Abitano
in una valle in cui non succede mai nulla. Pur di sfidare
l'immobilismo, vivono le loro vite a velocità folle. Con le marmitte
truccate e senza casco; il vento a spettinare loro i capelli. Li vediamo
radunati sulle sponde di un lago in cui, ogni tanto, si registra un
annegamento. In coda alle giostre del luna park, con le tasche dei
jeans ingrossate dai gettoni degli autoscontro. Sulle piste di
skateboard e nei pub col parquet appiccicoso di birra. Tutto è un
gioco: perfino spaccarsi la testa. Siamo a Heillange, una cittadina
di frontiera all'ombra degli altiforni. Le fabbriche, ormai chiuse da
un pezzo, incombono sugli abitanti come carcasse in putrefazione. È
lì, negli anni dei Nirvava e delle vaccinazioni antitubercolari, che
si muovono tre protagonisti con nulla in comune se non il fatto di
essere giovani da morire.
All'orizzonte
il cielo aveva preso colori esagerati. Inebriato, mollò il manubrio
e spalancò le braccia. La velocità faceva sbattere i lembi della
canottiera. Chiuse gli occhi per un istante, con il vento che gli
fischiava nelle orecchie. In quella città mezza morta, Anthony
filava a tutta birra, pieno di brividi, giovane da morire.
Anthony,
robusto e con un occhio pigro, si mette spesso nei guai pur di
forzare il destino: sempre in cerca della ragazza più bella, della
festa piu divertente, incappa nelle spire della piccola criminalità.
Hacine, immigrato marocchino, spera di diventare qualcuno attraverso
lo spaccio: ruberà la motocicletta sbagliata al ragazzo sbagliato,
portando in famiglia venti di tragedia. E poi c'è Steph, figlia di
un aspirante assessore, indifferente alle attenzioni di Anthony:
innamorata del classico bad boy, è il sogno erotico di grandi e
piccoli e, segretamente, fantastica di trasferirsi nella capitale.
Parigi appare lontanissima: esiste soltanto nei film in bianco e
nero. Com'è possibile affrancarsi dalla vita mediocre degli adulti,
fatta di lavoretti in nero e sussidi statali? C'è futuro per gli
adolescenti, che escono tutte le sere senza mai sapere bene dove
andare? Assetati di un altrove che si trova chissà dove, i
protagonisti bruciano gli anni migliori nella noia esistenziale.
Hanno madri single e padri gravemente depressi, un'idea sorpassata
della mascolinità e, in cuffia, una playlist con le hit più
indimenticabili degli anni Novanta.
Da
mesi prometteva a suo padre di andarlo a trovare. Ma aveva paura di
vedersi di ronte un fantasma. Coralie lo aiutava anche in questo. Il
retaggio impossibile e la morte che incombe. Lo prendeva per mano,
gli diceva: “Scopami forte, tesoro mio”, cose semplici che aprono
crepe nella solitudine.
Il
bravissimo Nicolas Mathieu, nell'arco di otto anni, ci racconta
quattro estati di un gruppo di diseredati teneri e smaniosi.
Lunghissimo, ma all'apparenza povero di eventi, il suo esordio vive
d'atmosfere palpabili. Come nel migliore cinema francese, è quasi
possibile percepire l'odore zuccherino del sudore adolescenziale; gli
umori viscosi del sesso, consumato goffamente in macchina o nelle
tende da campeggio; l'oscillazione ipnotica delle code di cavallo e
l'elettricità di quei temporali estivi prima preannunciati, infine
abortiti. In un epilogo da incorniciare, splendido e simmetrico, la
rabbia si depositerà come polvere. Ci sono i mondiali, si brinda e
ci si abbraccia disinteressati ai trascorsi personali, si acquistano
TV fuori budget: improvvisamente è un bel momento per essere giovani
e francesi, per bearsi della “terribile dolcezza
dell'appartenenza”. E i figli dopo di loro è il romanzo da leggere
su un treno per il nord, quando al termine delle ferie ci si lascia
alle spalle con un po' di commozione la provincia amata-odiata che ci
ha visti crescere. Per dire addio all'estate, finita troppo in
fretta. E, se come me si ha già trent'anni, anche alla giovinezza che fu.
Il mio voto:
★★★★
Il mio
consiglio musicale: Nirvana – Come As You Are