| Tre piani, di Eshkol Nevo. Neri Pozza, € 17, pp. 255 |
L’anno
appena passato non si è chiuso nel migliore dei modi. Alla
malinconia che accompagna sempre i giorni di festa, infatti, si
è aggiunto un altro piccolo dramma: il blocco del lettore. Il
risultato è che, evento mai accaduto da queste parti, non recensisco
un romanzo da tre settimane. Dopo una serie di letture fallimentari, ho preferito
scegliere con cura la prima di gennaio. E studiando uno per
uno i titoli sparpagliati tra libreria e comodino, infine, sono
giunto a una conclusione: il mondo di Eshkol Nevo – scoperto appena
qualche mese fa – mi mancava già. Si può sentire
nostalgia di un mezzo sconosciuto? Nel dubbio, sono tornato da lui
istintivamente, a scatola chiusa benché Moretti ne trarrà il
prossimo lungometraggio, e l’autore israeliano ha voluto graziarmi
con un romanzo speciale. E risarcirmi dalle perdite del famigerato
blocco non con una, ma con ben tre storie. Guardando le
finestre illuminate di un condominio diverso dal proprio, chi non ha
mai fantasticato sulle esistenze degli altri? Dopo averci raccontato
gli alti e bassi di un quartetto di amici inseparabili, Nevo
scandaglia nel dettaglio nuovi vissuti ma adottando un formato
diverso. A differenza della Simmetria dei desideri, la cui
narrazione ad ampio respiro ripercorreva un lungo ventennio
d’amicizia, la penultima fatica dell’autore scopre la brevità
del racconto. In un condominio al centro di un Medio Oriente, al
solito, più cosmopolita e borghese del previsto, si contano tre
piani, tre narratori e tre vicende complementari. A unirli, una cornice sia architettonica che filosofica. E
quel numero perfetto – il tre – che racconto dopo racconto ci
svela il suo legame con le istanze freudiane che riassumerebbero
altrettanti stadi dell’animo umano.
I
tre piani dell’anima non esistono dentro di noi. Niente affatto!
Esistono nello spazio tra noi e l’altro, nella distanza tra la
nostra bocca e l’orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non
c’è nessuno ad ascoltare, allora non c’è nemmeno la storia. Se
non c’è uno così, a cui svelare segreti, con cui sciorinare
ricordi e consolarsi, allora si parla con la segreteria telefonica,
Michael. L’importante è parlare con qualcuno. Altrimenti, tutti
soli, non sappiamo nemmeno a che piano ci troviamo, siamo condannati
a brancolare nel buio, nell’atrio, in cerca del pulsante della
luce.
La
luce accesa al primo piano illumina impietosamente la crisi di una coppia spossata dai bisogni di figlie ancora piccole e
bisognose: perché non affidare la maggiore – la più in salute, e
purtroppo la meno amata – ai vecchi vicini tedeschi, che sentono
spesso nostalgia della loro nidiata di nipotini? In seguito a
un ambiguo allontanamento dell’anziano e della bambina, ritrovati
poi in atteggiamenti compromettenti, l’uomo di casa
diventa ossessionato dal dubbio. Protettivo e irruento, segna il territorio per scoraggiare il potenziale
aguzzino. In un monologo ininterrotto, confessa un dubbio atroce: ha
affidato la luce dei suoi occhi a un pedofilo? Al secondo piano, un donna sull’orlo di una crisi di nervi
scrive una lettera indirizzata a un’amica americana: trascurata dal
marito viaggiatore e ribattezzata la Vedova dagli altri inquilini,
fuga la solitudine con penna e inchiostro; ricorda; condivide il resoconto di una passione breve e bruciante. Ha ospitato
per un po’ il cognato gravemente indebitato, e in un tradimento mai
passato all’atto pratico ha scoperto la solidarietà e gli orgasmi
in una casa piena di orologi. A tormentarla, però, è un pensiero
strisciante: la malattia mentale ereditata dalla madre. Sono
veri i barbagianni che le parlano nel cuore della notte? E
il suo ospite fascinoso? Il terzo piano, invece, è ingombro di
scatoloni: c’è una giudice distrettuale in pensione che, dopo la
morte del marito, ha deciso di voltare
pagina. Si sente utile partecipando alla rivolta giovanile,
disobbedisce – legge Freud, ascolta Strauss – e in un viaggio in
macchina verso il deserto segue un uomo con una giovinezza nei
servizi segreti, desideroso all’improvviso di buone azioni. La
rivoluzione è mettersi in gioco senza cercare di mettere tutto sotto
verdetto. E questa volta è sussurrata alla segreteria telefonica,
nello studio di un mausoleo da chiudersi alle spalle per ricominciare
altrove.
