane delle amiche per curiosare nella reciproche vite, gli
squilli di un flirt.
Elena
Ferrante, spietatissima, le mette in vivavoce. A Lila e Lenù fa le
pulci. Ce le rende due serpi antipatiche e opportuniste: sgradevoli
ma perfino più che umane, sovrumane. Io, che da grande amerei fare
questo mestiere, sarei in grado di raccontare il peggio dei
personaggi principali – di una saga, per di più – senza aver paura di
allontanare il lettore, che a torto giudica il libro in base
alla simpatia del protagonista? Saprei volere male, non soltanto
bene, alle mie creature; ai figli miei?
Volevo
che si acquietasse ma lei non ci riusciva, mi rovesciava addosso
frasi in disordine: non farmi leggere più niente, non sono adatta,
mi aspetto da te il massimo, sono troppo sicura che sai fare di
meglio, voglio
che tu faccia meglio, è la cosa che desidero di più, perché chi
sono io se tu non sei brava, chi sono?
Ho
terminato Storia di chi fugge e di chi resta affascinato,
turbato, ammiratissimo. Per le vie poco concilianti che imbocca, pur apparendo sempre coinvolgente. E per quei lati oscuri che mi
metterebbe in soggezione scandagliare. Oggettivamente meno
accattivante degli altri, è un plumbeo ingresso nell'età della
ragione: mancano le magiche suggestioni di un'infanzia da monelle, o
la spensieratezza dell'estate dei diciotto anni in quel di Ischia. Il
terzo romanzo, un giro di boa, sa destabilizzare: manca il carisma di
Lila, c'è troppa Lenù per i miei gusti, e la stizza indicibile
verso l'epilogo ti farebbe dire alla storia grazie tante, a
mai più rivederci. Ci si aspettava, infatti, un consolidamento; un
capitolo filler. Ma
l'autrice, piuttosto, ne fa una prova del nove per testare la fedeltà
dei lettori, per vedere se – come da titolo – fuggiranno o
resteranno. Signora Ferrante, io resto.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Luigi Tenco – Ciao amore, ciao
Ho letto solo il primo della serie e come te mi sono ripromessa di non far passare troppo tempo per leggere il seguito ma come spesso capita la vita reale è ricca di imprevisti. Sicuramente li leggerò tutti e complimenti per la recensione mi hai incuriosito ancora di più nel proseguire.
RispondiEliminaGrazie mille, e vai tranquilla. Il secondo si legge in un lampo.
EliminaPer carità, sono rimasta anche io (nonostante la pesantezza delle riflessioni di Lenù, santa creatura ma che due palle), tanto che sto leggendo il quarto capitolo anche perché obiettivamente il terzo termina con un cliffhanger non da poco.
RispondiEliminaMa l'odio che provo per Lenù (e Nino, porco giuda, Nino) è pari a quello provato per altri odiosissimi personaggi di un altrettanto intollerabile "capolavoro" della letteratura moderna italiana: La solitudine dei numeri primi.
La differenza grande, secondo me, è che la Ferrante li rende odiosi volontariamente, giostrandosi da Dio nei loro turbamenti; quelli di Giordano, invece, mi erano parsi soltanto mal riusciti.
EliminaEcco, tu hai ceduto, io lo osservo ancora da lontano. Forse mi ci dedico in autunno, un po' spaventata dal giro di boa che mi condurrà verso l'età adulta delle protagoniste, ben lontana da infanzia e spensieratezza. Tu impeccabile, come sempre :)
RispondiEliminaGrazie, Anna.
EliminaL'autunno gli si addice, ma è d'estate, complice il tempo libero, che cedo più volentieri ai (falsi) mattoncini. :)
Sono andata a rileggermi per capire cosa ne pensavo davvero, nonostante il tempo passato. E sì, continuo a preferirgli il numero due della saga ma qui nonostante l'odio dei protagonisti, mi sono trovata avvinta.
RispondiEliminaMi si era poi insinuato il dubbio visto lo stile diverso delle pagine dedicate a Lila che va a ricongiungersi a quell'inizio del tutto: che sia davvero lei a scriverle? Io resto convinta di sì.
Vado a rileggerti anche io, che ai tempi non potevo fare altro che commentare e promettere: prima o poi ti raggiungerò. :)
EliminaE ma non vale, cosi mi fai fremere dalla voglia di riprendere la serie!! Sono ancora ferma al primo >_<
RispondiEliminaRiprendi presto, altrimenti ti scordi!
EliminaAnche io non ho potuto fare a meno di restare in compagnia dei personaggi della Ferrante, solo che non ho potuto resistere a lungo perché la curiosità era troppa ☺️☺️
RispondiEliminaSono contenta ti è piaciuto anche questo volume 😊😊
Non avevo dubbi ma, ragionevolmente, lo tenevo un po'.
EliminaSempre più convinta che devo iniziare questa serie... :-O
RispondiEliminaDevi, devi, devi!
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