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sabato 24 dicembre 2016

I ♥ Telefilm: The OA, La mafia uccide solo d'estate, American Crime Story

Prairie torna a casa a sette anni dalla sua scomparsa. Fa incubi premonitori, chiama nel sonno un misterioso ragazzo e, cieca, ha recuperato la vista. Ora ci vede, ora sa. In segreto raduna cinque concittadini in una casa abbandonata – un bullo, una insegnante, un'adolescente in transizione, l'alunno modello e lo sfattone – e, a lume di candela e a porte aperte, racconta una storia che parte in Russia e sembra concludersi nello scantinato dove Prairie e altri come lei, sopravvissuti già una volta alla morte, sono stati sottoposti agli esperimenti di uno scienziato desideroso di carpire i segreti dell'aldilà. Si palesano i primi parallelismi: laggiù, in una specie di serra con telecamere ovunque, la protagonista aveva altri quattro compagni. Di uno, l'amato Homer, chiede spesso. Com'è fuggita via, quando ha recuperato la vista  e cosa spera di ottenere da quegli incontri notturni? Si può scomparire nel nulla, e dal nulla si può riapparire? Forse sì: The OA, inattesa e poco pubblicizzata, è stata infatti rilasciata da Netflix con un gioco di prestigio. Un attimo prima non c'era, quello dopo sì. Brit Marling, musa indie che già camminava all'ombra di una seconda Terra in Another Earth, scrive a quattro mani e recita. Con lei, il regista di The East e un cast di volti nuovi: tralasciando Jason Isaacs, antagonista irreprensibile, spiccano il coraggioso Emory Cohen (romantico italo-americano in Brooklyn) e il manesco Patrick Gibson. La serie parte come un giallo: i misteri, anziché avere fine, iniziano da lì. Si resuscita come in Les Revenants e nel nuovo testamento; accadono le grandi bizzarrie di Stranger Things; agiscono i personaggi eterogenei di Sense8, colti in intense sequenze d'insieme; affiorano i grattacapi dell'isola di Lost, sospesa com'era tra corpo e spirito, realtà ed elaborazione. Esempio di narrazione ad ampio respiro, la serie viaggia fra generi, toni e universi paralleli. Gli autori hanno completa carta bianca: fanno di te e dei loro prigionieri ciò che vogliono. Otto episodi in caduta libera sono questione di fiducia: dove atterrerai? In un epilogo poco chiarificatore, nebuloso come il resto, che sta spazientendo il web. I nessi dell'episodio della discordia non li ho colti lì per lì, ma fatto sta che mi ha commosso: con le sue coreografie di gesti, la cronaca nera che fa capolino a mano armata, le pareti bianchissime del paradiso o degli ospedali. Ci ho ragionato su e poi, quando ho capito che non serviva, ho realizzato di averlo amato. Inutile farsi troppe domande: non avresti risposte soddisfacenti, né la chiave di lettura che ti schiude le porte dei suoi prodigi. In The OA non ci sono scorciatoie. O ci credi, o non ci credi. Ci sono le fiabe nordiche, con stanze trapunte di stelle; spiritualità e intelletto; cattolicesimo e filosofie new age. Azzardati e indefinibili, sperimentali, gli episodi si sono fatti seguire però con più semplicità del previsto: la mollezza negli arti, la sospensione dell'incredulità, una magica sensazione di abbandono. The OA è una visione frustrante e degna di meraviglia. Imperfetta, e perciò rara. Ti prende e ti porta dove e quando vuole lei. A confine. (9)

Salvatore, sensibile e curioso, appunta tutte le domande che ha su un quaderno rosso e, da un appartamento che dà su Palermo, scruta il mondo ad altezza bambino. Si interroga sulle relazioni umane e il futuro. Pensa con un brivido alla parola mafia, ma ha paura a pronunciarla. Gli hanno detto, tanto, che la mafia non esiste. E, seppure esistesse, non si curerebbe certo di loro quattro. Una famiglia qualsiasi che reagisce all'eco della storia e che, suo malgrado, fa i conti con la cronaca. Perché mamma Pia – un'intensa Anna Foglietta – è condannata a un infame precariato: in graduatoria hanno sempre la meglio i falsi invalidi, i raccomandati, e lo sconforto la porta a ricambiare le attenzioni di un galante maestro. Perché a papà Lorenzo – omino onesto impersonato dal bravissimo Claudio Gioè - negano il mutuo se non accetta di far favori a destra e a manca. Perché uno dei primi amori di Angela, diciassettenne che ha condannato il compagno di banco ai dettami della regola dell'amico, finisce in protezione testimoni e lo zio Massimo si rende protagonista di un'inquietante scalata al potere. Perché l'angelo custode del piccolo Salvatore è Boris Giuliano: poliziotto assassinato nella crociata contro Cosa Nostra. Siamo nel 1979. Di mafia si moriva. Trent'anni dopo, nell'esordio di Pif alla regia, se ne poteva invece anche ridere: ispirato e agrodolce, La mafia uccide solo d'estate era una fiaba che puntava alla prima serata. Diliberto fa da voce narrante e affida il timone a un cast in armonia. La fiction, in pillole, riesce a far bene parlando del male. Divertente e struggente, trasognata, mescola verità e finzione: Riina e Provenzano giocano a carte e complottano; Buscetta è ghiotto delle melanzane ripiene di Pia; Giuliano se ne intende di prime cotte e virtù. Dove troveremo gli adorabili Giammaresi, qui immortalati in uno splendido finale sospeso, l'anno prossimo? L'insospettabile Rai fa l'en plein. Se l'insubordinato Rocco Schiavone, infatti, è la novità, La mafia uccide solo d'estate – tra commedia all'italiana e neorealismo - è un pegno al passato. Ricorda le famiglie riunite davanti ai primi televisori a colori. Sa di già visto. Ma lo rivedi, fai chapeau, ti emozioni. (7,5)

