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Stoner, di John Williams. Fazi Editore, € 15, pp. 332 |
Durante lettura di questo romanzo sono stato malissimo.
Non so quanto la malinconia di questi giorni dispari sia scaturita dalla storia raccontata da John Williams, quanto da un vaso di Pandora di
tristezza scoperchiato inavvertitamente. Scrivo della mia ultima
lettura di getto, così, sperando che smetta di bruciare un poco. Non
so se ho letto Stoner perché stavo male, o se stavo male perché leggevo Stoner. Nonostante l'amarezza della premessa,
giuro che il romanzo – pubblicato con scarsa risonanza
cinquant'anni fa e acclamato in tempi recenti come moderno capolavoro della narrativa americana – non è dei più disperati. Solenne e
raffinato, con passi di un lirismo commovente, scorre in realtà
meglio di quanto avessi immaginato. Tanti dubbi infondati, prima di
iniziarlo, pensando di non cogliere la grande bellezza nel logorio di
questa vita modesta; di non esserne all'altezza.
Era
arrivato a un’età in cui, con intensità crescente, gli si
presentava sempre la stessa domanda, di una semplicità così
disarmante che non aveva gli strumenti per affrontarla.
Si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere
vissuta. Se mai lo fosse stata.
Cinquanta
pagine, invece, ed ero già innamorato della fragile routine di
William Stoner. Prima l'infanzia nei campi con una piccola famiglia
d'estrazione contadina; poi i poco ispirati studi di Agraria e gli
anni da matricola trascorsi in una soffitta in affitto; infine
un'epifania, la scoperta inattesa della Letteratura e le timide gioie
della carriera accademica, fino a un pensionamento doloroso, da
rimandare il più a lungo possibile. Nel mezzo: il matrimonio senza
amore con Edith, donna pallida e infelice che passa il tempo chiusa
in camera da letto o a rimproverargli ogni singola mancanza; una
figlia, Grace, che purtroppo non saprà proteggere dal fallimento;
un'amante lasciata andare via, nonostante le vane proteste del cuore;
amici fidati sulle dita di una mano e l'aperta ostilità con un
collega, incapricciatosi per una nota di demerito al suo
pupillo. Stoner racconta, da una nascita senza grandi strepiti a una morte altrettanto
silenziosa, l'esistenza a testa bassa (ma con gli occhi pieni di cose) di
un professore di provincia votato alla mediocrità. Di quelli
naturalmente trattenuti, che si guardano le mani quando parlano e non
hanno un'opinione per tutto. Le guerre arrivano e passano, e lui non
se ne accorge. Si seppellisce nei test da correggere, nelle
ricerche, e riemerge dalle carte soltanto al momento dei pasti e dei
funerali. Diplomatico ai limiti dell'indolenza, senza spirito patrio
né nobili intenti. «Felice di tanto in tanto», scrive l'autore,
soprattutto nella sacralità di uno studio brutalmente invaso dagli ammodernamenti dell'antipatica Edith.
Il
passato sorgeva dalle tenebre e i morti tornavano in vita di fronte a
lui, e insieme fluivano nel presente, in mezzo ai vivi, tanto che per
un istante aveva la percezione di stringersi a loro in un’unica,
densa realtà, da cui non poteva e non voleva sottrarsi. Tristano e
la dolce Isotta gli sfilavano sotto gli occhi; Paolo e Francesca
vorticavano nel buio incandescente; Elena e Paride, amareggiati dalle
conseguenze del loro gesto, spuntavano dal buio. E Stoner li sentiva
più vicini dei suoi stessi compagni.
William
Stoner sono io. Quando mi sento ospite nella mia stessa casa, perdo
il controllo e aspetto che gli eventi capitino. Quando non so cosa
fare, o ho semplicemente perso la strada per arrivarci. Quando
aspetto che la vita mi cada in testa, come un sasso o un aeroplano.
