lunedì 6 novembre 2017

Recensione: La corsa di Billy, di Patricia Nell Warren

| La corsa di Billy, di Patricia Nell Warren. Fazi, € 18,50, pp. 332 |

Una vita sacrificata per contrastare la propria natura e frenare voci di corridoio che già una volta hanno distrutto una famiglia infelice, una sudata carriera accademica. Harlan, allenatore sportivo sulla soglia dei quaranta, alla Prescott ha finalmente trovato se stesso e quella che somiglia alla normalità. L'università di provincia, baluardo di lungimiranza e impegno sociale negli spietati anni Settanta, accoglie di buon grado quelli come lui: lebbrosi, diseredati, pariah. Omosessuali contro le leggi e Madre Natura. Siamo nell'epoca dello Stonewall, di Harvey Milk, delle marce e della rivoluzione sessuale. L'arrivo di tre nuovi studenti – capaci atleti messi alla porta per presunti comportamenti immorali – infrange corazze ed equilibri di fortuna. Il represso Harlan – con una ex moglie, due figli, bruschi modi da marine e sperimentazioni sessuali clandestine – è chiamato a esporsi, a mettersi in gioco. In ballo: il futuro di quelle giovani promesse che puntano all'oro olimpico e che, tra jeans a zampa d'elefante, tatuaggi e squallidi sfottò, fanno parlare e sparlare. Il pericolo: rischiare che l'attrazione fisica verso il promettente Billy, cresciuto sano e rispettoso da un avvocato liberale e da una mamma drag queen, si trasformi in qualcosa di molto più profondo. Mettere in gioco, così, anche il cuore? Non tutto il mondo è la Prescott, nel romanzo cult di Patricia Nell Warren. Pubblicato in segreto ormai quarant'anni fa, risulta ancora urgente e attualissimo – a questo, leggevo in rete, sono seguiti due capitoli di minor risonanza. Ci sono le domande inopportune della stampa. I pianti e le recriminatorie di partner deluse e madri redivive. L'intollerenza, mascherata oggi da comoda indifferenza, delle istituzioni sportive. Il pensiero delle unioni civili e di lasciare un'eredità, un segno nel mondo, generando un bambino del miracolo. Il timore degli attentati terroristici, i controlli a tappeto negli stadi, dopo il loro Martin Luther King e il nostro allarmismo dilagante.

Per il momento, corro e ti amo, e questo è tutto quello che voglio fare.

La corsa di Billy è una storia sotto il segno dell'Acquario, dell'amore e dell'oro olimpico, dove si disputa la corsa della vita – e dell'amore. Corre veloce, ma la violenza di più. Gli Stati Uniti cercano qualcuno che porti alta la loro bandiera a Montreal. La sessualità di Billy, due occhi intelligenti dietro gli occhiali a fondo di bottiglia e piedi come il fulmine, è un disonore per un Paese bellicoso e conservatore. Il corridore diventa suo malgrado una sfida vivente. Un simbolo inequivocabile, e non quello che l'America sperava. L'autrice, che ha ispirato generazioni di lettori e lettrici, descrive la famelica New York gay di quegli anni, le lotte in tribunale e una struggente storia tra due che si scelgono, nonostante gli sberleffi di un mondo ben lontano dall'accoglierli. La narrazione, scorrevole e mai compassata o pudibonda, conosce paradossalmente più di qualche rallentamento quando lo sparo al cielo annuncia l'inizio delle gare. Il sudore gocciola in rivoli sulle facce, le scarpette scattano furiosamente, i cronometri vengono azionati in perfetta sincronia, ma lo sport raccontato dalla Warren – penso invece al bellissimo Open, letto appena qualche mese fa – e la troppa politica tra le righe coinvolgono meno della relazione tra Harlan (all'inizio il classico americano medio) e Billy (al contrario, in pace con se stesso e seguace convinto della nonviolenza). Con buona pace della critica, però, ricorderò i due con meno intensità degli iconici cowboy di Annie Proulx o dei poetici villeggianti di André Aciman. I protagonisti cedono ai loro bisogni con istinto animale, all'aperto:  quasi a farsi beffe dell'ipocrisia altrui, del terrorismo psicologico che vorebbe renderli sconosciuti. Mettono il piede in fallo e cadono nella voragine dell'amore – in inglese, luogo non meno concreto e sfiancante di una pista agonistica. Vivono, poi, tutti i passaggi cruciali di una candida routine trascorsa insieme: una relazione da legittimare con un semplice e da cui far nascere, magari, il sogno impossibile di altro amore ancora.

Se lui ricorreva allo yoga per prepararsi mentalmente alla gara, io ricorro a lui. Billy corre dentro di me.

Dietro la copertina di una ristampa rosa shocking, resta così una vicenda impastata di rabbia e lacrime, con il passo abbastanza lungo – e i pensieri ancora di più – per bruciare il traguardo nello sprint finale. Su chi cade, tampona sputi e stanchezza con la manica della giacca, e si rialza barcollando un po'. Su chi si vuole bene e lo ostenta, perché incontrarsi e volersi è un'altra vittoria da celebrare sul podio. Sullo spettacolo delle rivincite, e di qualche uomo che si ama.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Hozier – Take Me To Church

6 commenti:

  1. Questo romanzo è nel kobo da qualche mese; forse, dopo averti letto, la mia voglia di leggerlo si è un po' intiepidita ;) Mi interessava il contesto storico e culturale, gli darò una chance e ti farò sapere!

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    1. Ciao Tessa! Quello, in realtà, è accuratissimo.
      Però ho rimandato la recensione di un po', tra una cosa e l'altra, e ho ripensato alle quattro stelle date all'inizio tra me e me. Leggilo, perché merita. Non pesa nel mentre, ma si percepisce la sensazione di avere un romanzo "grande" per le mani.

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  2. Sicuramente non è il mio genere ed anche se è stato interessante leggerti, come sempre, credo che non cambierò idea sul da farsi. Mi incuriosisce moltissimo, invece, la tua attuale lettura per cui ne attendo con ansia la recensione :)

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    1. Posso anticiparti che mi sta piacendo moltissimo. Ne parlo presto, grazie. :)

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  3. Una lettura vintage che sembra interessante.
    Magari aspetto che qualcuno ne faccia un film. Sperando che non ci mettano altri 40 anni... :)

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    1. Mi meraviglio che non ci sia già, effettivamente.
      Si presta. :)

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