lunedì 20 settembre 2021

Recensione: Randagi, di Marco Amerighi

| Randagi, di Marco Amerighi. Bollati Boringhieri, € 18, pp. 400|

Ci sono uno studente italiano, un gigolò francese e una cinefila madrilena. Sembrerebbe l'inizio di una barzelletta, come afferma a un certo punto uno dei protagonisti, se non fosse che c'è poco di che ridere della storia di questi vuoti a perdere dalle esistenze parallele. Affetti dallo stesso disorientamento, forse in attesa di un miracolo, si muovono tra Pisa e Madrid nei primi anni Duemila. Un po' sopra le righe, all'occorrenza sanno reinventarsi. Prendete Pietro, ad esempio: fresco di conservatorio, riccioluto e in sovrappeso, ammazza il tempo con i videogiochi e vive all'ombra del resto della famiglia – una mamma ipocondriaca, un padre pieno di debiti e un fratello, l'indimenticabile Tommaso, che al contrario suo eccelle nello sport e negli studi. Da un lato fragilissimo, dall'altro sin troppo consapevole delle proprie potenzialità, il ventenne fugge da una presunta maledizione familiare, dal dolore, dal futuro e, soprattutto, da sé stesso. È vero, infatti, che tutti gli uomini della famiglia Benati sono destinati a scomparire in circostanze misteriose?

Ti è mai capitato di aver desiderato così tanto una cosa, Pietro, che quando l'hai ottenuta non avevi più le energie per esserne felice?

In erasmus in Spagna – per perfezionare gli studi, non per fare sesso –, divide la casa con il primo di una strampalata galleria di personaggi: Laurent. Bisessuale, fumantino e sempre mezzo nudo, l'expat francese con un passato da surfista sbarca il lunario rendendo felici attempate signore. E poi c'è Dora, conosciuta a una festa nell'appartamento di amici di amici: italiana per metà, porta il nome di un prode condottiero, restaura pellicole cinematografiche, legge Sylvia Plath, dice un sacco di parolacce e nasconde una specie di guasto dentro. Innamorato, Pietro la segue – non visto – lungo le strade affollate, a lavoro, nei musei in cui la ragazza si ferma a contemplare i capolavori di Hopper. Tutt'intorno ci sono la musica punk, salotti popolati da accademici radical chic, gli attentati terroristici dell'Eta. Randagi somiglia a un hangover a casa di sconosciuti. Quando dopo una festa ci si sveglia a casa d'altri e, imbarazzati ma ciarlieri, seminudi, si fa colazione insieme condividendo vita, morte e miracoli davanti a un piatto di uova all'occhio di bue. Cosa importa: non ci si rivedrà mai più. O forse sì?

Non hai mai l'impressione che sia tutto scritto e che l'unica cosa che ci resta da fare sia avanzare sui binari che qualcun altro ha costruito per noi? A me capita così spesso che certe volte non capisco se sono io a vivere la mia vita o qualcun altro.

Arrivato in libreria alla fine dell'estate, tra le lodi dei padrini Veronesi e Missiroli, potrebbe diventare uno dei romanzi più chiacchierati da qui alla prossima stagione dei premi. Tragicommedia rocambolesca vicina al già vittorioso Colibrì, a tratti mi è parsa profondamente mia; a tratti, invece, piuttosto forzata per via delle troppe digressioni, delle parentesi surreali e di una dimensione corale non sempre funzionale. Al suo secondo romanzo, Marco Amerighi dimostra di avere carattere da vendere: la sua prosa brilla per ironia, freschezza ed efficacia, e accoglie tra le pagine email inviate dalle Ande, biglietti e cartoline. In un'era pre-Covid, racconta la bellezza delle amicizie lampo, i grandi amori e quei dolori, purtroppo, più grandi ancora. Prende avvio con un nonno scomparso durante la guerra di Eritrea e giunge, infine, a una convention di sosia in quel di Viareggio, dove Pietro rischia di essere sodomizzato da un Lenny Kravitz caucasico. Come si passa da un estremo all'altro? Dove vuole andare a parare l'autore? Non credo di averlo capito, sballottato di qua e di là da questa lettura tanto coinvolgente quanto ondivaga. Per fortuna, la casa di Pietro affaccia su Piazza dei Miracoli. E c'è la torre di Pisa, alta e tutta storta, a restituirci una parziale visione d'insieme – alta e tutta storta –, il senso dell'orientamento e una domanda: in quale direzione è il mare?

Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Nomadi – Io vagabondo

2 commenti:

  1. Ciao Miki, sarò ripetitiva ma da te trovo sempre libri a me sconosciuti ma che mi arricchiscono di conoscenza. Questo libro mi aveva attirata per il titolo, ma i protagonisti non mi hanno convinta, il tuo voto poi mi scoraggia... e quindi a priori non sono invogliata. Come sempre una recensione magnifica, ma che te lo dico a fare :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Simona, scusami, ti leggo in ritardo. Grazie mille. Che il romanzo ti ispiri oppure no, è sempre un piacere quanto ti faccio scoprire qualcosa di nuovo! :)

      Elimina