Non mi sta bene questa giovinezza, no, ma ho perso lo scontrino. L'ho
ammesso a me stesso di recente. Non mi piace dove sta andando a
parare. A volte mi siedo, con lo stomaco vuoto, e scopro di aver
dimenticato quale direzione avessi scelto per lei. Mi
sono fermato a metà, per un'eterna sosta che è diventata poi casa
mia. Muovo un passo dopo l'altro, non sapendo quel che sarà
domani. Non quello che vorrei comunque, perché non ho
gettato le basi giuste, non l'ho costruito, e l'arrivo
dell'inverno mi sorprenderà gelandomi. Ho ventitré anni, e già sono Stoner.
Quanto esaltarsi per quella vita senza infamia e senza lode, quanto
rimproverare alla mia: che paradosso. Leggendo ho conosciuto lui, ma
anche me stesso. Mi sono riconosciuto. Gli ho voluto bene fino
all'ultimo, in un romanzo lungo un esame di coscienza, e ho ripreso
a volermene. Mi sono perdonato.
«Anche
tu sei votato al fallimento. Ma anziché combattere il mondo, ti
lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra a
chiederti cos'è andato storto. Perché ti aspetti sempre che il
mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere. […]
Ci servono dei pretesti per sopravvivere. E sopravviveremo, perché
così dev'essere.»
Qualcuno
potrebbe dire che siamo pagine vuote, ma guardate che poesia ci scrive
sopra John Williams. Più che un autore, uno di quei fotografi che
fanno il miracolo di coglierti distratto, al naturale, bello come non
ti eri visto mai. E sono io, domandi? Sì, sei tu.
Senza ritocchi in postproduzione, senza filtri: solo con la luce giusta. Quanto è abusata l'espressione: è uno dei romanzi della mia vita. Ma, perdonate la scontatezza, questo lo è davvero. Di quella vita noiosissima e bellissima che non ho mica chiesto io, ma tant'è. Che non farà la rivoluzione, mi ha detto una persona cara, ma la differenza per qualcuno. Stoner sono io, sì, e in fondo anche tu.
Senza ritocchi in postproduzione, senza filtri: solo con la luce giusta. Quanto è abusata l'espressione: è uno dei romanzi della mia vita. Ma, perdonate la scontatezza, questo lo è davvero. Di quella vita noiosissima e bellissima che non ho mica chiesto io, ma tant'è. Che non farà la rivoluzione, mi ha detto una persona cara, ma la differenza per qualcuno. Stoner sono io, sì, e in fondo anche tu.
Il
mio voto: ★★★★★
Il
mio consiglio musicale: Brunori Sas – La verità
Bellissimo articolo per un bellissimo romanzo, uno dei migliori letti di recente. Sono stato male anch'io in certi punti...
RispondiEliminaTi ringrazio, Jacques.
EliminaIl difetto: ora voglio leggere tutto il Williams che c'è, e in tempi brevi.
e vabbè... wow
RispondiEliminaTutto 'sto entusiasmo per quella frase che abbiamo sistemato stamattina, ve'?
EliminaLa Crusca, se è qualcosa, la mando da te. :-P
Ma wow davvero, scè! E poi la crusca sono io :P
EliminaQuante identità segrete...
EliminaGrazie, So'! :)
La recensione è come il libro, di un lirismo commovente, ma credo più in quello che dice Reese Witherspoon alla fine di Wild. Siamo tutti Stoner, ma la vita è nostra, unica e irripetibile.
RispondiEliminaUn abbraccio da Lea
Wild, altro film a cui ripenso con il magone. Sarà un caso?
EliminaTi ringrazio, Lea. :)
stoner mi è piaciuto un sacco... e mi ha fatto tanta paura: anche io sono un po' stoner! :(
RispondiEliminaHa fatto paura anche a me, Federica, ma c'è chi può dirsi persone peggiori. Siamo noiosi, sempre uguali a noi stessi, ma onesti. Soprattutto nell'ammettere cosa non va, quello che non ci piace.
