lunedì 2 maggio 2016

Recensione: Due verticale - Un amore a schema libero, di Jeff Bartsch

"Dimmi qualcosa di bello e di vero."

Titolo: Due verticale – Un amore a schema libero
Autore: Jeff Bartsch
Editore: Nord
Numero di pagine: 322
Prezzo: € 16,60
Sinossi: Stanley Owens non ha amici, e a lui va benissimo così. E comunque non ha mai trovato nessuno che condividesse il suo amore sconfinato per i libri, i numeri e, soprattutto, per l’enigmistica: inventare cruciverba è il suo sogno, la sua ragione di vita. Un giorno, però, incontra Vera, una ragazza diversa dalle altre: diversa come lui. La loro sintonia è talmente profonda che Vera non si stupisce quando lui le propone di sposarlo (per finta) e di rivendere i (veri) regali di nozze, così da pagarsi un biglietto per la libertà. E accetta. Anche perché è davvero innamorata di Stanley. Ma lui non lo capisce e, dopo la cerimonia, la lascia andare. La vita li separa, ma non c’è come la lontananza per far emergere la verità. Col tempo, Stanley si rende conto che la sua vita è piena di caselle bianche che possono essere riempite solo da Vera. Decide allora di riconquistarla, usando l'unico linguaggio che conosce: semina i suoi cruciverba d'indizi comprensibili soltanto a lei, sperando che, prima o poi e ovunque lei sia, la sua dichiarazione d’amore giunga a destinazione… Con un sorriso e una lacrima, con eleganza e originalità, «Due verticale» ci rivela che è sempre possibile trovare la strada verso la felicità, se si è disposti a risolvere quell’affascinante enigma che è l’amore. E che non bisogna essere «solutori più che abili» per riuscirci, perché la chiave è alla portata di tutti: basta ascoltare la voce del cuore.
                                              La recensione
La commedia, per me, è un genere da pigiama e divano, in un giorno infrasettimanale. Non richiede il buio della sala o il prezzo pieno del biglietto; si guarda e si consiglia, qualche volta, ma senza fretta. La scorsa estate, poi, sebbene nella variante canottiera e divano, ho scoperto un sottogruppo che va sotto il nome di boy meets girl, che, al contrario, mi rubava parole e consensi. Quelle commedie lì, ecco, sentivo il bisogno di ospitarle sul blog, soprattutto se inedite; di scrivere agli amici con i miei stessi gusti, in chat, e dirgli: guarda questo film, subito. Come funziona, invece, nel mondo della narrativa? Quale commedia, ma messa per iscritto e con un prezzo ben più alto dei sei euro del cinema, merita l'acquisto e un'etichetta che spieghi che sì, all'interno c'è una storia d'amore, ma non proprio? Che non è il solito romance, quello, né il romanzo impalpabile che, in fondo, ti aspettavi e, per quell'esatto motivo, evitavi? I requisiti, che, se non sbaglio, una volta già vi ho riassunto, son questi: un incontro memorabile, un lui e una lei dai tratti netti, situazioni brillanti – e ambienti che, chiaramente, le permettano – e, come ciliegina sulla torta, uno di quegli epiloghi che non sono né allegri né mesti. Agrodolci, nella diplomatica via di mezzo che soddisfa i più. Due verticale quanti ne avrà? Vediamo un po'. Mi sono avvicinato all'esordio di Jeff Bartsch grazie al battage pubblicitario organizzato dalla Nord sui social. Link ironici e immagini scherzose per introdurci al meglio i protagonisti di questo sentimento a schema libero che dura vent'anni: Vera e Stanley. Geni, truffatori, sposi per finta e innamorati per davvero. Il primo incontro, particolarissimo, è durante una gara di ortografia. Ancora adolescenti, si sfidano a muso duro, ed è un pari merito: se si parla di loro, testardi e battaglieri, non c'è nessuno che prevalga sull'altro. I protagonisti, “due arance in un mondo di mele”, vivono negli alberghi: Stanley, con una mamma che soffre di agorafobia e corregge bozze, è ospite a vita in un hotel che, per rispetto del papà disperso nella Seconda Guerra Mondiale, assicura loro servizio in camera e asciugamani puliti, in cambio di un dollaro al mese; Vera, figlia unica di una commessa viaggiatrice, vive a zonzo, studia da privatista e, se si ferma, è solo per qualche competizione delle sue. Lui andrà ad Harvard e diventerà senatore, lei sarà una brillante docente di Matematica. Il guaio è che non vogliono. Così, in cerca di indipendenza, avventati per una volta nella vita, si sposano per finta e, con i regali dei facoltosi invitati alle nozze, acquistano un biglietto per la libertà. Stanley vivrà dunque giorno per giorno, allergico all'università, e penserà cruciverba per le testate più famose; Vera, studentessa dai voti esorbitanti, lo amerà perdutamente, ricambiata un giorno sì e un giorno no. 
Tra piccole truffe, fughe frettolose e ospitate ai quiz a premi, non mancano di certo le situazioni brillanti. E l'epilogo, venendo all'ultimo punto, scalda il cuore al punto da sbriciolartelo: come coi biscotti in forno. Due verticale, però, presentato come divertente e spensierato, è in realtà un romanzo insolito: contro i pronostici. A tal punto che sorprende. A tal punto che, fino all'ultima pagina, non sai se, con i personaggi colti e i continui tira e molla, ti è dispiaciuto o l'esatto contrario. In libreria, avrei voluto piazzarlo accanto alle Domande di Brian, Teorema Catherine, L'amore è un difetto meraviglioso: storie di numeri e figure stralunate; storie tutte da ridere. Jeff Bartsh, invece, a volte va velocissimo e a volte va pianissimo. Procede per salti più lunghi della gamba, poi si ferma. Ora sintetizza, ora la tira troppo per le lunghe. Però è simpatico, sotto sotto, e spezza il cuore, mica troppo sotto sotto, e si sa che io sono sempre grato ai sorrisi e alle ulcere, parlando di romanzi. Parlando di boy meets girl di carta, impossibile non citare l'inarrivabile Un giorno. E un po', con i ripensamenti e i puntini da unire, la regola dell'amico che ci frena e l'ambiente accademico a far da sfondo, i Bonnie e Clyde di Barsch – intelligentissimi, ma ciechi davanti all'evidenza – ricordano gli amati Emma e Dexter.
L'autore, però, non è David Nicholls: problema non trascurabile. Ma, venuti a patti con i capitoli corposi e gli elementi in surplus, non si ha occhi che per i pregi di Due verticale. Il meticoloso scandagliamento di due teste (dure, dure!) pensanti, il fluire degli anni e, soprattutto, gli sfondi. Ambientato negli anni Sessanta, Due verticale ha l'aria – e il piglio – di una commedia sofisticata d'altri tempi: verbosa e fieramente retrò, nostalgica, con un minutaggio che potrebbe risultare eccessivo per qualcuno, ma un cast che vanterebbe le presenze di una Audrey Hepburn e un Gregory Peck freschi di immatricolazione. A pagina uno, nella sfida di spelling, Vera deve compitare la parola charlatan, ciarlatano. Aggettivo perfetto per loro due, truffatori per diletto e coppia errabonda. Per lei, che non fa che mirare e rimirare la fede di seconda mano e l'anello con un brillante piccolo così che, per finta, Stanley le ha messo al dito. Per lui, che negli anni la cercherà attraverso l'enigmistica, sebbene negato a interpretare i segni del loro puzzle sentimentale. Per loro, le persone intelligenti più stupide che conoscerai, che a fine lettura ti dimostrano che Vera non ha abbozzato la loro storia con l'aiuto di Socrate: così, infatti, ha battezzato la sua affezionata penna con il tappo a forma di teschio e l'inchiostro simpatico. Di quelle utili per allestire leggendari raggiri, il cui tratto sbiadisce dopo poche ore, lasciando gli assegni in bianco, i diari segreti intonsi, i registri matrimoniali vuoti. 
Il rebus a puntate della strana coppia – e quello del loro autore, chiacchierone ma talentuoso – non sbiadisce; perdura. E, nella soluzione, colpisce e affonda.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: The Beatles – Hello, Goodbye

