Vent’anni fa Ferzan Ozpetek apriva il cinema italiano al mondo queer: era un’iniziazione. È da vent’anni, salvo rare variazioni, che il regista italo-turco sembra riproporre però lo stesso lungometraggio: dovrebbe sorprenderci, dunque, l’idea di un reboot del suo primo successo? Godibilissima ma tutt’altro che necessaria, paradossalmente ben più conservatrice del film originale, la serie di Le fate ignoranti esplora meglio le tensioni del triangolo e le esistenze dei personaggi secondari. Questa, infatti, non è soltanto la storia di una giovane vedova che conosce l’amante – uomo – del marito defunto. Ma anche quella di un ritorno alla vita che passa attraverso la conoscenza di personaggi troppo orgogliosi, troppo solari, per accontentarsi di appartenere a una minoranza. Nel cast poco da segnalare a parte la grazia principesca di Cristiana Capotondi, il fascino animalesco di un sempre bravissimo Eduardo Scarpetta (di gran lunga superiore a Stefano Accorsi), i sorrisi per le macchiettistiche Paola Minaccioni e Ambra Angiolini. Appaiono un po’ svogliati i cenni all’attualità – unioni civili, omofobia e transfobia quanto basta – e, nel sonnacchioso epilogo, il viaggio in Turchia della protagonista restituisce sì un passato al personaggio dell’attrice feticcio Serra Yilmaz, ma finisce per annullare il desiderio di emancipazione della Antonia delle origini. Restano le case splendide e i figuranti attraenti, le terrazze affollate, il fiabesco senso d’armonia, i balli improvvisati. In quel condominio romano, infatti, mi prenoto volentieri per passarci il prossimo Ferragosto. (7)
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lunedì 27 giugno 2022
Le serie TV per il Pride Month: Le fate ignoranti | Euphoria S02 | Heartstopper | Conversations with Friends
È
stata la rivoluzione televisiva della sua annata. Un'esperienza
lirica, appassionata, vertiginosa: in una sola parola, euforica.
Tornata dopo una lunga gestazione sul piccolo schermo, la serie TV
sulla generazione Z meritava grandi aspettative. Sarebbe stata
nuovamente all'altezza? Sì e no. Pur confermandosi ineguagliabile
per messa in scena, recitazione e scrittura, questa volta alza
perfino di più l'asticella e propone un ciclo di episodi in cui,
soprattutto in prima battuta, si fatica a trovare un filo conduttore
coi precedenti. Le canoniche storyline devono sottostare a uno show
nello show. Spesso antinarattiva, senz'altro tronfia ed eccessiva con
i suoi barocchismi, a detta di alcuni un po' vuota, Euphoria
sceglie il cammino dell'arte per
l'arte. Come dimenticare gli sbarellamenti da Emmy di una sempre
incredibile Zendaya, che per un'ora intera fugge – come in una
canzone di Amy Winehouse – dai familiari che vogliono spedirla in
rehab? Come non perdonare la rivelazione Sydney Sweeney, che a furia
di pianti isterici e vestiti scollatissimi ci lascia dimenticare quei
tanti comprimari mancanti di un'autentica evoluzione? Chi preferire,
ancora, tra quest'ultima e la sorella minore Lexi, che si innamora di
uno spacciatore e,
a sorpresa, ruba la scena a tutti svelandosi a teatro? C'è chi, come
quell'Eric Dane al centro di uno straziante coming out, sa imporsi
comunque in questa fiumana densissima. E chi, come Hunter Schafer,
regala rari palpiti accanto alla sua sofferta Rue: quelli lasciamoli
ai triangoli amorosi che si sporcano d'ossessione; ai flashback su
un'omosessualità taciuta per perbenismo. E ai voli pindarici di una
terza stagione da tornare a commentare sui social, in futuro, puntata dopo
puntata: da amare e odiare. (8)
Lui,
goffo e timidissimo, mingherlino, è l’unico studente
dichiaratamente omosessuale di una scuola maschile; l’altro,
popolare e muscoloso, è già una promessa dello sport. All’apparenza
