È
la fonte principale di ogni meme. È una delle poche serie italiane
cult. Oggi, è più attuale che mai. Sempre al passo, esilarante,
premonitrice, Boris è uno dei recuperi più felici della mia
vita accanto a Breaking Bad. Scusate se esagero. Nuovamente in voga grazie a Netflix – stendiamo
un velo pietoso sulle produzioni originali, ma ben vengano invece le
riscoperte –, la serie comica mi ha regalato spunti di riflessione,
freddure, siparietti che corro spesso a rivedere.
Se ci sono petizioni su petizioni per una quarta stagione, se esiste
finanche una pagina Facebook che ogni ora pubblica un frame random
della serie, il motivo c’è. All’altezza della sua notorietà,
segue le disavventure di una troupe sul set della fiction Gli
occhi del cuore 2. Dirige René, un Francesco Pannofino con il
sogno impossibile del cinema di qualità, e quest'ultimo si districa come può tra
le bizze della “cagna maledetta” Corinna, Carolina Crescentini, e
gli strepiti della star Stanis La Rochelle, un iconico Pietro
Sermonti in lotta con i limiti di una produzione “troppo italiana”.
Come in Scrubs, però, a raccontarli è l’ultimo arrivato: lo stagista Alessandro Tiberi, che sospira appresso alla
burbera Arianna, schiva gli sfottò di Biascica, veglia sugli
“smarmellamenti” di Duccio, lotta per rimpiazzare un trio di
sceneggiatori perdigiorno. E dove fare alloggiare gli ospiti
d’eccezione – Tirabassi, Guzzanti, Timi,
Herlitzka, Sorrentino? E le quaglie per la Festa del Grazie poi? E
gli straordinari di aprile? E nell’orata all’acqua pazza, tu ce li metti i pachino? Nonostante i toni sopra le righe,
c’è tanta verità nella descrizione dei dietro le quinte. Nella
parodia semiseria di un’Italietta provinciale e stagnante, chiusa
ai giovani e alle novità. Nei compromessi, nei bocconi amari, nei
favoritismi sfrenati. Di stagione in stagione, Boris cresce,
matura, si fa meno grezza. I progressi degli Occhi del cuore 2, al centro di un boom inatteso, finiscono per coincidere con quelli
della serie stessa. Nella terza stagione si esce un po’ fuori dal
seminato, con una tappa a Milano che francamente annoia e una storia
d’amore tra due personaggi piuttosto male in arnese, ma per fortuna
si ritorna sulla retta via per un finale che non delude le attese. Qual è il
segreto del suo successo? Oltre al cast di mattatori affiatatissimi,
senz’altro la scrittura irresistibile di Ciarrapico, Torre –
purtroppo scomparso lo scorso anno – e Vendruscolo. Ogni episodio, ogni battuta, sono diventati
infatti un tormentone resistente al tempo. Sono passati dieci anni
dalla sua conclusione. Forse non l’hai seguito, forse non lo sai ancora, ma
inconsapevolmente lo citi già. (9)
Lui
è Josh. Venticinquenne che vive ancora con i
genitori e lavora come inserviente. Loro sono Tiger e Wolf, guerrieri
protagonisti del suo videogioco preferito. Cosa succederebbe se le
loro realtà collidessero? Quando i personaggi dello sparatutto
sbucano nella cameretta di Josh, intento a masturbarsi, possono avere
inizio un’amicizia e un’avventura lunghe tre stagione. Il trio, molto mal assortito, dovrà salvare il mondo da una catastrofe futura.
Viaggi nel tempo, citazioni anni Ottanta, scenografie varie e
ricchissime, le battute sboccate dei produttori
Rogen e Goldberg. Intrattenimento leggero, godereccio, di buon cuore,
Future Man sorprende piacevolmente nella prima stagione – la
migliore delle tre, con un episodio nella villa di James Cameron che
ha del geniale – e poi si finisce per seguire con il sorriso, ma
senza grande entusiasmo. Dopo i tredici episodi iniziali, un omaggio
gustosissimo alle atmosfere e ai temi di Ritorno al futuro, i
successivi tredici la prendono sin troppo per le lunghe con le
cospirazioni del redivivo Haley Joel Osment e i climi desertici di
Mad Max; gli ultimi otto, rapidi e concisi, invece tirano
degnamente le fila conducendoci in un’arena alla Hunger Games e in un villaggio edenico – tra gli ospiti, c’è perfino Gesù in persona – sbucato dalla Svezia di Ari Aster. Ondivaga e discontinua,
la serie fidelizza comunque grazie all’umorismo dissacrante degli
autori di Strafumati e al trio di protagonisti. Josh
Hutcherson, adorabile, si prende alla leggera come pochi:
frequentemente messo in ridicolo, tra travestimenti femminili e scene
di nudo integrale, ha un futuro nel cinema comico. La valchiria Eliza
Coupe, una degli allievi della nona stagione di Scrubs, ha una
fisicità da stuntwoman e un personaggio non senza ombre. Ma la
rivelazione totale è Derek Wilson, bello e folle, con il ruolo più
in divenire: vedasi l’hobby dell’alta cucina o la delicatezza
sfoggiata come capofamiglia, in una relazione poliamorosa condivisa parimenti con donne e uomini. Imperdibile no, divertente molto, Future Man
probabilmente non cambierà il vostro futuro. Ma gli esiti di
un’estate altrimenti spesa nella pigrizia, sì. (7)