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lunedì 27 giugno 2022

Le serie TV per il Pride Month: Le fate ignoranti | Euphoria S02 | Heartstopper | Conversations with Friends

Vent’anni fa Ferzan Ozpetek apriva il cinema italiano al mondo queer: era un’iniziazione. È da vent’anni, salvo rare variazioni, che il regista italo-turco sembra riproporre però lo stesso lungometraggio: dovrebbe sorprenderci, dunque, l’idea di un reboot del suo primo successo? Godibilissima ma tutt’altro che necessaria, paradossalmente ben più conservatrice del film originale, la serie di Le fate ignoranti esplora meglio le tensioni del triangolo e le esistenze dei personaggi secondari. Questa, infatti, non è soltanto la storia di una giovane vedova che conosce l’amante – uomo – del marito defunto. Ma anche quella di un ritorno alla vita che passa attraverso la conoscenza di personaggi troppo orgogliosi, troppo solari, per accontentarsi di appartenere a una minoranza. Nel cast poco da segnalare a parte la grazia principesca di Cristiana Capotondi, il fascino animalesco di un sempre bravissimo Eduardo Scarpetta (di gran lunga superiore a Stefano Accorsi), i sorrisi per le macchiettistiche Paola Minaccioni e Ambra Angiolini. Appaiono un po’ svogliati i cenni all’attualità – unioni civili, omofobia e transfobia quanto basta – e, nel sonnacchioso epilogo, il viaggio in Turchia della protagonista restituisce sì un passato al personaggio dell’attrice feticcio Serra Yilmaz, ma finisce per annullare il desiderio di emancipazione della Antonia delle origini. Restano le case splendide e i figuranti attraenti, le terrazze affollate, il fiabesco senso d’armonia, i balli improvvisati. In quel condominio romano, infatti, mi prenoto volentieri per passarci il prossimo Ferragosto. (7)

È stata la rivoluzione televisiva della sua annata. Un'esperienza lirica, appassionata, vertiginosa: in una sola parola, euforica. Tornata dopo una lunga gestazione sul piccolo schermo, la serie TV sulla generazione Z meritava grandi aspettative. Sarebbe stata nuovamente all'altezza? Sì e no. Pur confermandosi ineguagliabile per messa in scena, recitazione e scrittura, questa volta alza perfino di più l'asticella e propone un ciclo di episodi in cui, soprattutto in prima battuta, si fatica a trovare un filo conduttore coi precedenti. Le canoniche storyline devono sottostare a uno show nello show. Spesso antinarattiva, senz'altro tronfia ed eccessiva con i suoi barocchismi, a detta di alcuni un po' vuota, Euphoria sceglie il cammino dell'arte per l'arte. Come dimenticare gli sbarellamenti da Emmy di una sempre incredibile Zendaya, che per un'ora intera fugge – come in una canzone di Amy Winehouse – dai familiari che vogliono spedirla in rehab? Come non perdonare la rivelazione Sydney Sweeney, che a furia di pianti isterici e vestiti scollatissimi ci lascia dimenticare quei tanti comprimari mancanti di un'autentica evoluzione? Chi preferire, ancora, tra quest'ultima e la sorella minore Lexi, che si innamora di uno spacciatore e, a sorpresa, ruba la scena a tutti svelandosi a teatro? C'è chi, come quell'Eric Dane al centro di uno straziante coming out, sa imporsi comunque in questa fiumana densissima. E chi, come Hunter Schafer, regala rari palpiti accanto alla sua sofferta Rue: quelli lasciamoli ai triangoli amorosi che si sporcano d'ossessione; ai flashback su un'omosessualità taciuta per perbenismo. E ai voli pindarici di una terza stagione da tornare a commentare sui social, in futuro, puntata dopo puntata: da amare e odiare. (8)

