giovedì 4 maggio 2017

Recensione: La forma del buio, di Mirko Zilahy

Perché il caos genera la paura. 
E l'ordine è l'unica cura.

Titolo: La forma del buio
Autore: Mirko Zilahy
Editore: Longanesi – La Gaja scienza
Numero di pagine: 420
Prezzo: € 18,60
Sinossi: Lui si trasforma, e trasfigura le sue vittime in opere ispirate alla mitologia classica: il Laocoonte, la Sirena, il Minotauro… Sono però soltanto indizi senza un senso apparente, se non si è in grado di interpretarli. Di analizzare la scena del crimine. E tracciare un profilo. Ma il miglior profiler di Roma, il commissario Enrico Mancini, è lontano dall’essere l’uomo brillante e deciso di un tempo. E la squadra che lo ha sempre affiancato non sa come aiutarlo a riemergere dall’abisso. Mentre nuove «opere» di quello che la stampa ha già ribattezzato «lo Scultore» appaiono sui palcoscenici più disparati, dalla Galleria Borghese all’oscura, incantata Casina delle Civette a villa Torlonia, dallo zoo abbandonato all’intrico dell’antica rete fognaria romana, Mancini viene richiamato in servizio e messo di fronte a quella che si dimostra ben presto la sfida più terribile e complicata della sua carriera. O forse della sua stessa vita.
                                          La recensione
Scrissi di E' così che si uccide la sera di Capodanno. Lo ricordo come se fosse ieri. Era un periodo nerissimo e abbozzavo le mie impressioni in attesa di sentire, fuori, gli scoppi dei petardi e il conto alla rovescia. Nel romanzo di esordio di Mirko Zilahy – prima che scrittore, rinomato traduttore – avevo trovato un dolore, una rabbia, che sentivo mie. Nel suo thriller c'erano strade allagate, tempeste infinite, cieli senza Dio. Il Tevere scorreva come un acquitrino di malanni. L'indagine del profiler con l'afflizione cucita addosso era cosa archiviata. Ma il dolore per la morte di una moglie conosce mai fine? La crudeltà del prossimo si ferma a riposare? Il secondo romanzo di Mirko, perciò, si apre a qualche mese di distanza dall'altro. A distrarre il protagonista dal lutto e dall'attrazione per la collega Giulia Foderà, una misteriosa sequela di omicidi rituali. Roma, ancora una volta, torna a fare da straordinaria scena del crimine; museo a cielo aperto per delitti che, nella loro perfezione, sembrano opere d'arte. Il rigor mortis, assieme ai chiodi, fissa i corpi delle vittime come fossero gruppi scultorei. 
Il serial killer, il “cacciatore di mostri”, manipola l'oscurità e si muove come un ratto nei sotterranei della capitale. Proprio sotto il manto stradale si aprono cantucci e cunicoli che sono il suo laboratorio segreto – lì sotto, furtivi, sgattaiolano tanti orfani senza speranza come Niko, bimbo rom conosciuto un libro fa. La forma del buio è un mattoncino di quattrocento pagine, scorrevole e accattivante. Splatter e ricercato, crea immagini esemplari con le parole – e capolavori con i suoi morti – ma, a carte scoperte, sceglie di rinunciare all'effetto sorpresa. Conosciamo già la scrittura dell'autore, amante del “bello scrivere” tutto italiano: sono presenti descrizioni meticolose – perfino dei bagni di sangue lasciati dall'omicida in fuga – e flussi di coscienza a confine con la poesia. I capitoli dal punto di vista del cacciatore, le soggettive di un giallo a là Dario Argento, anticipano le mosse e l'identità del colpevole: 
possediamo in anticipo, così, scampoli della sua infanzia di privazioni, dei suoi piani, e suona inefficace il tentativo di inserire un colpo di scena in chiusura. Complice la lettura del recente Il maestro delle ombre, di un Carrisi così diverso ma che eppure si muove lungo simili binari, ho spesso avuto la sensazione che Mancini e il penitenziere, Marcus, rischiassero di pestarsi i piedi in uno di quei crossover possibili soltanto nelle menti di certi lettori. 
Tra musei e labirinti, invece, non ci si sfiora per un soffio. Mi è mancato il wow, questa volta. La bocca spalancata per lo stupore degli snodi, non delle semplici – be', semplici, si fa per dire - immagini. Perdonabili difetti dei capitoli di transizione, incertezze di questi romanzi intermedi. Se il precedente era un'introduzione al mondo di Mancini in cui in ballo c'erano vendette necessarie e sentimenti scomodi, il seguito si mostra molto più fisico. I rapporti fra i personaggi, qui e lì, mi sono parsi inseriti in un secondo momento – mi riferisco agli amori sbocciati nel team del protagonista, ma anche all'introduzione sommaria della consulente Victoria Nigro – e, come in un serial americano, a contare sono più le vittime che verranno. La forma del buio non è un thriller dei più intricati, ma ha uno stile barocco – di quelli che potrebbero appesantire la narrazione ma riescono magicamente nel contrario –, ritmi sostenuti e cadaveri in posa, sulla scia di una suggestione che nasce dalla storia greca. Ricordate la violenza esemplare della serie TV Hannibal e l'impossibilità di distaccare lo sguardo dai trofei umani plasmati da Mads Mikkelsen? La notte romana ricrea i miti di Laocoonte, Partenope, Medusa, Lamia, Scilla, Bacco (da ex classicista, scalpito). Le lame affilate e il lavoro certosino del folle con gli occhi di cielo cercano un senso al caos e lo trovano nella mattanza gratuita. Zilahy – bravissimo anche quando l'intreccio non va di pari passo con l'eleganza della sua penna –, intanto, darà al buio la forma seducente che solo lui sa.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Lana Del Ray – Gods and Monsters 


8 commenti:

  1. Bellissima recensione come sempre! Io, come sai, ho invece apprezzato la transizione ed ho puntato gli occhi più che sulla parte prettamente thriller, sull'evoluzione di Mancini che mi è apparsa tangibile e concreta. Su una cosa posso essere d'accordo con te, il colpo di scena finale è ininfluente, il romanzo avrebbe retto benissimo anche senza! Per il resto concordiamo sullo stile dell'autore e sul suo scrivere "alto", cosa non facile da trovare nei libri di questo genere! :)

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    1. Grazie, Dani. Con te, e con Mirko, ci siamo già confrontati. Mi ha anticipato che Niko, nel terzo, sarà indispensabile. ;)

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    2. Ecco, non poteva essere buttato lì a caso, non è a da Mirko! ;)

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    3. Fa eccezione Alexandra, insomma. :-P

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  2. Ciao! Ho avuto la fortuna, grazie sopratutto a Daniela, di conoscere questo autore a Tempo di libri, ascoltare un suo intervento e l'intervista dal vivo. Non ho letto il primo, ma l'ho già recuperato, lui mi ha convinto e adesso gli darò una possibilità!

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  3. Mi hai fatto venire voglia di recuperare il precedente E' così che si uccide, piuttosto che questo. In ogni caso, Mirko Zilahy mi sembra un nome (complicato) da segnare. ;)

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    1. Complicatissimo! Ho riletto la recensione venti volte, stamattina, per paura di storpiarglielo. ;)

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