lunedì 3 febbraio 2020

Recensione: La gatta, Shozo e le due donne, di Jun'ichiro Tanizaki

| La gatta, Shozo e le due donne, di Jun’ichiro Tanizaki. Neri Pozza, € 17, pp. 125 |

Il triangolo no, non l’avevan considerato. Dalle borgate di Zero al Giappone degli anni Trenta, il ritornello non cambia. Anche se a far scoppiare la coppia, in una commedia di vendette e tradimenti apparentemente scaturita dalla penna di Woody Allen o Pedro Almodovar – figuratevela, infatti, ciarliera e coloratissima –, è una guastafeste d’eccezione: non una donna di troppo, bensì la gatta Lily. Servita e riverita, salutata con bacetti e vezzeggiativi, l’irresistibile felino tartarugato è la prediletta di Shozo. Un uomo per il resto anaffettivo e indolente, che soltanto davanti all’animale domestico si prodiga in mille cerimonie. Ogni giorno le dà sottobanco pescetti marinati con soia e aceto; acconsente a morsi e graffi dalla connotazione quasi erotica; si bea dei suoi modi candidi e carezzevoli, tipicamente femminili, acconsentendo che faccia le fusa perfino nel futon. Sempre ghiotta di prelibatezze e baruffe, Lily desidera essere contemplata e contesa come una nobildonna. È così assurdo che la seconda moglie di Shozo, Fukuko, legata all’uomo da un matrimonio di convenienza ordito dalla suocera diabolica, s’ingelosisca fino a meditare un piccolo colpo di stato? Il menu a cena dipende dai capricci dell’animale, da dieci anni accanto al padrone di casa. Il talamo nuziale, senza più alcuna intimità, va spartito per tre. Snervata dalla convivenza, Fukuko caldeggia perché la gatta sia ceduta alla donna venuta prima di lei, Shinako: la ex moglie di Shozo, nel frattempo caduta in disgrazia, brama un pezzetto di quel matrimonio finito all’improvviso. Perché, allora, non l’indigesta Lily?

È così difficile guardagnarsi la fiducia di un gatto? O è Lily a essere particolarmente cocciuta?, si domandò esasperata Shinako. Il problema era che si trattava di una gatta anziana, molto simile a una nonnina avanti con gli anni; se fosse stata giovane o ingenua si sarebbe adattata senza problemi al nuovo ambiente. Il trasferimento forzato in un posto tanto diverso da quello abituale doveva essere stato uno shock tremendo. […] Poi, ripensando al misterioso destino che la legava alla gatta, sentì che in fondo non le portava rancore. Anzi, per un momento provò addirittura una sorta di compatimento per lei e per se stessa.

Schiacciato tra l’incudine e il martello, dotato di una vena segretamente subdola ma altresì di momenti di profonda dolcezza, il protagonista maschile – eterno bambinone a capo di un negozio di casalinghi – rivedrebbe a cuor leggero la ex pur di passare a trovare l’adorata Lily? Come la preferirebbe: selvatica e infelice, perfino maltrattata fisicamente, oppure a proprio agio anche altrove?
Tra dilemmi morali e sentimentali, appostamenti notturni e nostalgia, il racconto lungo del divertito Tanizaki – cantore per eccellenza di eros e thanatos, nel novero dei classici della narrativa orientale: La chiave di Tinto Brass, pensate, è tratta proprio da un suo romanzo – è in primis una storia di solidarietà femminile: entrambe sole e abbandonate, all’inizio ostili l’una verso l’altra ma pian piano complici, la gatta e la sua nuova padrona si confortano reciprocamente per riprendersi quello che pensano spetti loro di diritto. Ma in secondo luogo, vedasi le descrizioni particolareggiate del manto tatuato e della routine, è anche una storia che incanterà ogni gattaro degno di questo titolo.

Non aveva neanche l'ombra di un vero amico col quale confidarsi e si sentiva sempre solo, afflitto e insicuro. Quel senso di solitudine era forse all'origine del suo profondo attaccamento nei confronti di Lily. Difatti aveva l'impressione che soltanto lei, con quegli occhi pieni di malinconia, fosse capace di indovinare i suoi pensieri tristi e consolarlo, mentre né Shinako né Funuko, e ancor meno sua madre, lo avevano mai capito. Tra l'altro, era convinto di essere il solo in grado di cogliere quella peculiare tristezza animale che la gatta serbava dentro di sé senza aver modo di comunicarla agli esseri umani.

Quanta attenzione e passione ci sono nella resa del mondo felino? Quanto emozionano gli occhi malinconici di Lily, la cronaca delle sue gravidanze sfortunate e dei suoi viavai, il pelo che va ingrigendosi per via della vecchiaia? Shozo ha per gli animali un amore superiore di quello che dimostra agli esseri umani. Oltre che del protagonista, lo stesso potrebbe dirsi anche dell’autore. Sarcastico e indagatore, Tanizaki dipinge negativamente le contraddizioni e i vizi dei suoi protagonisti, ma ha parole belle e poetiche per la gatta: il filo conduttore delle loro vite, e il cuore pulsante del racconto. Si sofferma, così, perfino sulla sua dieta alimentare o sui suoi odori. E attraverso di lei lascia emergere un originalissimo ritratto familiare, a tratti dolce e a tratti crudele, che fa le fusa e graffia insieme. Deliziosa variazione sul tema della gelosia, semplice e senz’altro non indimenticabile, il testo precedentemente edito da Bompiani è un assaggio dell’inventiva dello scrittore. Un racconto incisivo e soprattutto scritto divinamente, sulle follie e le privazioni che vivremmo per il bene dei nostri amici animali. Tra moglie e marito non mettere il dito. E la zampa?
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Gino Paoli – La gatta

6 commenti:

  1. Non sembra davvero niente male, anche se quando ci sono di mezzo gli animali ho sempre paura che muoiano.
    Del resto, quando ero piccola sembrava che la narrativa per ragazzi dovesse includere per forza la tragica dipartita del proprio animale domestico. Al quarto libro/film, un bambino finisce traumatizzato per sempre XD

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    1. Capisco bene, ma vai tranquilla: senza spoiler, Lily sta benissimo (e mi manca già)!

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  2. Come sai mi piacciono molto i romanzi con i gatti, questo però non lo conoscevo! La storia è molto particolare, curiosa, mi segno il titolo! :)

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    1. Diciamo che non è decisamente il solito romanzo sui gatti, ecco. ;)

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  3. Bhè in quanto gatta libraia posso non leggere questo libro? Sembra carino...

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    1. Molto più che carino, a tratti.
      Peccato per il finale sbrigativo.

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