mercoledì 1 novembre 2017

Recensione: Stoner, di John Williams

| Stoner, di John Williams. Fazi Editore, € 15, pp. 332 |

Durante lettura di questo romanzo sono stato malissimo. Non so quanto la malinconia di questi giorni dispari sia scaturita dalla storia raccontata da John Williams, quanto da un vaso di Pandora di tristezza scoperchiato inavvertitamente. Scrivo della mia ultima lettura di getto, così, sperando che smetta di bruciare un poco. Non so se ho letto Stoner perché stavo male, o se stavo male perché leggevo Stoner. Nonostante l'amarezza della premessa, giuro che il romanzo – pubblicato con scarsa risonanza cinquant'anni fa e acclamato in tempi recenti come moderno capolavoro della narrativa americana – non è dei più disperati. Solenne e raffinato, con passi di un lirismo commovente, scorre in realtà meglio di quanto avessi immaginato. Tanti dubbi infondati, prima di iniziarlo, pensando di non cogliere la grande bellezza nel logorio di questa vita modesta; di non esserne all'altezza.

Era arrivato a un’età in cui, con intensità crescente, gli si presentava sempre la stessa domanda, di una semplicità così disarmante che non aveva gli strumenti per affrontarla. Si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata.

Cinquanta pagine, invece, ed ero già innamorato della fragile routine di William Stoner. Prima l'infanzia nei campi con una piccola famiglia d'estrazione contadina; poi i poco ispirati studi di Agraria e gli anni da matricola trascorsi in una soffitta in affitto; infine un'epifania, la scoperta inattesa della Letteratura e le timide gioie della carriera accademica, fino a un pensionamento doloroso, da rimandare il più a lungo possibile. Nel mezzo: il matrimonio senza amore con Edith, donna pallida e infelice che passa il tempo chiusa in camera da letto o a rimproverargli ogni singola mancanza; una figlia, Grace, che purtroppo non saprà proteggere dal fallimento; un'amante lasciata andare via, nonostante le vane proteste del cuore; amici fidati sulle dita di una mano e l'aperta ostilità con un collega, incapricciatosi per una nota di demerito al suo pupillo. Stoner racconta, da una nascita senza grandi strepiti a una morte altrettanto silenziosa, l'esistenza a testa bassa (ma con gli occhi pieni di cose) di un professore di provincia votato alla mediocrità. Di quelli naturalmente trattenuti, che si guardano le mani quando parlano e non hanno un'opinione per tutto. Le guerre arrivano e passano, e lui non se ne accorge. Si seppellisce nei test da correggere, nelle ricerche, e riemerge dalle carte soltanto al momento dei pasti e dei funerali. Diplomatico ai limiti dell'indolenza, senza spirito patrio né nobili intenti. «Felice di tanto in tanto», scrive l'autore, soprattutto nella sacralità di uno studio brutalmente invaso dagli ammodernamenti dell'antipatica Edith.

Il passato sorgeva dalle tenebre e i morti tornavano in vita di fronte a lui, e insieme fluivano nel presente, in mezzo ai vivi, tanto che per un istante aveva la percezione di stringersi a loro in un’unica, densa realtà, da cui non poteva e non voleva sottrarsi. Tristano e la dolce Isotta gli sfilavano sotto gli occhi; Paolo e Francesca vorticavano nel buio incandescente; Elena e Paride, amareggiati dalle conseguenze del loro gesto, spuntavano dal buio. E Stoner li sentiva più vicini dei suoi stessi compagni.

William Stoner sono io. Quando mi sento ospite nella mia stessa casa, perdo il controllo e aspetto che gli eventi capitino. Quando non so cosa fare, o ho semplicemente perso la strada per arrivarci. Quando aspetto che la vita mi cada in testa, come un sasso o un aeroplano. Non mi sta bene questa giovinezza, no, ma ho perso lo scontrino. L'ho ammesso a me stesso di recente. Non mi piace dove sta andando a parare. A volte mi siedo, con lo stomaco vuoto, e scopro di aver dimenticato quale direzione avessi scelto per lei. Mi sono fermato a metà, per un'eterna sosta che è diventata poi casa mia. Muovo un passo dopo l'altro, non sapendo quel che sarà domani. Non quello che vorrei comunque, perché non ho gettato le basi giuste, non l'ho costruito, e l'arrivo dell'inverno mi sorprenderà gelandomi. Ho ventitré anni, e già sono Stoner. Quanto esaltarsi per quella vita senza infamia e senza lode, quanto rimproverare alla mia: che paradosso. Leggendo ho conosciuto lui, ma anche me stesso. Mi sono riconosciuto. Gli ho voluto bene fino all'ultimo, in un romanzo lungo un esame di coscienza, e ho ripreso a volermene. Mi sono perdonato.

«Anche tu sei votato al fallimento. Ma anziché combattere il mondo, ti lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra a chiederti cos'è andato storto. Perché ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere. […] Ci servono dei pretesti per sopravvivere. E sopravviveremo, perché così dev'essere.»

Qualcuno potrebbe dire che siamo pagine vuote, ma guardate che poesia ci scrive sopra John Williams. Più che un autore, uno di quei fotografi che fanno il miracolo di coglierti distratto, al naturale, bello come non ti eri visto mai. E sono io, domandi? Sì, sei tu. 
Senza ritocchi in postproduzione, senza filtri: solo con la luce giusta. Quanto è abusata l'espressione: è uno dei romanzi della mia vita. Ma, perdonate la scontatezza, questo lo è davvero. Di quella vita noiosissima e bellissima che non ho mica chiesto io, ma tant'è. Che non farà la rivoluzione, mi ha detto una persona cara, ma la differenza per qualcuno. Stoner sono io, sì, e in fondo anche tu.
Il mio voto: ★★★★★
Il mio consiglio musicale: Brunori Sas – La verità 

25 commenti:

  1. Bellissimo articolo per un bellissimo romanzo, uno dei migliori letti di recente. Sono stato male anch'io in certi punti...

