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La torre d’avorio,
di Paola
Barbato.
Neri
Pozza,
€ 20,
pp. 416
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Mi dichiaro colpevole. Avevo dimenticato quanto brava fosse Paola Barbato. Autrice tanto talentuosa quanto prolifica, ha scritto tutto e dappertutto: dai fumetti per Bonelli ai romanzi a puntate su Wattpad. Elegante come non mai, entra nella scuderia Neri Pozza per seminare colpi di scena e conferme. Incalzante, adrenalinico, tesissimo, La torre d'avorio è una caccia all'uomo — anzi, alla donna — che non conosce tregua. Ma è, soprattutto, la storia di un gruppo di personaggi femminili dalla psicologia oscura, qui scandagliata senza pregiudizi. I nostri demoni, infatti, sono al sicuro con Barbato. E tra reiette, a sorpresa, può nascere anche un commovente senso di famiglia. Prendete La pazza gioia, il capolavoro di Paolo Virzì, e vestitelo di nero: dategli una macchina con il serbatoio pieno, sicari alle calcagna e un'arma a portata di mano. Il romanzo è la storia della seconda vita di Mara: ormai cinquantenne, vive sotto falso nome in un appartamento stipato di scatoloni e rimorsi. Un decennio prima i notiziari l'hanno dipinta come una spietata femme fatale: affetta dalla sindrome di Münchausen, aveva avvelenato i suoi familiari. Tutto per prendersi cura di loro e mostrarsi, così, la madre modello richiesta dalla società.
È come se avessi dentro una belva addormentata. E finché non sarò sicura che sia morta, farò di tutto perché nessuno si avvicini.
È possibile sfuggire al proprio passato, se qualcuno ci ha intrappolato in un'imprevedibile macchinazione? Accusata di una lunga catena di nuovi avvelenamenti, la protagonista fugge. E ritrova Moira, ex bancaria che investì la dirimpettaia per via di un parcheggio conteso; Fiamma, che sfoga il suo pericoloso sex appeal su Onlyfans; Maria Grazia, che, vessata in casa e al lavoro, sparò al suo capo; Beatrice, splendida ereditiera morbosamente ossessionata dai defunti. Amiche per la vita e per le morte, le protagoniste sono talmente ben caratterizzate che ognuna meriterebbe un romanzo a sé. Strette da un legale indissolubile, costituiscono il pregio maggiore di un romanzo dallo straordinario cast d'insieme destinato a una seconda parte, però, inutilmente rocambolesca e improbabile. Superfluo anche lo strascico finale. All'inizio fortemente claustrofobico, La torre d'avorio diventa poi un tour de force sui misteri insolvibili della mente umana e sulle imperfezioni dell'essere genitori. Mara non è sola. Mara non è guarita. Non ci si riprende mai, infatti, dall'inferno di sé stessi. La bestia che ha dentro non è morta: dorme. Brutalmente oneste, le nostre antieroine hanno nostalgie profonde ma nessuno senso di colpa. Radioattive, recidive, animano uno dei romanzi più vitali dell'anno. Anche se, paradossalmente, lo scoprirete pieno di morti.
Il mio consiglio musicale: Alice Cooper – Poison
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