lontani anni luce, i due adolescenti si scoprono compagni di banco e,
presto o tardi, molto più che buoni amici. Può un amore nascente
sfidare convenzioni sociali ormai scolpite nella pietra? Ispirata ai
graphic novel della fortunatissima Alice Oseman e già confermata per
altre due stagioni, Heartstopper
è una serie da seguire con gli occhi a cuoricino. La piccola ma
grande storia d’amore tra una vittima di bullismo e la stella della
squadra di rugby, schierati – insieme agli amici più stretti –
contro i luoghi comuni. L’originalità non è di casa, soprattutto
considerato il target adolescenziale e progressista di Netflix. Ma
gli attori tenerissimi, l’aplomb da commedia inglese, i colorati
sprazzi fumettistici e il cameo di mamma Olivia Colman, sempre
splendida, fanno davvero la differenza. No, non ho più l’età e
qui e lì ho senz’altro percepito il divario generazionale. Ma
quanta delicatezza e quanta dolcezza in questi episodi, tanto carini
da apparire disarmanti: con i tempi che corrono, pregi di questi non
bastano mai. (7)
Lei
è una poetessa dall’aria malinconica, afflitta da una famiglia
disfunzionale e da un passato da cui non riesce a liberarsi. L’altra,
storica ex nonché migliore amica, è una musa scostante dall’accento
americano. Gli altri, invece, più adulti di loro, sono una
scrittrice di successo e il marito attore: infelici a modo loro,
inseguono le emozioni della giovinezza perduta. Il quartetto
dell’esordio di Sally Rooney arriva sul piccolo schermo ma non
conquista. Per quanto fedele al romanzo, la serie vorrebbe essere più
una riproposizione – impossibile – di Normal People che
l’adattamento di Parlarne tra amici.
Durante la lettura mi ero fatto un’idea diversa del romanzo: lo
immaginavo sexy, verboso, dotato della leggerezza intelligenze delle
commedie di Allen. Avrei voluto viverci. Qui, invece, è tutto più
indie, intimista e inutilmente impegnato. Tutti appaiono perennemente
tristi e pensierosi, nonostante i flirt continui e le vacanze
gratuite in Croazia. Il cast, guidato dall’intensa e sconosciuta
Alison Oliver (anche se l’elemento più memorabile è la voce di
Joe Alwyn), è ben assortito ma manca di chimica. La regia di Lenny
Abrahmson è un sogno da film Sundance. Ma questa volta sono i toni a
sembrare fuori fuoco. Possibile che questa chiacchierata lunga dodici
episodi coinvolga più quando si parla di endometriosi – argomento
mai affrontato in precedenza sul piccolo schermo – che di
poligamia? Provaci ancora, Sally: hai un altro romanzo – il tuo
più bello – da trasporre. (6,5)
Posso solo dire della seconda stagione di Euphoria, un'inizio abbastanza in sordina, salvo riprendersi splendidamente nel finale, mi è piaciuta ;)
RispondiEliminaLa seconda metà della serie, effettivamente, merita tutto!
Eliminadi euphoria sento parlare tanto, prima o poi mi decido ad iniziarla!
RispondiEliminaLE FATE IGNORANTI non lo so, non mi attira molto, pur avendo trovato bello il film.
Ho terminato proprio ieri DOVE SEI, MONDO BELLO della rooney (incoraggiata dalla tua recensioni), non sapevo della serie tratta da quest'altro libro. ma mi sembra non ne valga molto la pena :-D
ciao michele!!
Ciao Angela! Spero che Sally ti sia piaciuta. :)
EliminaLa serie de Le fate ignoranti pure io non l'ho trovata necessaria, e io non ho mai nemmeno visto il film originale. :)
RispondiEliminaEuphoria 2 decisamente amata! Forse anche meglio della prima stagione.
Heartstopper seguita pure io con gli occhi a cuoricino.
Conversations with Friends ha confermato la mia antipatia nei confronti dei personaggi di Sally Rooney. Andrà meglio alla prossima trasposizione? ;)
Però il film recuperalo. Considerando l'epoca, fu un vero shock culturale. E la scena finale è indimenticabile, davvero.
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