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sabato 30 luglio 2022

Addii e arrivederci: This is Us s06 | Stranger Things s04

Tutte le famiglie felici si somigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Da adolescente ho letto questa da frase da qualche parte e ho finito per farla mia. Non sapevo niente di Anna Karenina, ma sapevo dove appartenevo. E in preda alla supponenza della gioventù, fiero perfino dei miei dolori, mi mostravo sprezzante verso l'armonia degli altri. Noi eravamo infelici, ma unici. Quando sei anni fa la mia famiglia è finita – almeno per come l'avevo conosciuta fino ad allora –, il distacco ha fatto male comunque e tuttora, sotto i vestiti, nascondo i bordi frastagliati di quel primo strappo. È stato allora che ho conosciuto i Pearson. Con loro, per sei anni e 106 episodi, è stato Natale tutti i giorni. E oggi, un po' più solo di quanto non fossi ieri, voglio ringraziarli per i sorrisi tra le lacrime e la compagnia. Tra alti e bassi, hanno compiuto un miracolo della serialità americana: fidelizzarci tutti mettendo in scena l'ordinario. Chiamala ordinaria, poi, una famiglia che resiste alla morte improvvisa del patriarca (Ventimiglia, l'uomo perfetto); una mamma che, divorata dall'Alzheimer, conserva gentilezza e dignità (Mandy Moore, da Emmy); una squadra di fratelli, nuore e genere, figli biologici e adottivi, radunata per un addio che si trasforma in una festa. I “Big Three” sono cresciuti e, stretti sotto un portico, nella baita che hanno costruito, si aggrappano gli uni agli altri temendo di andare alla deriva: Randall presta i suoi discorsi solenni alla vita politica; Kevin, padre di due gemelli, scende a compromessi; Kate, sempre mal sopportata, stupisce mostrandosi controcorrente tanto nelle scelte sentimentali quanto nei testa a testa coi fratelli. Le perle di saggezza, però, spettano ai personaggi secondari: da Beth, la mia preferita, che definisce un dono e un fardello l'incontro con una famiglia tanto ingombrante, fino a giungere a William: in uno struggente dialogo tra la vita e la morte, guida Rebecca lungo il treno dei ricordi e rassicura lo spettatore inconsolabile. Se la fine di una cosa ci rattrista, insegna, è perché era particolarmente bella mentre accadeva. Tutto era già scritto nella fine dei Pearson: ce lo avevano anticipato i flashforward. Ma quando l'inevitabile succede le lacrime scorrono in ogni caso. Tolstoj aveva ragione? Tutte le famiglie felici si somigliano? Felicissimi a modo loro, i Pearson hanno addolcito nei giorni peggiori la malinconia per come eravamo e aiutato a scendere a patti con le contraddizioni che, per autoindulgenza, mi gonfiavano il petto: mi sognavo felicissimo anch'io. (8)

Per alcuni è la migliore delle quattro stagioni. Per me è troppo frammentaria e sconnessa per rivaleggiare con la commovente coralità della prima, troppo seriosa per concorrere con lo spassoso bagno di sangue che fu la terza. I protagonisti, al centro di storyline separate, non si incrociano quasi mai. Qualche trama (vedasi quella di Joyce in Russia sulle tracce di Hopper) appare improbabile perfino per una serie horror-fantasy. Le soddisfazioni arrivano dal trio composto da Steve, Nancy e Robin, riuniti nuovamente dall'irresistibile Dustin; dall'approfondimento psicologico dedicato alla fragile Max, al centro di una scena subito cult sulle note di Kate Bush; da Eleven, mai troppo apprezzata, protagonista di flashback sorprendenti in un covo sotterraneo degno degli X-Men. Servivano episodi di un'ora e trenta? Serviva introdurre personaggi su personaggi – fatta eccezione per l'iconico Eddie, ingiustamente accusato di omicidio –, con il rischio di perdere di vista i vecchi? Nonostante si applauda la new entry Jamie Campbell Bower, serafico e misteriosissimo nella sua divisa bianca, si ha a lungo l'impressione che la storia avanzi di poco. Piacevolissima e derivativa, forse più che mai, stavolta vanta i toni più sanguinosi del cinema di James Wan (non scomoderei la saga di Nightmare, a dispetto del cameo di Robert Englund). Questo discorso, almeno, valeva per i sette episodi, rilasciati dalla piattaforma streaming a fine maggio. Gli ultimi due, disponibili dal primo luglio e prolissi quanto blockbuster, sono invece talmente elettrizzanti, ambiziosi e caotici da spazzare via ogni scetticismo: le linee narrative finalmente si intrecciano e i personaggi, anche se ancora distanti, organizzano uno strepitoso attacco combinato contro un nemico che si nutre d'inquietudini adolescenziali. Ci si commuove? Sì, anche se non per la fantomatica conta dei morti. Ma si scoppia più spesso a ridere, entusiasti, per i montaggio forsennato; per uno sfortunato outsider che improvvisa un concerto metal assediato dai pipistrelli; per quel camioncino della pizza che, tra le dune del deserto, a sorpresa conduce Stranger Things alle origini della sua magia. (7,5)

8 commenti:

  1. io ho iniziato THIS IS US da poco, sono alla fine della prima stagione e già mi sono affezionata. ogni volta che riprendo a guardare mi sembra di tornare tra parenti o amici <3
    non oso immaginare come starò alla fine o.O

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    1. Eh, prepara i fazzoletti: non basteranno. Ma goditi i Pearson, tu che puoi!

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  2. Ciao Ink, ho visto la serie italiana tratta da "This is us", ma non mi ha fatto impazzire. In rete ho letto però che quella americana è molto più bella: un po' mi frena il numero delle puntate, ma magari prima o poi ci farò un pensierino ;-)

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    1. Ho letto malissimo della serie italiana, che per altro avrebbe voluto essere non la rilettura di This is us, ma la copia carbone: non a caso è stata cancellata. Vai con l'originale!

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  3. This Is Us mi mancherà parecchio, ma per certi versi sono contento che sia finita: ora piangerò molto meno. :D

    Per me la quarta di Stranger Things è stata probabilmente la stagione peggiore, e ciò nonostante è stata comunque una notevole figata. Peccato per certe cose tipo la parte russa che avrebbero anche potuto evitare del tutto e nessuno ne avrebbe sentito la mancanza.

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    1. Winona ci era tanto mancata in questi anni, ma vedendo com'è sopra le righe era meglio stesse a casa XD

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  4. Io sono una delle poche sostenitrici della parentesi russa, ma avendo un debole per Hopper e Joyce la cosa è comprensibile. Ciò detto, l'ultima stagione di Stranger Things non l'ho apprezzata quanto le precedenti: sconnessa, poco incisiva, approfondimento dei personaggi quasi nullo e, possiamo dirlo?, prevedibile. Mi sono commossa davvero soltanto durante le poche scene interessanti dedicate a Will, trattate con rara delicatezza nonostante la sua cotta per il personaggio ormai più inutile e brutto, povera creatura, del franchise.

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    1. Will dolcissimo, confermo, e in generale concordo con il tuo parere tiepido. Però ho amato moltissimo gli ultimi due episodi, visti d'un fiato!

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