Tredici
anni fa, non ancora decenne, l'esimio blogger che scrive scopriva una
pellicola spiacevole e melanconica assai. Narrava la storia degli
orfani Baudelaire, straordinariamente brillanti e tremendamente
sciagurati insieme, sopravvissuti all'incendio della loro magione.
Dolo o accidente, si domandava il grazioso cherubino – dotato, al
tempo, di un adorabile doppio mento e di un paio di occhialini
tondeggianti che gli conferivano fascino estremo? Egli seguiva con il
fiato in gola il peregrinare di quelle anime miserevoli: Violet,
dalle fluenti chiome ramate e dalle scaltre trovate; Klaus, a cui
l'infante spettatore invidiava lo sconfinato sapere encicolpedico;
infine Sunny, tenera bimba dai denti adamantini e dall'idioma
inintellegibile. Chiusa proverbialmente una porta, per quel trio di
protagonisti dickensiani si dischiudeva un portone: padrone di casa,
ahiloro, un lestofante di attore dotato di velleità artistiche e
brama di possesso. Oltre ad essere stato maledetto da un'espressione
arcigna, i capelli scarmigliati e la figura allampanata, il Conte
Olaf portava in spalla un'altra croce: di lì a poco, le scolaresche
delle nuove generazioni – vessate da allarmi meningite, risvoltini,
Benji e Fede – lo avrebbero confuso con il quasi omonimo pupazzo di
neve di Frozen. Al
danno, ordunque, si sarebbe sommata la beffa. Chi può biasimarlo se
l'indignazione verso l'inedia, Madre Natura e
Let it go lo portarono a macchiarsi di atti nefandi? Chi
possiamo incolpare per il mesto andazzo di quello script pazzo? Una
serie di sfortunati eventi, visto e rivisto presso il cinematografo, raccoglieva in
un'ora e mezza tre di tredici romanzi. Il blogger di cui sopra
ridacchiava sommessamente davanti ai lazzi funambolici dell'istrione
Jim Carrey, al pensiero stupendo di una Emily Browning cresciuta e
all'amara consapevolezza di come la trasposizione facesse un
ignominioso ma piacevole taglia e cuci. Cresciuto in altezza e beltà,
il blogger aspettava che Lemony
Snicket e i suoi orfani avessero di che rallegrarsi,
finalmente, con una gioia chiamata Netflix. Otto episodi, una seconda
stagione confermata ancora prima di cominciare, la generosa
benedizione di un romanzo trasposto ogni due puntate. Restavano la
piromania, il cordoglio, i figuranti bislacchi e l'infruttuoso errare
da un tutore all'altro: perseguitati com'erano da simboli massonici,
disdette e scellerate compagnie teatrali. Una sigla cacofonica
invitava a distogliere lo sguardo, a preferire la compagnia della
concorrenza. L'impavido blogger, tuttavia, già una volta non aveva
abbandonato la sala per rifugiarsi in quella limitrofa, in cui
proiettavano qualcosa di ben più gradevole. Non aveva riposto i
volumi presi in biblioteca – purtroppo letti senza un criterio
preciso – quando il narratore gli aveva consigliato di passare al
deviante sfarfallio di Stephenie Meyer. Una
serie di sfortunati eventi conserva anche in pillole
l'ironia antifrastica, i toni foschi e le violenze ributtanti ai
danni di collezionisti di serpenti, linguiste agorafobiche,
carpentieri sodomiti in segherie da incubo. Ci sono i colori pastello di Wes
Anderson, che esplora il lato oscuro e i siti in cui lo si accusa
sovente di contribuire al diabete mellito. I travestimenti di un
adorato Neil Patrick Harris, che dimostra di non fare faville soltano
nelle feste mascherate con pargoli e marito cordinati al seguito. Il
narratore onnisciente, gli usi spropositati di avverbi modali,
sprazzi di abusi di minore e di pazienza. Per questione di eccessiva
fedeltà filologica, infatti, Una
serie di sfortunati eventi ribadisce per sei dei suoi otto
episodi l'assodato, con sporadiche aggiunte di retroscena inediti e
comprimari ignoti – il banchiere credulone, gli esilaranti
scagnozzi del Conte, quelli che hanno tutta l'aria di essere agenti
segreti. Per le troppe visioni del film di Brad Silberling, fallace
ma memorabile, il blogger avrebbe però dedicato meno spazio a
vicende note a menadito, da cui Una
serie di sfortunati eventi – nuovo ma, per questa
stagione almeno, non abbastanza – si distacca giusto in conclusione.
C'è la magia delle fiabe politicamente scorrette e, presto,
sopraggiungono l'ovvia ripetitività e una specie di diletto. Quello percepito da spettatori
che si compiacciono di essere nei loro principeschi baldacchini, con
i tigrati europei ai piedi e un piatto di spaghetti alla puttanesca
da piluccare lì accanto, mentre intanto i Baudelaire si struggono e
arrancano. Piaghe purulente, gotta e meteorismo a chiunque non
digerisca alici, capperi e olive, o si dichiari troppo fragile di
cuore per romanzi d'appendice similmente pietosi e rocamboleschi.