Nei
veri addii qualcosa rimane sempre tronco.
Ci
sono le bizze da maschio alfa della prima voce narrante, protagonista
di una vicenda sottile e scabrosa che rimanda all’Es: un calderone
ribollente dove confluiscono l’irrazionale, l’animalesco, il
torbido da frenare in nome del quieto vivere. Seguono le
fantasticherie sentimentali della seconda narratrice, divisa tra
erotismo e follia, che con difficoltà crescente tenta di imporre il
proprio Io. Infine, ecco i dettami del Super Io: un insieme di norme
e leggi ferree, sapientemente riassunto da una giudice che non ha
saputo conciliare due parti in lotta – il figlio e il marito –
prima del pensionamento.
Straordinario per il lavoro d’introspezione
e l’originalità degli espedienti, Tre piani è la
riconferma di uno scrittore talmente talentuoso da far per tre. Una
sinfonia che parla di relazioni e affetti, incomunicabilità e
perdono, che sperimenta continui stilemi narrativi per raccontare il
più indagato e affascinante degli oggetti di studio: il nostro
cuore. Semplice ma mai banale, colto ma mai spocchioso, Eshkol Nevo è
l’anfitrione che ci guida nelle case degli altri, e nelle loro
pulsioni profonde, per insegnarci l’universalità delle
ambientazioni, dei pensieri e dei dolori. L’importante è non
stupirsi dello sporco sotto il tappeto di qualcun altro. Non
giudicare il disordine delle sue stanze polverose, né tentare in
alcun modo di porvi rimedio. Ma far finta a malincuore di non essere
mai stati lì, armati di passo svelto e discrezione, nonostante il
soggiorno ci abbia cambiati. Mentre noi lasciavamo tutto com’era,
polvere compresa, e da quel terzo piano senza ascensore ci
riversavamo nella vita vera.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Diodato – Che vita meravigliosa
Mi ha sempre affascinata, e visto il tuo commento vedrò allora di leggerlo presto anche io ☺️☺️☺️
RispondiEliminaConsigliatissimo!
EliminaBello, l ho gradito molto. Aspetto il film di nanni *_*
RispondiEliminaAnche io, benché tema che una trasposizione potrebbe appiattirlo e banalizzarlo un po'.
EliminaIo però parto da quello che avevi recensito tempo addietro. Ciao da lea
RispondiEliminaVai con La simmetria dei desideri!
EliminaDevo dare una chance a questo libro e a questo autore: ne La simmetria dei desideri non mi aveva entusismato. Forse non era il suo momento. Baci
RispondiEliminaPuò darsi. Questo, più piccolo, più familiare, ti piacerebbe molto secondo me.
EliminaGià lo sai, non vedo l'ora di leggerlo e di leggere altro di Nevo.
RispondiEliminaHo scoperto che sul sito di Vanity ci sono i suoi racconti brevi di cui ti dicevo, ti lascio il link ;)
https://www.vanityfair.it/vanity-stars/eskhol-nevo
p.s.: quanto mi piace quella canzone di Diodato!
Grazie mille, li leggero con ansia. E sì, la canzone di Diodato la si ama: la sola cosa bella del finale mandato a monte da Ozpetek...
EliminaAmo particolarmente i romanzi che focalizzano l'attenzione su più storie, ognuna con un proprio protagonista, destinate in qualche modo ad intrecciarsi. L'idea di Nevo è davvero interessante e poi, come dicevi tu, chi non ha mai fantasticato sulle vite degli altri, che siano inquilini dello stesso palazzo o dirimpettai?
RispondiEliminaPrendo nota e ti ringrazio per questo consiglio di lettura. Baci
Grazie a te, direi che da al caso tuo. Un abbraccio.
EliminaPer me il blocco del lettore è una condizione che si verifica piuttosto spesso, quindi non mi preoccupa troppo. :D
RispondiEliminaA proposito di questo libro, invece, mi sa che aspetto di vedere cosa ne tirerà fuori Moretti, e poi deciderò se questo autore potrà o meno fare al caso mio.
Non ho ancora capito se Nanni mi piace...
EliminaI follow you on gfc #1102 ,follow back?
RispondiEliminahttps://insandfashion.blogspot.com/
Qui non ci stanno né inspiration né fashion, sorry.
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