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Il mistero del London Eye, Siobhan Dowd. Uovonero, € 14, pp. 256 |
Il
nome Siobhan Dowd potrebbe non dirvi niente. L'autrice irlandese,
stroncata da un cancro all'età di quarantasette anni, era una
presenza tutt'altro che in secondo piano nel bellissimo Sette minuti dopo la mezzanotte – oggetto, quest'anno, di una
trasposizione cinematografica altrettanto struggente.
L'idea dell'albero che si liberava delle radici e passava a trovare
Conor, tredicenne con una perdita da metabolizzare e un
ingiustificato senso di colpa, era di Siobhan. Che tra le
pagine parlava di malattia, e della sua. Che si spegneva prima del
punto fermo, dell'ultima fiaba del mostro.
Patrick Ness, vincitore come la collega della Carnegie
Medal, l'ha ultimato per non lasciare che un capolavoro dell'infanzia
prendesse polvere in un cassetto. C'era la curiosità forte di
leggere una Dowd senza intermediari; ancora tra noi. L'occasione si è
palesata al mercatino del primo sabato del mese. Su una
bancarella, ho trovato il suo esordio per soli due euro. Il mistero
del London Eye è un giallo
capitanato da due fratelli, Ted e Kat: il primo ha dodici
anni e un diverso sistema operativo nel cervello, l'altra ne ha due
in più e il pallino per lo shopping al centro commerciale. A Londra
è primavera, ma un temporale è in arrivo. Somiglia a una grandinata
che minaccia di farti rimanere a casa e al temperamento di zia
Gloria: fumatrice incallita, divorziata senza drammi, mamma di un
ragazzino da portare volente o nolente a New York. Salim è
passato a salutare i cugini prima di trasferirsi. Propone un giro sul
London Eye, perché ama gli edifici imponenti, le altezze, e lassù
non ci è mai stato. I ragazzi sono in fila, quando Salim decide di
saltare la coda e di accettare il biglietto da uno sconosciuto che
all'ultimo momento si è tirato indietro per colpa delle vertigini:
sale, salutato dai parenti, e quaranta minuti dopo non scende.
Sul
mio cervello gira un sistema operativo diverso da quello delle altre
persone. Vedo cose che loro non vedono e a volte loro vedono cose che
io non vedo. Per quanto mi riguarda, se Andy Warhol era come me,
allora un giorno sarò anch'io un'icona culturale. Invece che per le
lattine di zuppa e divi del cinema, io sarò famoso per le mie
previsione del tempo e per l'abbigliamento formale e andrà bene
così.
Da
Shutter Island e
Contrattiempo, i thriller
insegnano che è possibile sparire in una stanza chiusa a doppia
mandata. E in cima a un enorme ruota di bicicletta, che sfida
le nuvole, la gravità e le partenze dell'ultimo minuto? Coma ha
fatto Salim a volatilizzarsi? Kat, spiccia e razionale, pensa a una
fuga o a un rapimento; Ted, uno Sherlock Holmes in erba, prende in
considerazione perfino l'idea dell'autocombustione. A raccontarci
un'indagine intrigante quanto basta e intrisa di leggerezza, è lui, il piccolo di casa. Affetto come l'adorabile
protagonista di Atypical da
una forma di autismo ad alto funzionamento, ha hobby inconsueti (le
previsioni metereologiche, gli abiti eleganti), scarse interazioni con i coetanei (non
coglie i doppi sensi e le metafore, non regge gli sguardi altrui, non sa
leggere i volti) e un'intelligenza sviluppatissima (se la polizia
brancola nel buio, sappiamo che lui troverà comunque tutte le
risposte). Amo i personaggi fuori dall'ordinario, affatto i narratori
bambini. Il caro Ted, “neek” precoce e bizzarro con una famiglia
a soqquadro, non mi ha ispirato purtroppo gran simpatia; non sono mai
entrato nella sua testa per capire cosa avesse di diverso dalla mia.
Del Mistero del London Eye tessono
ovunque le lodi, ma io l'ho trovato scritto bene, scorrevole e nulla
più; troppo infantile per i miei gusti. Un genietto si racconta. Suo cugino è scomparso. Il pretesto del giallo, però, desta scarsa
preoccupazione, qualche sorriso centellinato e una profonda
tristezza, quella sì, per una scrittrice andata via prima del tempo.
Ci saranno modi migliori per riscoprirla, confido, e renderle più
degnamente omaggio.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: The Cranberries – Just My Imagination
L'ho finito sabato in spiaggia. Francamente mi è piaciuto, ma penso ad un pubblico di lettori che può andare dagli 11 ai 15 anni.
RispondiEliminaIo intanto ordino La bambina dimenticata dal tempo e a questo libro ripenso con calma.
Ciao e buon lunedì.
Lea
Come sai, Lea, ai target non bado molto.
EliminaAdoro ancora, per dire, i romanzi del Battello a Vapore alla mia veneranda età. Però questo l'ho trovato troppo per piccoli, troppo limitato. L'accoppiata Dowd-Ness mi ha viziato, dici?
Sette minuti è un libro che definirei POTENTE.
EliminaPer la Dowd voglio prima leggere la produzione completa: sono pochi libri purtroppo.
Sì, ho letto i titoli alla fine del Mistero del London Eye. M'ispira soprattutto il vincitore della Carnegie.
EliminaMi sa che non fa troppo per me, visto che già Sette minuti dopo la mezzanotte non mi ha entusiasmato.
RispondiEliminaChe poi l'idea avuta da Siobhan Dowd poteva anche non essere male, peccato che al cinema abbiano fatto doppiare l'albero a Liam Neeson e lì, più che struggente, a me personalmente ha cominciato a suonare tutto ridicolo. :)
Ma a me Neeson sta comunque meno antipatico di un Luca Ward. ;)
Eliminaio tutto sommato questa volta salto...
RispondiEliminaSenza rimpianti.
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