(7)
Arrivata alla seconda puntata posso dire che per ora mi piace parecchio e che Harris non fa rimpiangere Carrey nei panni del Conte Olaf. Anche i "retroscena" e quel minimo di cambiamento alla storia non mi dispiacciono anche se, come ho scritto da Lisa, vorrei proprio vedere lo spettatore ignaro davanti a un simile telefilm, forse troppo "per adepti" per essere davvero apprezzato.
RispondiEliminaSai cosa? Io che eppure lo adoro e l'ho aspettato a lungo, qui e lì mi sono trascinato la visione. Colpa di Netflix, che fa vedere le sue serie tutte insieme: un episodio a settimana mi avrebbe divertito molto, molto di più. Colpa della voluta ripetitività, che fa parte della struttura stessa dei romanzi. Per una volta, l'essere meno legati al materiale di partenza (pur mantenendo intatto lo spirito di Snicket, e quello c'è), avrebbe giovato. :)
EliminaVedi? Viziati da Netflix siete! Gli sfigati come me che per forze di causa maggiore non possono spararsi la maratona si gustano le serie poco a poco e infatti a me pare leggero come una piuma :P
EliminaE te lo godi di più tu, fidati. ;)
EliminaIo però Netflix non ce l'ho: ossia, ho solo il mese prova, ma non rinnoverò. La serie era in streaming il giorno stesso.
Verissima questa cosa.
EliminaAnche a me capita di preferire guardare un episodio una tantum piuttosto che spararmi una serie in poche ore, soprattutto se sono serie che seguono un canovaccio standard in ogni episodio.
A me sta succedendo per esempio con Scream Queens 2 che ho dovuto centellinare perché mi stava venendo a noia seguirlo d'un fiato.
Io, Pirkaf, non sono proprio tipo da maratone.
EliminaEcco perché mi ritrovo con serie storiche, purtroppo, mai recuperate. Mi viene l'ansia, con tutti gli episodi a disposizione: sarà che sono facilmente annoiabile, di mio. Ma sì, dividilo pure Scream Queens 2, altrimenti non si può tollerare.
Altra serie da recuperare, quella che mi farà capitolare al cospetto di Netflix. Ma, visto il rischio di overdose, le puntate le guarderò a spot, spalmate lungo il mese di prova.
RispondiEliminaViva Olaf, quello senza carota!
Baci, Stefi
Saggia scelta. ;)
EliminaBello il post, un po' meno la serie...
RispondiEliminaMi mancano ancora gli ultimi 2 episodi, ma i primi 6, anche se mi hanno divertito qua e là, li ho trovati piuttosto noiosetti e ripetitivi.
Capisco che che il meccanismo della ripetitività fosse presente già nei libri, però questa volta Netflix non ha dato il suo massimo. :(
Ma i fan, lo riconosco, sono brutte bestie. Non avrebbero apprezzato altri stravolgimenti: il film con Carrey, che eppure ai tempi mi piacque moltissimo, era tutto stravolto.
EliminaE Lemony Snicket quello è: un contentino per i fan. Con tutti i suoi oggettivi limiti.
Però mi sono divertito. :)
Nonostante il mio poco entusiasmo e i miei tanti sonnellini, mi sento pronta e temprata per una seconda stagione più scoppiettante e si spera meno ripetitiva. Per fortuna, ho un anno -giusto?- da aspettare.
RispondiEliminaEh, ma mi sa che la ripetitività è il suo tratto principale.
EliminaA un certo punto le cose si smuovono, ma sono tredici libricini e non saprei dirti esattamente quando.
Sono molto curioso, la comincerò presto... appena finita la seconda stagione di The Man in the High Castle :)
RispondiEliminaThe Man in the High Castle è un'altra cosa che ho sempre voluto vedere!
EliminaHo visto i primi due episodi e mi sono piaciuti molto. Sto preferendo questa serie al film con Jim Carrey e mi duole perché lo adoro, ma Neil Patrick Harris è fantastico e la più piccola dei fratelli Boudelaire mi fa troppo ridere!
RispondiEliminaSicuramente la guarderò un episodio o due a settimana, di più mi stuferebbe.
E fai benissimo. Così facendo, ti piacerà anche più che a me.
EliminaPensa che io l'ho visto in due giorni...
Ti giuro che ho letto tutto il tuo post con in testa la voce di Lemony Snicket! ^^
RispondiEliminaHo finito l'altro ieri la serie e mi è piaciuta davvero tantissimo! Innanzitutto un'estetica grandiosa, che mi ha ricordato per certi aspetti davvero molto quella di Wes Anderson. Poi, cast spettacolare: dai fratelli Baudelaire (Sunny *_*) al Conte Olaf, a Lemony Snicket, insieme a tutti i personaggi secondari (spesso delle vere e proprie guest star, ma magari il pubblico italiano non se ne accorge immediatamente).
La storia parte un po' in sordina all'inizio, ma ho notato che è una caratteristica di tutte le serie targate Netflix, ma alla fine ti incolla davvero allo schermo. Persino la sigla, che inizialmente non mi piaceva affatto, adesso mi è entrata in testa e non accenna ad uscirne!
Ti ringrazio, Penny :)
EliminaIl film è uno dei miei preferiti, ora devo trovare il tempo e vedere la serie anche se devo dire che vedere gli stessi personaggi con volti diversi sicuramente mi farà molto strano!
RispondiEliminaSono al qyarto episodio e mi sta abbastanza piacendo, anche se non eccessivamente... rireró le somme alla fine...
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