Pagine

mercoledì 10 ottobre 2018

Recensione: Non mentirmi, di Philippe Besson

| Non mentirmi, di Philippe Besson. Guanda, € 16, pp. 155 |

Le storie d'amore, soprattutto quelle fra diciassettenni, soprattutto quelle fra uomini, iniziano tutte o quasi così. Qualche occhiata distratta che man mano trova il coraggio di indugiare un po' più a lungo, un venirsi incontro con cautela che ha l'aria di una sfida, la ragionevole paura. Di piacersi o non piacersi, di rivelarsi al mondo. Il colpo di fulmine di Philippe Besson, oggi scrittore di successo, non fa eccezione. Correvano i primi anni Ottanta. Lui, educato sin dall'infanzia a primeggiare, e per questo a suscitare antipatia nei coetanei, era il figlio prediletto di un insegnante che sognava un futuro accademico per quel secondogenito obbediente che, se al liceo faceva parlare di sé, era soltanto perché brillante nello studio e vagamente effeminato nel buon gusto, nei movimenti delle mani. Fuori dal branco, ma abbastanza misantropo da farne in fondo un vanto, mette alla prova la propria natura a undici anni e a diciassette è irrimediabilmente attratto dalla solitudine di un altro come lui: Thomas, due occhi nerissimi e una famiglia d'estrazione contadina da cui ha ereditato il fare laconico, i sorrisi centellinati, il rispetto remissivo per la fatica nei campi. Da un capo e l'altro del cortile, al solito, all'inizio si scrutano e basta. Non hanno scuse valide per parlarsi, no, appartenendo a classi e a ceti sociali opposti. Finché l'adolescente che fuma sempre in disparte, comunque meglio integrato di Philippe in quella scuola di provincia, non entra deliberatamente nel campo visivo dell'altro – lo fanno per prime le sue scarpe da ginnastica scolorite, la cicca che gli arde in bocca. Non può custodire il segreto sulla propria sessualità da solo, non più. Ne nasce una relazione clandestina identica a mille e a nessun'altra. Un patto segreto senza preliminari, senza preservativo, senza pensieri, che vive di foglietti volanti – l'ora e il luogo scarabocchiati a penna – e nessuna paura per l'Aids, l'abbandono, quel che sarà di loro. Quando la pioggia o una tenerezza improvvise li coglieranno di sorpresa, nel capannone della palestra o l'uno sul petto dell'altro, giocheranno a studiarsi a vicenda i nei, le sfumature della pelle, i destini contrapposti – Thomas si auspica infatti la fuga dalla mediocrità dell'aspirante scrittore, Philippe presagisce che per il giovane amante in un giorno non lontano sarà più facile troncare il rapporto. Qualcuno, tuttavia, si sbaglia.

Io sono il mondo invisibile, sotterraneo, straordinario. Di solito questa singolarità mi rende felice. Stasera mi fa soffrire in modo insensato.

Un altro viaggio nei migliori anni, un'altra passione omosessuale dall'annunciato finale amaro, un altro ragazzo triste che si strugge e ci fa struggere. Siamo nei territori di Aciman, ma a Non mentirmi mancano gli Eden sospesi in un'estate eterna, le meditazioni filosofiche, i genitori che comprendono – semmai, con il senno di poi, sono i figli ad accettare i trascorsi sentimentali dei familiari, non il contrario. Resta la suggestione, resta un'universalità che perfino il lettore più cieco del mondo non potrebbe negare: un viaggio nel meglio e nel peggio degli anni Ottanta, e nelle problematiche più intime di un figlio di quella generazione notoriamente vagheggiata e rimpianta. Al cinema danno Sophie Marceau, ma Philippe – con le immancabili pose da scapigliato, da incompreso – trascina Thomas a vedere vecchi film, più per la privacy del buio in sala che per il piacere della condivisione. Stretti su una motocicletta indossano il casco, ma più per nascondersi che per rispetto delle norme stradali. Quando quello accorto dei due acconsente a uno scatto fotografico, a una gita fuori porto, è in realtà per fargli meno male possibile nel momento in cui – l'estate ormai alle porte – gli spezzerà il cuore. Diviso in tre parti, con il connaturato decoro della narrativa francese e lo stesso struggimento delle occasioni perse, delle polaroid rinvenute per caso in un cassetto, Non mentirmi è la confessione dell'amante superstite, che preferì non confrontarsi mai con la vita vera con la scusa pavida non ci fosse altra alternativa.