EliminaMi interessa, ma credo mi farebbe male leggerlo adesso.
RispondiEliminaImpossibile, appresso a Stoner, non darsi ai bilanci.
EliminaE, di conseguenza, non uscirne appagati, ma provati.
È una recensione bellissima e personale, ma credo che il libro non lo leggerò in tempi brevi: credo che ne uscirei a pezzi, e non è proprio il caso.
RispondiEliminaTi ringrazio, Kate.
EliminaStoner è stato il romanzo giusto nel periodo sbagliato, forse. Tutt'altro che deprimente, tutt'altro che strappalacrime, ma per forza di cose molto amaro. Aspetta un po', ma leggilo.
Da quanto scrivi mi sembra di capire che stai passando un periodo abbastanza difficile e complicato. :(
RispondiEliminaPer fortuna che ci sono i libri. Questo sembra bellissimo, ma anche potenzialmente noiosissimo...
Se devo essere sincero, l'idea che possa far star malissimo anche a me non mi invoglia tantissimo a leggerlo.
In realtà, malinconia passeggera a parte, soprattutto grazie a romanzi così, non posso lamentarmi troppo.
EliminaFinita la sessione autunnale, con meno da fare e troppi pensieri, mi ripiego un po' su me stesso...
Su Stoner, ti dirò di più. E' in programma un film di Joe Wright, per me un maestro di eleganza, con Casey Affleck per protagonista. Dopo Manchester by the sea, altro ruolo immenso.
Mi sono bastate le prime righe e come hai condiviso tutto tra i social, per farmelo appuntare in lista. Ovviamente e purtroppo per il momento non leggo oltre, nonostante la tentazione.
RispondiEliminaLo amerai altrettanto.
EliminaUn romanzo che mi sollecita da anni ma che rimando sempre.
RispondiEliminaIn un momento di grande cambiamento, con un figlio, il piccolo, già fuori per inseguire i suoi sogni e un altro pronto a partire dopo la laurea triennale, mi ritrovo a pensare alle mie possibilità di scelta quando avevo l'età giusta.
Non ho messo a frutto tutto il mio potenziale, non ho potuto e forse ho avuto paura.
Sono comunque soddisfatta della mia vita ma sento che una parte di me non ha vissuto pienamente,e non si torna indietro, questo è certo.
Stoner forse, dalla meravigliosa immagine che hai tratteggiato, sta anche in me.
E forse, ma non ora, troverò il coraggio di leggerlo.
Lo spero, Solsido.
EliminaLeggerlo è un'esperienza che segna, secondo me.
Credo di aver sentito parlare di questo libro in tutte le salse, ma sempre benissimo... eppure qualcosa mi ha sempre frenata... probabilmente la paura di non riuscire ad apprezzare questo piccolo capolavoro di cui tutti fanno un gran parlare. E adesso arriva la tua sentitissima recensione... mannaggia... che dici, ormai i miei gusti li conosci, mi butto o no? Stoner sì o Stoner no?
RispondiEliminaSe ti senti Stoner anche un po' tu, e chi non ci si sente certi giorni, direi di sì. E' un romanzo più grande di noi ma che, non saprei come dire, non te lo "sbatte" in faccia.
EliminaLo voglio un sacco, sento che è il mio libro, e voglio un sacco anche Una Vita Come Tante di Hanya Yanagihara.
RispondiEliminaLo punto anch'io, ma quanto è caro? Quanto è lungo?
Eliminaho recuperato la recensione, e come pensavo mi sono ritrovata in tutto.
RispondiEliminaUn'unica cosa non perdono a Stoner, di non aver provato davvero a salvare la figlia, di aver pensato che "almeno lei aveva la bottiglia con cui consolarsi", questo no, non mi va giù.
Anche io come te, appena finito, volevo leggere tutto di Williams, ma mi sono trattenuta. Ora credo di esser pronta, inizierò Augustus a breve, vediamo se mi fa lo stesso effetto