Malinverno, di Domenico Dara. Feltrinelli, € 18, pp. 330.
Se nell’immaginaria Timpamara tracciassimo una linea tra
il maceratoio e il camposanto, otterremmo una retta perfetta. Lo stupore, poi,
crescerebbe ulteriormente dopo la seguente constatazione: la biblioteca
comunale sorge proprio a metà strada. Da un lato dunque avremmo il
luogo in cui vanno a morire i libri, dall’altro quello in cui muoiono gli
esseri umani, e giusto al centro una bolla che ristabilisce gli equilibri per
magia: nelle biblioteche, infatti, tanto le storie quanto gli uomini che le
hanno scritte sono salvi dall’oblio. A dispetto della caducità della carta
stampata, sugli scaffali non si muore mai.
In ogni angolo di Timpamara, su davanzali, panchine,
portabagagli delle auto, sui sacchi della spazzatura e perfino sui cappelli
delle signore, poteva trovarsi la pagina di un romanzo: quando le genti le
raccoglievano la leggevano, e se non piaceva non la buttavano ma l’appoggiavano
da qualche parte, nella fioriera del marciapiede o su un gradino, fermata da
una pietra affinché qualcun altro la prendesse; se piaceva, invece, la
portavano a casa e la conservavano. Leggevano tutto e tutto serbavano, i
timpamarani, quasi a contrappesare il destino di distruzione del macero: lì i
libri venivano cancellati, loro invece li tenevano in vita.
“Custode di libri,
guardiano del cimitero, protettore dei vinti”, Astolfo Malinverno si giostra
tra un polo e l’altro. Timido e perseguitato dalle sciagure, ha un modo tutto
suo di stare al mondo e poca dimestichezza coi vivi. Pertanto non si cruccia troppo
dell’ennesimo incarico annunciatogli dal messo comunale: mentre nel pomeriggio
registra i prestiti bibliotecari, al mattino appunta i trapassi. Tanto i
lettori quanto i parenti dei defunti presentano simili idiosincrasie. Un
novello Lazzaro si avvicenda così a un assicuratore con ambizioni proustiane;
qualcuno vorrebbe seppellire il proprio animale domestico e qualcun altro un
arto mutilato; c’è chi sfoggia sul loculo una foto in coppia con l’amante
platonica e chi, invece, vorrebbe sposare il fidanzato fresco d’incidente
mortale; infine ecco entrare e uscire puntualmente i visitatori più enigmatici
di tutti. Un uomo incappucciato, che ausculta l’ambiente circostante con un
paio di cuffie, e una bellissima donna di nero vestita che indugia ai piedi di
una tomba in particolare: peccato che la defunta, che Astolfo nel frattempo ha
soprannominato Emma Bovary, sia la sua copia carbone. Cosa cercano i vagabondi
inquieti che si muovono entro quelle mura di cinta? Ci si può innamorare perdutamente
di un fantasma?
Bisogna essere soli per sapersi prendere cura di altre
solitudini.
Nel terzo romanzo di Domenico Dara, autore che scopro qui
per la prima volta, succedono letteralmente cose dell’altro mondo. Ho pensato
alle atmosfere della poesia cimiteriale, tetra e romantica. Ho pensato,
soprattutto, ai mondi incantevoli del compianto Zafon. Giunto in libreria a
fine estate, Malinverno si è rivelato
la lettura ideale in abbinamento con i primi rigori dell’autunno, con i tè
fumanti sorseggiati a merenda e, soprattutto, con i preparativi per l’imminente
Halloween. Il romanzo si muove avvolto in atmosfere piacevolmente lugubri, e ha
un gusto per la narrazione che riempie gli occhi di nostalgia: è figlio d’altri
tempi, è una creatura sovrumana in cui ogni minimo figurante vive di alte
citazioni – e trattandosi di un romanzo corale, quindi, impossibile
non leggerne di bellissime. Tutto racconta una storia. Ogni nome della galleria
di Domenico Dara – popolosa e, isolato difetto, forse un po’ dispersiva –
convive con rimpianti, segreti, ambizioni, amori persi e amori ritrovati. Può
Astolfo, sensibile com’è, far sempre propri il dolore e le vicissitudini
altrui? Quando troverà il coraggio di vivere davvero?
Perché chi ama, appena scopre nell’altro un cedimento o
una manchevolezza, non ha altro scopo che apparare e livellare, che forse a questo
serve l’amore, a sentirci necessari, a essere lo stucco sulle incrinature dei
vetri, la toppa sugli strappi dei tessuti, il punto tra le pelli lacerate.
Artefice di uno Zibaldone pieno di note a margine, il
protagonista condivide a cuore aperto hobby e paturnie. Una su tutte:
l’abitudine a riscrivere dal nuovo i finali dei romanzi più celebrati, a suo
dire manchevoli se provvisti di lieto fine. Lo ammetto, sì, sono
d’accordo con lui: le storie perfette sono quelle che garantiscono il crepacuore.
Ma leggendo dei suoi sospiri verso Emma – morta chissà quando, morta chissà
come: ora riposa nell’anonimato, all’ombra dei fiori di cardo –, è difficile
non opporsi alla rigorosa logica di Astolfo. Non confidare in un’eccezione alla regola. A questo romanzo
e all’eroe eponimo, insomma, si finisce per volere un bene oltre misura. Sarà
che sono entrambi generosi nel condividere pagina dopo pagina passioni,
dettagli, aneddoti: francamente basterebbero per altri dieci romanzi. Sarà che,
più che pieni di umanità, ne sono ricchissimi, sovrabbondanti. Qui e lì si
perde l’equilibrio: sul filo dell’equilibrista, insieme a loro, portano sospese
le sorti di tutta Timpamara. Ma quando il numero circense riesce ugualmente,
nonostante tutto, come trattenere un piccolo boato di meraviglia?
L'avevo già adocchiato, sono passata in biblioteca a prenotarlo.
RispondiEliminaNel frattempo ho finito Quasi tutto velocissimo. Che dirti? Devi leggerlo assolutamente (avrai una lista chilometrica), ma condividere è la cosa più bella che ci sia!
Ho letto anche L'animale femmina, colpita dalla tua recensione. Una scrittura interessante, qualche forzatura, un finale così così, ma nel complesso ok. Ho letto talmente tanti libri, che a volte sono un deja-vu. Ho letto anche che il suo secondo libro non ti ha entusiasmato altrettanto.
Buona giornata!
Ciao Lory! Fammi sapere, al solito, come lo trovi.
EliminaLa Canepa, ai tempi, fu una bellissima scoperta, ma il secondo davvero evitabile: l'ho dato via.
Nel frattempo mi sono fatta un giro in rete per scoprire i precedenti libri di Dara e mi sembrano interessanti pure loro.
RispondiEliminaVerissimo, tutti affascinanti!
EliminaHo amato Appunti di meccanica celeste, leggerò sicuramente anche questo *____*
RispondiEliminaE io lo amerò altrettanto, ne sono certo. :)
EliminaAtmosfere della poesia cimiteriale?
RispondiEliminaSembra una cosetta proprio allegra. :D
Assai!
EliminaUn libro che ha toccato il mio cuore nel profondo e ho pianto commossa. Uno scrittore, ma direi un poeta, davvero notevole, cercherò altro di lui. Mi è piaciuto tantissimo, la sua scrittura è una carezza, unico neo il finale, che tristezza!
RispondiEliminaBellissimo, lo porterò nel cuore.
Sì, davvero struggente il finale.
EliminaBravissimo Domenico, sono curioso di rileggerlo!