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Blu, di Giorgia Tribuiani. Fazi, € 16, pp. 250 |
Dopo Guasti, opera prima in cui i cadaveri diventavano opere d'arte – il tema, macabro ma affascinante, era quello della plastinazione –, Giorgia Tribuiani torna in libreria alzando l'asticella dello sperimentalismo, della provocazione, dell'inquietudine. Frammentario, singhiozzante, disordinato, il nuovo romanzo è un'immersione letteraria senza capitoli e senza pause, senza respiro. Probabilmente avrei apprezzato un simile flusso di coscienza a piccole dosi, sul breve tratto. Blu intriga nella prima parte, invece, e finisce poi per trascinarsi nella seconda. Fedele a sé stesso, non cambia registro neanche quando la protagonista sembra man mano riappropriarsi della propria identità. E, affaticato da uno stile poco scorrevole e dalle atmosfere asfissianti, sono arrivato al punto da sperare che finisse il prima possibile: non perché sia una lettura sconsigliabile, ma perché – cercate gli effetti collaterali sul bugiardino – potrebbe suscitare spesso frustrazione e claustrofobia. La mente a soqquadro della protagonista, d'altronde, non è un posto piacevole in cui soggiornare. Come biasimare chi non vede l'ora di essere sputato fuori dal suo piccolo mondo matto?
Vorrei che non piangessi, dici, davvero, ma sai che la solitudine ti infetta il sangue, e che hai bisogno di (feritoie) ferite per entrare nel cuore degli altri come una malattia.
Geniale ed emarginata, smarginata, Ginevra – detta da sempre Blu – frequenta il liceo artistico ed è una cattiva ragazza. O tale si percepisce. Un po' vittima, un po' carnefice, avverte il peso del mondo sulle spalle e si crogiola in antiche ingiustizie. Sporca, ma in realtà piena di candore, è attratta dal dolore degli altri: vorrebbe farsi amare portando loro conforto. Figlia di genitori divorziati, cresciuta in una normalissima cameretta affollata di peluche e medaglie di nuoto, Blu ha un fidanzato che non la soddisfa sessualmente e una sorellastra diffidente. Cronicamente insicura, tiene conto maniacalmente dei respiri, dei battiti di ciglia, dei getti dell'erogatore del sapone. Ma la sua ultima ossessione, all'improvviso, è Dora Leoni: un'artista dalla vita sentimentale scandalosa, che sulla scia di Marina Abramovic si rende protagonista di performance spiazzanti. È possibile imparare da lei? È possibile carpirne i segreti, mentre si lava in pubblico in una vasca da bagno dai piedi leonini? È possibile avvicinarla abbastanza da farsi notare? Filtrata interamente dall'io caotico di Blu, la trama appare poco più di un abbozzo evanescente da inseguire fino all'epilogo aguzzando la vista. Il punto di forza della lettura, ma per me anche il suo difetto, è un approccio immersivo che o si ama o si odia.
Tutto ciò che di brutto hai vissuto non è stato che una prova per arrivare fin qui: l'esclusione, la solitudine, il dolore, nient'altro che ostacoli da affrontare per godere appieno di questo momento, una preparazione necessaria per essere scelti da Dora, ora lo sai, e ti levi in piedi e torni a girare tutte le stampe coi volti e i corpi dei performer, guardatemi, io sono Blu e sono una di voi.
Delirante, ipnotico, confusionario, il romanzo raggiunge spaventosi picchi di erotismo – la masturbazione con una penna, in scene a confine con l'autolesionismo – e sfocia poi in una storia di attrazione fatale, con tanto di stalking. Da un lato originalissimo, dall'altro faticoso, mi è parso un mirabile esercizio di scrittura forse più godibile nel formato del racconto. La compagnia di Blu è stata spiacevole, soprattutto in questi giorni di cambiamenti lavorativi, ma al sollievo per il sopraggiungere dei ringraziamenti finali si è affiancata anche una vaga tristezza: noi due non siamo andati d'accordo, no, ma non avrei voluto lasciarla sola. Anche nelle stramberie, anche negli eccessi, la protagonista è un'adolescente come tante. Che fa pensieri strani, cupi, scomodi. Chi non ne ha mai fatti? Chi non ne fa tutt'ora? Giorgia Tribuiani invita all'apertura, alla condivisione. E ci dice che quando smetteremo di essere isole disegnate a casaccio sulla tela grigiastra della nostra solitudine, perfino il dolore tornerà utile come ci prometteva un bellissimo romanzo di Peter Cameron. Il nostro brutto passato si farà performance e, allora, finalmente, arriveranno gli applausi.
Il mio consiglio musicale: Madame – Mami Papi