Murphy non si ferma. Lo sceneggiatore più
inarrestabile (e instabile) che c'è torna con l'ennesima serie
antologica. Con una
seconda stagione già confermata, Feud
ha fatto il suo debutto parlando della rivalità tra
Bette Davis e Joan Crawford. Ormai sul viale del tramonto, le due leggende erano tornate a
sfidarsi nel cult Che fine ha fatto Baby
Jane. Quanto di vero e quanto di
simulato c'era in quell'odio che ricordiamo a distanza di mezzo
secolo? Feud, tra
biopic e rotocalco, mostra le premiazioni, i livori, il girato. Ha
una Jessica Lange autoironica e calcolatrice, strepitosa nei panni
della Crawford: attrice più bella che capace, si vociferava,
incapace di rinunciare al rosa shocking. Antipatica nel
suo narcisismo, commuove a sorpresa nel decadimento finale. Con lei
una magnetica Sarandon, che della Davis ricalca la voce roca, lo
sguardo, la scortesia. La paura,
certo, era che il tutto si trasformasse in una mezza soap opera.
Murphy, adorante, qui fa rare concessioni al kitsch e nessun errore.
Il cast è centratissimo e meno affollato del solito, nonostante
comprimari illustri – Tucci, Molina, Judy Davis nel
ruolo che in Trumbo fu di Helen Mirren. La piacevolezza della
scrittura, poi, accoglie di buon
grado i capricci, gli strepiti, gli exploit. Quando le luci si
spengono, quando la compezione non ha ragione d'essere, cosa resta?
Perché vivere se non per detestarsi? Si accumulano allora le sigarette spente, i tappi
di champagne, le rughe. Tagliate fuori, come la Swanson in Viale del tramonto,
si sperimenta la compagnia della solitudine. La storia dei dissapori tra Bette e Joan affascina e
devasta. Un po' doverosa celebrazione e un po' seduta spiritica
mascherata a festa, Feud è
una miniserie in cui lo star system celebra e condanna se
stesso. Ti svela, così, come negli anni abbia sedotto e abbandonato
le proprie amanti; destinato all'aridità i tanti fiori
all'occhiello. Il tutto, creando da una semplice intuizione un nuovo
tassello del filone del divismo – e Feud
non teme paragoni né primi piani. Hollywood, mamma chiocca e
matrigna degenere, non è un paese per cuori docili e vecchie
signore. (7,5)
In
un periodo in cui in sala c'è poco, e di quel poco non viene neanche
voglia di parlarne, fare come le stelle di Hollywood. Tradire il
cinema con il piccolo schermo. Complice la noia delle feste
comandate e l'uscita di una terza stagione, ho
recuperato gli inizi dell'acclamato Fargo.
L'adattamento televisivo di un cult degli anni Novanta, uno dice, e ti mobiliti solo adesso? Questione di momenti
sbagliati, di film visti nella superficialità di uno sbadiglio, ma
non sono un estimatore dei Coen. Disinteressato, ne ho letto
distrattamente le lodi qui e lì. Assistiamo a fatti realmente
accaduti, ci assicura una scritta che compare all'inizio di ogni
episodio. L'ennesima burla degli sceneggiatori. Che amano prendersi
gioco dello spettatore e irretirlo con massime surreali, coincidenze
a cui si presta fede, intrighi troppo impossibili per essere veri. L'umorismo nero e il protagonista, un timido assicuratore vessato dal
prossimo, fanno subito pensare a Breaking Bad. Martin Freeman, maltrattato da moglie e concidittadini,
incontra nella sala d'aspetto del pronto soccorso un Billy Bob
Thornton più iconico che mai: a quel perfetto sconosciuto, a quella
canaglia, racconta tutti i suoi guai. Non sa di stare confessando i
suoi desideri a un sicario senza scrupoli. Un sì detto
d'un fiato, così, genera una carneficina esagerata: di quelle che
fanno socchiudere gli occhi e, se ami il cinismo gratuito, ridere a
crepapelle. Alla fine del primo episodio si contano la bellezza di
quattro morti ammazzati in una cittadina spazzata dalla neve. Fatta eccezione per un'agente messa in un angolo, la polizia locale non ha né i mezzi né la
voglia di mettersi a ficcanasare. Ma quando il sangue scorre non puoi
fermarlo. E il delitto perfetto di un tale, come un'emorragia, chiama
a sé l'attenzione della malavita e una bizzarra girandola di
violenza. In Fargo,
meravigliosamente sopra le righe, si chiacchiera a suon di apologhi e
si spara a bruciapelo. C'entrano le piaghe d'Egitto – piovono
sangue e cavallette sull'imprenditore Oliver Platt -, la fragilità
del ghiaccio, l'ira dei miti. Le persone che cambiano dal giorno alla
notte, e si trasformano in predatori. La città è disorganizzata: abbastanza da
pensare di poterla fare franca. Ma è piccola, un buco di mondo: ci
si pesta i piedi, ci si dà sui nervi anche non volendo. La neve
custodice le tracce delle loro assurde "rocambolerie", e la memoria non
può fare altro che imitarla. (8)
Non pensavo che la chiusura del motel più
famoso del piccolo schermo potesse lasciarmi addosso questa tristezza. Bates Motel,
riscrittura del capolavoro di Hitchock, era infatti iniziato sotto una
cattiva stella. Aveva difetti grandi due stagioni. La pazzia emergeva
a partire dalla terza. Quando il liceo finiva, gli ospiti sparivano,
il giovane Psycho covava cattivi pensieri. Il resto, a
beneficio di chi aveva preferito rimandare l'abbandono, era stato una
sorprendente escalation. Parco di splatter e generosissimo dal punto
di vista emotivo, Bates Motel aveva
avuto forse il suo apice nel decimo episodio della quarta stagione.