In un quartiere sicuro e popoloso, un cane abbaia insistentemente in direzione di un giardino. La polizia scoprirà i cadaveri di una donna e del suo amante: tutti gli indizi conducono alla porta del marito di lei. La risoluzione del caso sembra scontata e intuitiva. Il colpevole dev'essere l'ex, possessivo e manesco. Ma ha la pelle nera, un nome importante, una fama che lo precede. Cos'ha fatto davvero O.J. Simpson, talentuoso giocatore di football e stella di Una pallottola spuntata? Il duplice omicidio, da bello che risolto, si rivela così più spinoso del previsto. Nascevo quell'anno - 1994 - e conoscevo il caso solo per sentito dire. Simpson, per me, era la spalla comica di Leslie Nielsen: non uno sportivo né un criminale. Poco interessato, ho rimandato a lungo la visione della prima stagione di American Crime Story, che in dieci episodi ricostruisce le indagini e l'estenuante processo. L'ho recuperata per dovere di cronaca. Purtroppo, pur trovandola appassionante e ben realizzata, mi ha lasciato poco coinvolto. Ha pregi lampanti, qualità innegabili: legal thriller senza intoppi, si avvale di attori straordinari – accanto ai redivivi Gooding Jr. e Travolta, la perfezionista Sarah Paulson e la rivelazione Sterling K. Brown – e riscatta il nome di Ryan Murphy dal trash. Vengono immortalate la tentata fuga, la scrupolosa formazione della giuria, le strategie degli avvocati. Ci si gioca la carta del razzismo a piacimento. Parlando di diritti civili e poliziotti intolleranti, l'assassinio passa in secondo piano. American Crime Story non si schiera e non cerca la verità, non sposa particolari punti di vista e non sveglia il cane che dorme. Riferisce sul banco dei testimoni le stesse controversie sollevate ventidue anni fa. Come nel caso dell'agiografico Sully o dell'impersonale Spotlight, la cronaca avvince ma oltre a interpretazioni maiuscole e al taglio chirurgico, limite mio, ho trovato poco altro. Il verdetto, sebbene espresso in suo favore, dichiara The People V. O.J. Simpson asciutto e imparziale; magistrale e  senz'anima. (7)

16 commenti:

  1. Sono felice di non essere il solo ad essere rimasto meravigliato di fronte al folgorante The OA. Insieme a Stranger Things, per me è la cosa migliore vista quest'anno, grande schermo compreso.

    La mafia uccide solo d'estate è una serie carina, meglio del film, però della voce narrante di Pif avrei anche fatto a meno. Va bene che il pubblico Rai ha bisogno di qualcuno che gli spieghi tutto quello che succede per filo e per segno, però io anche no... :)

    American Crime Story strepitosa. Per me non è riuscita a raccontare soltanto un fatto di cronaca, ma è anche un ritratto della società e della pop culture degli anni '90 con riflessi pure nel presente, visto che oltre alla questione razziale vengono narrate le origini della fama dei Kardashian. :D

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    1. Ah, ma quindi sono "quei" Kardashian? Figurati che non avevo collegato. Purtroppo, avendoli vissuto di passaggio gli anni '90, mi è toccato concentrarmi sui fatti: che sono interessantissimi, ma risaputi. Invece alla Sicilia sono molto legato, per una cosa e per l'altra, quindi tanto entusiasmo per La mafia uccide d'estate e il boom, quest'anno, di Un'emozione da poco: la Oxa si sta arricchendo. The OA confusa, ma splendida: troppo indie per essere spiegata. :)

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  2. Ma io confidavo nel delitto Versace, con la trashissima Lady Gaga nei panni di Donatella; l'urgano Katrina è troppo serio. Curioso di sentirti su The OA: io non ho dubbi. O meglio, ne ho, ma quello è il bello. :)

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  3. Di questi ho visto solo La Mafia, e devo dire che mi è piaciuto moltissimo.
    Ha saputo coniugare perfettamente il racconto classico da Raiuno con linguaggi molto più moderni. La struttura poi mi ha ricordato quella utilizzata per Romanzo Criminale :)

    Moz-

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    1. Gran paragone!
      Ora aspetto di recuperare in Guerra per amore. Pif mi sta antipatico - colpa delle pubblicità e della sua voce che sento ovunque - ma ha una bellissima sensibilità. Occhio ai trip di The OA, Miki. ;)

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  4. OA mi ispira tantissimo, su ACS sono assolutamente d'accordo, nonostante sia un gran prodotto.

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    1. Sono curioso di sentirti su The OA. Non pensavo fosse nelle corde del Cannibale, e invece l'ha piazzato al secondo posto del suo listone. Cattivo segno? :)

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  5. The OA sono solo all'inizio quindi non mi esprimo, ma ho una gran voglia di vedere American Crime Story!

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    1. American Crime Story, diciamo così, l'ho trovato esattamente come pensavo. The OA è una sorpresa - per me nel bene, per te chissà. Poi passo a leggerti. ;)

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  6. Mi è piaciuta molto la serie di pif, come il film del resto 😊
    Buone feste

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  7. della prima già ne sono completamente affascinato senza vederla...

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  9. e pensare che avevo scansato the OA per paura si parlasse di alieni.. ora se non è così posso anche provarci!XD le altre due le lascio al marito che rientrano più nel suo genere.. buone feste Mik!

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    1. Nessun alieno, Saya, anche se il paranormale non manca. :)

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