10 commenti:

  1. Tu sei stato attratto dalla pubblicità, io stranamente non l'ho notata nemmeno e per un libro che prende il titolo da una definizione enigmistica, non mi sarei aspettata una storia così. Lo segno senza troppa aspettativa, chissà che prima o poi non faccia per me.

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    1. Non sono un fan dei cruciverba, vado subito a sbirciare le soluzioni e la pazienza non è il mio forte. Mi hanno reso impaziente pure loro, testardi all'inverosimile, ma mi è piaciuto molto il loro essere diversi dal previsto. Senz'altro, più seri e riflessivi.

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  2. Come Cecilia, la pubblicità sui social non aveva per niente attirato la mia attenzione. Ora mi ricredo e me lo segno ;)

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    1. A me sì, perché lo immaginavo divertente e utile a combattere l'ansia da esami. E' stato tutt'altro, in definitiva, ma la lettura a scatola chiusa l'ho gradita. ;)

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  3. mi unisco! anch'io avevo immaginato una storia completamente diversa, e mi era sfuggita l'ambientazione anni '60...raccontato da te ha acquisito un certo fascino :D non sarà tra le prossime letture ('smaltire' è la mia parola d'ordine per il mese di maggio), ma lo terrò presente :)

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    1. Non è una lettura urgente e ha i suoi nei, però ha il suo fascino - e i suoi bei protagonisti. :)

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  4. Pure a me il sottogenere boy meets girl piace parecchio, quindi questo comincio ad appuntarmelo. Sperando magari in un adattamento cinematografico con gli eredi di Audrey Hepburn e Gregory Peck. ;)

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    1. Per il cinema, si presterebbero benissimo.
      E poi, vedi l'ultimo dei fratelli Coen, il vintage piace ma si è a corto di trame. :)

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  5. Ho letto con curiosità la tua recensione perchè è un libro che a pelle, a cover in questo caso, non mi attira. E nonostante le tue quattro stelline, i suoi protagonisti ben descritti e l'ambientazione...mmmmm no, passo

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    1. Passa senza indugiare, allora.
      Anch'io sono uno che va molto a pelle, e se non è cosa, allora non è cosa. Però a me la copertina piace tantissimo!

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