Succedeva l'irreparabile e un Norman distrutto rimaneva in compagnia di un cadavere trafugato. L'ultima
stagione, ambientata qualche anno dopo, si allinea al film originale
ma sceglie una conclusione diversa. Marion Crane – Rihanna,
impegnata in un discutibile cameo – parcheggia sul vialetto. Si concede la famosa
doccia, ma sotto la furia delle coltellate
muore qualcun altro. Norman commette errori su errori, va incontro a
un epilogo annunciato. Al solito, non si rinuncia a sottotrame più o meno
accessorie: la sete di vendetta dello sceriffo galeotto e il
riavvicinarsi di Olivia Cooke e Max Thieriot – affiatati genitori
di una neonata da tenere all'oscuro - richiamano protagonisti e
figuranti dove le tragedie della famiglia hanno avuto inizio. Egregio
padrone di case, con la sognante Dream a little dream of me
in filodiffusione, un Freddie Highmore psicotico e
sottovalutatissimo; lo spettro dell'indispensabile sobillatrice Vera
Farmiga, invece, si accontenta di aleggiare tra cucine assolate e
scene del crimine. All'inizio lo si mal sopportava. Alla fine,
preoccupati per cosa sarà di lui e dei suoi incubi assurdi, si tifa
per la redenzione della mela marcia. Perché quello al Bates
Motel resta sì un pernottamento
modesto, su Tripadvisor e in streaming c'è di meglio, ma mantiene le
promesse – che sarà turbolento e senza ritorno, volubile e poco
confortevole, degno di tutta la fiducia che gli hai regalato.
Dispiace fare il check out. Dispiace congedarsi da Norman, serial
killer di cui sentirò la mancanza, e voltargli le spalle. Potrebbe
essere l'ultima volta. Potrebbe nascondere un coltello e pugnalarci
alla schiena, sognandosi Norma. (7)
Sarà che non ho mai visto Che fine ha fatto Baby Jane, ma proprio non sono riuscito a provare interesse per Feud. Per adesso l'ho abbandonata dopo una manciata di episodi, ma magari in futuro proverò a fare lo sforzo di continuarla. Anche se non prometto niente... :)
RispondiEliminaBuon recupero, Fargo. Io ho appena iniziato la terza stagione. Niente male la prima, per fortuna la componente "coeniana" è presente solo fino a un certo punto. Però è comunque presente ed è purtroppo ciò che impedisce alla serie di rientrare tra le mie preferite.
Con Bates Motel sto arrivando al finale, mi mancano ancora gli ultimi due episodi, poi ritorno a leggere per bene la tua opinione, ma mi sa che potrei essere anch'io triste per il check out. ;)
E recuperalo, Che fine ha fatto Baby Jane. La serie, tra vecchiette al top e colpi bassi, secondo me merita moltissimo. Questi Emmy li vedo duri...
EliminaFargo recuperato e amato in un lampo, ma sto facendo fatica con la seconda stagione. Ho visto appena tre episodi. Migliora andando avanti? Sonnecchio un po', a dirti la verità.
Bates Motel ha i soliti pregi e i soliti difetti, ma gli si vuole bene. Molto.
Niente, Feud proprio non mi ha invogliato, saranno le troppe antologie di Murphy, sarà che la storia di per sé mi interessava poco, ma magari mi concedo a una prossima stagione più sulle mie corde.
RispondiEliminaBravo che ti sei recuperato Fargo, ne valeva la pena, meno Coen dell'originale, e un gran bel vedere, ora poi che c'è un doppio Ewan, ancora di più (anche se devo ancora iniziare la visione).
Al Bates Motel ho fatto check out dopo una prima stagione troppo teen, e mi stupisce ancora si sia arrivati a così tante stagioni... recuperarla tutta non credo proprio, anche se mi dispiace aver perso il suo miglioramento.
Murphy fa disastri. Ho odiato le ultime stagioni di Scream Queens e American Horror Story, come sai, e l'acclamato American Crime Story mi è parso troppo gelido, troppo impersonale. Qui si vede che era nel suo, e che amava quello che faceva. Proseguendo, ha picchi incredibili. Il posto nel listone, al momento, glielo lascio. Poi chissà. ;)
EliminaOh, sono d'accordissimo. Uno che la pensa come me! ;)
RispondiEliminaFeud mi manca, ma adoro Che fine ha fatto Baby Jane, quindi potrei recuperarla.
RispondiEliminaFargo bellissima. E la seconda anche meglio.
Ah, allora proseguo volentieri. I primi episodi mi avevano preso così così.
EliminaFeud recuperala, allora. E' breve, curata e offre retroscena interessantissimi. Se non si conosce il film, come nel caso del Cannibale (infieriamo!), capisco che non ispiri.
Feud lo voglio vedere, assolutamente, e anche fargo ^_^
RispondiEliminaRecuperi doverosi. ;)
Eliminastavo per cominciare Fargo.. alla fine ho optato per la 4 stagione di Vikings ma a questo punto credo la recupererò :-)
RispondiEliminaSegui già poche serie, poi ti cimenti con quattro anni di Vikings? :)
EliminaRecupera Fargo, ogni stagione è anche autoconclusiva!
Pensa proprio ieri mi sono detta che era arrivato il momento di iniziare Bates Motel, sono contenta che migliori di stagione in stagione
RispondiEliminaDecisamente!
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