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lunedì 11 dicembre 2017

Pillole di recensioni: Assassinio sull'Orient-Express | La figlia del dottor Baudoin

Titolo: Assassinio sull'Orient-Express
Autrice: Agatha Christie
Editore: Mondadori
Numero di pagine: 210
Prezzo: € 13,50
Il mio voto: ★★★
Qual è il colmo per un blogger che vive di romanzi? 
Non aver mai letto prima d'ora Agatha Christie.
Qual è il colmo per un romanzo interamente ambientato a bordo di un treno? Leggerlo su un Frecciabianca guardando gli altri passeggeri con occhi un po' sospettosi e sperando che nessuno di loro scambi l'ironia per minaccia. Ho scelto proprio Assassinio sull'Orient-Express per apprezzare a colpo sicuro la madre del giallo inglese e per una compagnia a tema durante un viaggio lungo sette ore. In sala, intanto, l'incentivo dell'ultima trasposizione firmata Kenneth Branagh. L'intreccio lo si sa a campanello: c'è un convoglio di lusso che viaggia sotto la neve, d'inverno, da Instabul a Calais. Ospita passeggeri disparati, per sesso, provenienza ed estrazione sociale. Microcosmo itinerante di vite sconosciute che in realtà hanno tutte qualcosa da nascondere; mille e un segreto a unirle. All'improvviso, un urlo nella notte. La vittima, pugnalata più volte nella propria cabina, è Samuel Edward Ratchett: gangaster sotto falso nome, sfuggito alla giustizia dopo l'omicidio di una bambina rimasto impunito. Chi (non) lo voleva morto? Indaga l'immancabile Poirot: la testa tonda, i baffetti impomatati, la propensione tutta sua nel trovarsi al posto giusto nel momento sbagliato. I sospetti: dodici. Su un mezzo che sembra un teatro di posa, Poirot smuove le acque e scandaglia con ordine esemplare. Ispeziona le storie personali dei passeggeri, i loro bagagli pesanti, la solidità degli alibi. Per questione di gusto, però, ammetto di averla trovata pesante, a tratti, quella struttura troppo reiterata, troppo schematica: da manuale, verissimo, ma lontana da me. Che alla precisione delle risposte premetto la confusione delle domande. Che al metodo della giustizia preferisco invece il caos dei peccatori. Classico, teatrale, rigoroso, Assassinio sull'Orient-Express mi ha rivelato che il treno del talento di Agatha Christie non è passato, no. Sa divertire. Soprattutto sa sorprendere, se ignari come me dei risvolti di un finale tanto noto – un po' macchinoso, un po' improbabile, ma sorprendente, sì. Molti giallisti hanno percorso questa stessa tratta: sono passati da qui, da lei. Ma altrettanti, la bellezza di ottantadue anni dopo, per fortuna sono andati anche oltre.

Titolo: La figlia del dottor Baudoin
Autrice: Marie-Aude Murail
Editore: CameloZampa
Numero di pagine: 208
Prezzo: € 15,90
Il mio voto: ★★★+
Il dottor Baudoin ha uno studio medico in centro, un collega che è il suo esatto opposto, uno squadrone di figli che crescono. Tutte e tre le cose gli danno da pensare. Se l'ambulatorio è diventato “una sfilata di stitici e rompipalle”, se lavorare fianco a fianco a quel Vianney Chasseloup troppo ligio e propositivo gli ricorda quanto sia diventato scostante con l'arrivo dei cinquanta, a insospettirlo è piuttosto il comportamento di Violaine – la figlia maggiore, quella che scopre il sesso e le responsabilità, mentre i restanti fratelli pensano ora agli abiti firmati, ora ai videogiochi. La figlia del dottor Baudoin è andata a letto con un coetaneo, più per sfida che per amore. Violaine non è noiosa come le dicono i compagni di scuola: visto? Violaine, matura ma a volte troppo avventata, non è pronta a diventare madre. C'è la vita che cresce in lei e a poco serve fingere una comune influenza; a poco basta rimandare a domani una gravidanza indesiderata. Il secondo romanzo che leggo dell'instancabile e apprezzata Marie-Aude Murail parla di tutti loro – inserito nella collana Le Spore come young adult, ma intergenerazionale e senza peli sulla lingua come solo certe commedie francesi sanno. Baudoin: un umorismo caustico che si spreca e prescrizioni facili per togliersi presto di torno il disturbo dei pazienti. Chasseloup: gli occhi dolci nonostante un'infanzia difficile, un gatto randagio detto Cassonetto e una fiducia cieca non nei farmaci, bensì nell'ascolto dell'altro. La vulnerabile Violaine che, nel dubbio, proprio al giovane Chasseloup si rivolge per non sbugiardarsi davanti a papà. A unirli e dividerli, nell'arco dell'intero romanzo, un ascensore che sale e che scende. Una visione antitetica ma magicamente complementare dell'etica professionale, dei rapporti interpersonali, della vita. Una scrittura frizzante, autoironica, che parla dell'aborto senza sconfinare mai nel buonismo – anzi, sulle interruzioni volontarie di gravidanza apre con violenza gli occhi – ma che potrebbe prendere in contropiede chi, come me, non aveva messo nei patti questa struttura corale. Si parla di ripensamenti. Di segreti. Di confronti che fanno crescere a qualsiasi età. La decisione finale, insomma, spetta all'adolescente o agli altri? Nella Murail non ci sono né risposte giuste né risposte sbagliate. E, forse a malincuore, un personaggio a cui spetti davvero l'ultima parola, in un cicaleggio di punti di vista distanti, con al centro un tema caldo e un po' di confusione intorno. La figlia del dottor Baudoin mi è piaciuto ma, semplicemente, non è il romanzo che avrei sperato di leggere.