martedì 2 luglio 2024

Musica (d'autore) leggerissima: Challengers | Kinds of Kindness | Hit Man | The Idea of You

Gli elegiaci parlano di militia amoris. L'uomo è un soldato, la donna il comandante. L'amore: una guerra. È così anche per l'ultimo Guadagnino, in cui i sentimenti sono un gioco disputato su un singolare campo di battaglia: quello da tennis. A struggersi sono due campioni con tutto da perdere: soprattutto la stima di una moglie-manager che, sotto gli occhiali da sole, nasconde lo sguardo di una sfinge. Affamato di bellezza, il regista palermitano regala con una commedia sportiva che eccita come un porno e gasa come un film d'azione. I piedi battono al ritmo della colonna sonora elettronica di Reznor e Ross. Gli occhi guizzano, smaniosi, di qua e di là. I rimbalzi della pallina diventano metafora, così, dei rovesci di fortuna e dei cambi di alleanze di un triangolo in cui l'infuocato O'Connor e il vulnerabile Feist gareggiano per Zendaya: dea beffarda, incolume tanto al sex appeal del primo quanto alle lacrime del secondo, che urla di piacere soltanto in caso di vittoria. Teso, muscolare, iper cinetico, Challengers trasforma l'attrazione in spirito agonistico e non rinuncia a dialoghi alleniani dove il tennis diventa l'anticamera del sesso e, dunque, dell'esistenza. Mainstream con audacia, questo Guadagnino in forma smagliante torna felicemente a declinare il desiderio. Non è bastata la parentesi horror di Bones and All a placare la sua brama di corpi umani. Qui è attentissimo alle fronti imperlate, ai nervi tesi, ai muscoli guizzanti. Sulla macchina da presa, piovono gocce di sudore. È tempesta – ma ormonale. È il cinema con la lettera maiuscola – fattosi, nel frattempo, carne soda, madida, palpitante. (9)

Un impiegato vessato dall'infernale datore di lavoro sperimenta una crisi d'identità una volta uscito malauguratamente dalle sue grazie. Un poliziotto riabbraccia la moglie, sopravvissuta a una spedizione in mare attraverso presunti atti di cannibalismo, ma sospetta sia un'impostora. I membri di una setta cercano una giovane dai poteri taumaturgici per riconquistare i favori del loro leader. Cosa succederebbe se il regista del recentissimo Povere creature dirigesse una serie antologica nello stile di Black Mirror? Il risultato è uno Yorgos Lanthimos più indipendente e più colorato, leggero ma in pillole amare, che rinuncia al grandangolo ma non a un cast di sole star: Emma Stone balla ancora, Jesse Plemons vince a Cannes, ma questa volta è Margaret Qualley a stregare. Meno manieristico che in passato, il regista greco confeziona una commedia nera in cui non mancano i lampi di genio e gli eccessi del cinema delle origini, ma la cui struttura episodica prima diverte e infine annoia. Si va alla ricerca, allora, di un comune fil rouge all'interno di storie dentro storie che similmente parlano di relazioni tossiche e people pleasing; che, contemporaneamente, sanno raccontare benissimo l'America odierna e omaggiare l'immancabile tragedia greca. Tra investimenti e dita mozzate, sesso e lacrime, a sorpresa si ride perfino. Ma la sensazione che sia un estenuante esercizio di stile, o una serie TV ancora work in progress, è più forte degli atti di fede dei protagonisti. (6,5)

Un mite professore con collaborazioni occasionali con la polizia viene creduto un sicario. Ma cosa succede quando a ingaggiarlo è la cliente di cui finisce per innamorarsi? Ispirato a una storia vera, il soggetto potrebbe apparire lontano dal cinema di Linklater: cosa hanno in comune il regista di Boyhood e questo incrocio tra la romcom e il thriller? Applaudito a Venezia, Hit Man non è ciò che sembra. Se la trama promette equivoci e sparatorie, sorprenderà scoprire un film ben più intimo, raffinato, pirandelliano. Qualcosa non mi ha convinto nella prima parte, retta interamente da Glen Powell: qui anche sceneggiatore, non mi fa simpatia con il suo faccione, i suoi ammiccamenti, le sue smorfie. E il faccione, gli ammiccamenti, le smorfie trapelano da sotto ogni camuffamento, facendomi credere ben poco al talento di questo novello Ripley. Fittamente dialogato, ambientato soprattutto in interni, il film ha però come uniche scene d'azione gli incalzanti botta e risposta tra i personaggi. Sexy, divertenti, divertiti, regalano grande intrattenimento in una seconda metà in cui, tra un dialogo e l'altro, sorgono pericolosi malintesi e colpi di scena per via della folgorante Adria Arjona: una femme fatale per cui vivere, morire, cambiare. E uccidere? La risposta: ora al cinema, prossimamente su Netflix e il prossimo anno, pronostico, in lizza per la Migliore Sceneggiatura Originale. (7)

Solene, una gallerista d'arte quarantenne, si innamora, ricambiata, di un giovane cantante un tempo apprezzato dalla figlia adolescente. Nato come una fanfiction su Harry Styles, poi diventato bestseller, The Idea of You riesce a essere sorprendentemente credibile: non solo perché i protagonisti sono talmente belli e affiatati da superare qualsiasi differenza d'età, ma perché il regista Michael Showalter, bravissimo in materia di commedie dopo il premiato The Big Sick, eleva a buon cinema un comune vagheggiamento di Wattpad. Certo: è richiesta la massima sospensione dell'incredulità. Ma è impossibile non guardare con un sorriso inebetito gli incontri e le paure di Anne Hathaway e Nicholas Galitzine. Se lui, ormai onnipresente, è qui più convincente del solito, lei si conferma l'erede ufficiale di Audrey Hepburn e Julia Roberts: senza paura di mostrare i primi segni del tempo, è un sole. Speranzosa ma tormentata, la storia d'amore targata Amazon Prime Video dovrà confrontarsi con la sovraesposizione e il sessismo. Perché una madre innamorata deve sempre scegliere tra sé e gli altri? Perché destreggiarsi, ancora, tra chi la considera squallida e chi iconica? Nel solco di Notting Hill, una fiaba romantica con tutti i sacri crismi: surreale ma bella. E più longeva di certe boy band. (7)

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