Lui, goffo e timidissimo, mingherlino, è l’unico studente dichiaratamente omosessuale di una scuola maschile; l’altro, popolare e muscoloso, è già una promessa dello sport. All’apparenza lontani anni luce, i due adolescenti si scoprono compagni di banco e, presto o tardi, molto più che buoni amici. Può un amore nascente sfidare convenzioni sociali ormai scolpite nella pietra? Ispirata ai graphic novel della fortunatissima Alice Oseman e già confermata per altre due stagioni, Heartstopper è una serie da seguire con gli occhi a cuoricino. La piccola ma grande storia d’amore tra una vittima di bullismo e la stella della squadra di rugby, schierati – insieme agli amici più stretti – contro i luoghi comuni. L’originalità non è di casa, soprattutto considerato il target adolescenziale e progressista di Netflix. Ma gli attori tenerissimi, l’aplomb da commedia inglese, i colorati sprazzi fumettistici e il cameo di mamma Olivia Colman, sempre splendida, fanno davvero la differenza. No, non ho più l’età e qui e lì ho senz’altro percepito il divario generazionale. Ma quanta delicatezza e quanta dolcezza in questi episodi, tanto carini da apparire disarmanti: con i tempi che corrono, pregi di questi non bastano mai. (7)

Lei è una poetessa dall’aria malinconica, afflitta da una famiglia disfunzionale e da un passato da cui non riesce a liberarsi. L’altra, storica ex nonché migliore amica, è una musa scostante dall’accento americano. Gli altri, invece, più adulti di loro, sono una scrittrice di successo e il marito attore: infelici a modo loro, inseguono le emozioni della giovinezza perduta. Il quartetto dell’esordio di Sally Rooney arriva sul piccolo schermo ma non conquista. Per quanto fedele al romanzo, la serie vorrebbe essere più una riproposizione – impossibile – di Normal People che l’adattamento di Parlarne tra amici. Durante la lettura mi ero fatto un’idea diversa del romanzo: lo immaginavo sexy, verboso, dotato della leggerezza intelligenze delle commedie di Allen. Avrei voluto viverci. Qui, invece, è tutto più indie, intimista e inutilmente impegnato. Tutti appaiono perennemente tristi e pensierosi, nonostante i flirt continui e le vacanze gratuite in Croazia. Il cast, guidato dall’intensa e sconosciuta Alison Oliver (anche se l’elemento più memorabile è la voce di Joe Alwyn), è ben assortito ma manca di chimica. La regia di Lenny Abrahmson è un sogno da film Sundance. Ma questa volta sono i toni a sembrare fuori fuoco. Possibile che questa chiacchierata lunga dodici episodi coinvolga più quando si parla di endometriosi – argomento mai affrontato in precedenza sul piccolo schermo – che di poligamia? Provaci ancora, Sally: hai un altro romanzo – il tuo più bello – da trasporre. (6,5)

6 commenti:

  1. Posso solo dire della seconda stagione di Euphoria, un'inizio abbastanza in sordina, salvo riprendersi splendidamente nel finale, mi è piaciuta ;)

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    1. La seconda metà della serie, effettivamente, merita tutto!

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  2. di euphoria sento parlare tanto, prima o poi mi decido ad iniziarla!
    LE FATE IGNORANTI non lo so, non mi attira molto, pur avendo trovato bello il film.
    Ho terminato proprio ieri DOVE SEI, MONDO BELLO della rooney (incoraggiata dalla tua recensioni), non sapevo della serie tratta da quest'altro libro. ma mi sembra non ne valga molto la pena :-D
    ciao michele!!

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    1. Ciao Angela! Spero che Sally ti sia piaciuta. :)

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  3. La serie de Le fate ignoranti pure io non l'ho trovata necessaria, e io non ho mai nemmeno visto il film originale. :)

    Euphoria 2 decisamente amata! Forse anche meglio della prima stagione.

    Heartstopper seguita pure io con gli occhi a cuoricino.

    Conversations with Friends ha confermato la mia antipatia nei confronti dei personaggi di Sally Rooney. Andrà meglio alla prossima trasposizione? ;)

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    1. Però il film recuperalo. Considerando l'epoca, fu un vero shock culturale. E la scena finale è indimenticabile, davvero.

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