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    1. Ti ringrazio, Jacques.
      Il difetto: ora voglio leggere tutto il Williams che c'è, e in tempi brevi.

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    1. Tutto 'sto entusiasmo per quella frase che abbiamo sistemato stamattina, ve'?
      La Crusca, se è qualcosa, la mando da te. :-P

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    2. Ma wow davvero, scè! E poi la crusca sono io :P

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    3. Quante identità segrete...
      Grazie, So'! :)

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  3. La recensione è come il libro, di un lirismo commovente, ma credo più in quello che dice Reese Witherspoon alla fine di Wild. Siamo tutti Stoner, ma la vita è nostra, unica e irripetibile.
    Un abbraccio da Lea

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    1. Wild, altro film a cui ripenso con il magone. Sarà un caso?
      Ti ringrazio, Lea. :)

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  4. stoner mi è piaciuto un sacco... e mi ha fatto tanta paura: anche io sono un po' stoner! :(

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    1. Ha fatto paura anche a me, Federica, ma c'è chi può dirsi persone peggiori. Siamo noiosi, sempre uguali a noi stessi, ma onesti. Soprattutto nell'ammettere cosa non va, quello che non ci piace.

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  5. Mi interessa, ma credo mi farebbe male leggerlo adesso.

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    1. Impossibile, appresso a Stoner, non darsi ai bilanci.
      E, di conseguenza, non uscirne appagati, ma provati.

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  6. È una recensione bellissima e personale, ma credo che il libro non lo leggerò in tempi brevi: credo che ne uscirei a pezzi, e non è proprio il caso.

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    1. Ti ringrazio, Kate.
      Stoner è stato il romanzo giusto nel periodo sbagliato, forse. Tutt'altro che deprimente, tutt'altro che strappalacrime, ma per forza di cose molto amaro. Aspetta un po', ma leggilo.

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  7. Da quanto scrivi mi sembra di capire che stai passando un periodo abbastanza difficile e complicato. :(
    Per fortuna che ci sono i libri. Questo sembra bellissimo, ma anche potenzialmente noiosissimo...
    Se devo essere sincero, l'idea che possa far star malissimo anche a me non mi invoglia tantissimo a leggerlo.

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    1. In realtà, malinconia passeggera a parte, soprattutto grazie a romanzi così, non posso lamentarmi troppo.
      Finita la sessione autunnale, con meno da fare e troppi pensieri, mi ripiego un po' su me stesso...

      Su Stoner, ti dirò di più. E' in programma un film di Joe Wright, per me un maestro di eleganza, con Casey Affleck per protagonista. Dopo Manchester by the sea, altro ruolo immenso.

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  8. Mi sono bastate le prime righe e come hai condiviso tutto tra i social, per farmelo appuntare in lista. Ovviamente e purtroppo per il momento non leggo oltre, nonostante la tentazione.

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  9. Un romanzo che mi sollecita da anni ma che rimando sempre.
    In un momento di grande cambiamento, con un figlio, il piccolo, già fuori per inseguire i suoi sogni e un altro pronto a partire dopo la laurea triennale, mi ritrovo a pensare alle mie possibilità di scelta quando avevo l'età giusta.
    Non ho messo a frutto tutto il mio potenziale, non ho potuto e forse ho avuto paura.
    Sono comunque soddisfatta della mia vita ma sento che una parte di me non ha vissuto pienamente,e non si torna indietro, questo è certo.
    Stoner forse, dalla meravigliosa immagine che hai tratteggiato, sta anche in me.
    E forse, ma non ora, troverò il coraggio di leggerlo.

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    1. Lo spero, Solsido.
      Leggerlo è un'esperienza che segna, secondo me.

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  10. Credo di aver sentito parlare di questo libro in tutte le salse, ma sempre benissimo... eppure qualcosa mi ha sempre frenata... probabilmente la paura di non riuscire ad apprezzare questo piccolo capolavoro di cui tutti fanno un gran parlare. E adesso arriva la tua sentitissima recensione... mannaggia... che dici, ormai i miei gusti li conosci, mi butto o no? Stoner sì o Stoner no?

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    1. Se ti senti Stoner anche un po' tu, e chi non ci si sente certi giorni, direi di sì. E' un romanzo più grande di noi ma che, non saprei come dire, non te lo "sbatte" in faccia.

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  11. Lo voglio un sacco, sento che è il mio libro, e voglio un sacco anche Una Vita Come Tante di Hanya Yanagihara.

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    1. Lo punto anch'io, ma quanto è caro? Quanto è lungo?

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  12. ho recuperato la recensione, e come pensavo mi sono ritrovata in tutto.
    Un'unica cosa non perdono a Stoner, di non aver provato davvero a salvare la figlia, di aver pensato che "almeno lei aveva la bottiglia con cui consolarsi", questo no, non mi va giù.
    Anche io come te, appena finito, volevo leggere tutto di Williams, ma mi sono trattenuta. Ora credo di esser pronta, inizierò Augustus a breve, vediamo se mi fa lo stesso effetto

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