Perché tu te ne andrai e noi resteremo.

Ho percepito il dolore del protagonista – il dramma di fingersi estranei nella stessa stanza, stringere forte i pugni per celare la gelosia – e la doppiezza del loro legame, che da una parte lo faceva sentire speciale (impara così a sorridere, a padroneggiare i nomi fittizi e le prime bugie della sua professione di narratore) e dall'altra tagliato fuori. Prima di questo romanzo, infatti, non c'era nessuno che sapesse di loro. A ferire, però, è la condizione dell'Ennis Del Mar di turno: un uomo contrito, che mente agli altri ma soprattutto a se stesso, e che Philippe lo segue nelle ospitate televisive consultando le guide tivù; che gli chiede scusa con messaggi in segreteria mai inoltrati, con lettere senza francobollo. Quanto sono davvero affini e quanto, da bravi incompresi, si illudono di esserlo in cerca di compagnia per un tratto del tragitto?

È stato amore, chiaramente. E domani sarà un grande vuoto.

Le parole chiave: rimpianto e defezione. La morale: il diritto ad avere un passato, a custodire cose che rimarranno solo e soltanto nostre. Besson, abituato a raccontarci di personaggi immaginari, questa volta si mette in scena. Abituato a raccontare, soprattutto, nell'ultima sezione si fa da parte: lascia che a parlare siano un po' i ricordi e un po' uno sconosciuto intercettato nella hall di un albergo, sorprendentemente simile al suo Thomas, che ha un messaggio da dargli e tantissimo da dirgli: ciò che la loro comune conoscenza ha fatto e non ha fatto, nel quarto di secolo distante da lui. 
Non mentire, dicevano i genitori a un Besson che sin da bambino inventava. Per rispetto di mamma e papà, allora, qui non mente. Falsa qualche immagine, forse, come succede se la nostalgia si mette in mezzo e ci incrina la voce, ma romanza di rado. Scrive tutta la verità, nient'altro che la verità. Regalandoci lacrime sincere per l'autobiografia di un mestiere, per l'autobiografia di un amore, che purtroppo ebbe troppa paura del sole. E così si fece pallido, e così si fece in bianco e nero: nero su bianco.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Sufjan Stevens – Visions of Gideon

10 commenti:

  1. Di questo passo quando ricomincerò a comprare libri spenderò un patrimonio, e non saprò da cosa iniziare.
    Come al solito complimenti per la recensione, continuo a mettere in wl libr che - altrimenti - difficilmente avrei notato ^^;;

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono sempre contento di farti scoprire qualche nuovo titolo, meno per l'allungarsi della WL. 😢

      Elimina
  2. Sembra uno di quei romanzi così strazianti che non possono non essere letti!

    RispondiElimina
  3. Bellisima recensione: l'ho ordinato e l'attendo febbrilmente. Inutile dire - da altre recensioni ancora - che ho già il magone... ...complimenti per il commento sl libro, ci sono frasi-capolavoro.

    RispondiElimina
  4. Questo potrebbe piacermi: amo le storie nei collegi, in ambienti così. È sempre un micromondo... ��

    Moz-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ambientazione che affascina sempre anche me, vedasi in questi giorni Élite su Netflix. 😁

      Elimina
  5. Il titolo potrebbe anche essere "Chiamami con un altro nome". :)
    Dai Luca Guadagnino, aspetto che ci fai tu un film!

    RispondiElimina