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martedì 24 marzo 2020

Recensione: Agostino, di Alberto Moravia

| Agostino, di Alberto Moravia. Bompiani, € 12, pp. 182 |

Mi mancano molte cose con la quarantena. Su tutte, il mare. Fino a due settimane fa bruciavo i miei diecimila passi giornalieri sul bagnasciuga, d’inverno come d’estate, e lasciavo sbollire l’insofferenza lì. Dove il cielo era più alto e il vento più pungente. Anche il ritmo delle mie letture, all’inizio, ha sofferto per l’osservanza di questa nostra nuova sedentarietà. Bloccato in un quartiere di palazzine grigie tutte uguali, senza cantanti sui balconi né grandi scorci naturali, mi sono spento in fretta negli andirivieni tra la cucina e il soggiorno; ho camminato soltanto quando c’era da liberare il vialetto dalle foglie secche. Per fortuna, dopo una serie di romanzi sfogliati a tempo perso e riposti intonsi in libreria, sono tornato a leggere grazie al  mio primo Alberto Moravia. Sarà che con lui ho corso all’aria aperta; sarà che mi ha portato fino al mare. Un inchiostro limpido e rigenerante come acqua salata mi ha guidato nel cuore in subbuglio dell’irrequieto Agostino.

Ora provava un vago, disperato desiderio di varcare il fiume e allontanarsi lungo il litorale, lasciando alle sue spalle i ragazzi, il Saro, la madre e tutta la vecchia vita. Chissà che forse, camminando sempre diritto davanti a sé, lungo il mare, sulla rena bianca e soffice, non sarebbe arrivato in un paese dove tutte quelle brutte cose non esistevano. In un paese dove sarebbe stato accolto come voleva il cuore, e dove gli sarebbe stato possibile dimenticare tutto quanto aveva appreso, per poi riapprenderlo senza vergogna né offesa, nella maniera dolce e naturale che pur doveva esserci e che, oscuramente, presentiva.
Tredici anni, orfano di padre, si gode la villeggiatura in compagnia della madre: una donna bellissima e senza nome – figuratevela come la Loren: bruna, le gambe chilometriche, uno scandaloso due pezzi –, che a bordo del pattino flirta con un baldo giovine del luogo. Costretto suo malgrado a reggere il proverbiale moccolo, Agostino sviluppa una gelosia fortissima verso la genitrice. Pur non conoscendo ancora il sesso, il desiderio carnale, l’amore, intuisce l’ascendente che lei ha sui maschi di ogni età. Iperprotettivo, si sorprende a spiarla dalla soglia della porta: nel riflesso polveroso dello specchio, in deshabillé, per la prima volta la vede come una donna; non come una madre.
Crescere significa anche questo, accorgersi che i genitori sono persone con bisogni e debolezze, e tagliare il cordone ombelicale con ordinari atti di ribellione. Entrando a far parte, ad esempio, della cricca di monelli del bagno Vespucci. Fra falò, piccoli furti e tramonti infuocati in compagnia di Berto e degli altri, Agostino si guadagnerà un soprannome – Pisa – e l’iniziale scetticismo degli spregiudicati compagni di giochi. Cos’ha da spartire con loro, se in città può vantare una casa con venti stanze, un autista e un cameriere? Come testare la propria virilità messa in dubbio, se non con le parolacce, le zuffe, le prostitute?

Tuttavia sentiva con dolore che non era neppure simile ai ragazzi della banda. Troppa delicatezza restava in lui; se fosse stato simili, pensava talvolta, non avrebbe sofferto tanto della loro rudezza, delle loro sguaiataggini e della loro ottusità. Così si trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza per questo essere riuscito ad acquistarne un’altra.
In questo piccolo classico ho trovato il voyeurismo incantato del film Malena, le prurigini universali di Chiamami col tuo nome, i soggiorni isolani tanto amati di recente in L’isola di Arturo e Storia del nuovo cognome; l’amarezza e le ansie di una “straziante età” che somiglia, in Moravia, a un torbido paese dei balocchi. Il pedaggio va pagato attraverso la rottura simbolica dell’immancabile salvadanaio di ceramica: quanto è alto, tuttavia, il rischio di essere imbrogliati all’ingresso e poi tagliati fuori? Né grande né piccolo, né carne né pesce, il ragazzino rifugge le pose dei coetanei della propria estrazione sociale ma fatica comunque ad amalgamarsi ai monelli indigeni. È destinato a fare la spola tra due stabilimenti balneari, così, alla scoperta dei segreti della malizia. 
Agostino è un sempreverde perturbante e modernissimo, meno memorabile del romanzo di formazione di Elsa Morante ma altrettanto anticipatore. Un racconto freudiano sull’eros e la pubertà, dove al calare del sole s’intravedono le ombre torve della pedofilia e dell’incesto; ma anche i simbolismi, gli attimi e le rivoluzioni tipiche dei migliori narratori. Non temetene la fama. Appassionato e scorrevole, in realtà, porta senza rughe i suoi settantacinque anni e stupisce tutt’oggi per il coraggio di infrangere i tabù più taciuti risparmiandoci la morale dell’ultima riga. All’interno, per fortuna, ci troverete i miei cieli sterminati, il vento e il mare; la nostalgia della libertà e dell’adolescenza, che in giorni come i nostri mi sorprendo a cercare dappertutto. Nell’attesa spasmodica di un’altra estate.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: Gino Paoli – Sapore di sale

8 commenti:

  1. Mi sa che come me, adesso dovrai recuperare anche La Disubbidienza sempre di Moravia, che ne ricorda molto le vicende ( io lo farò al più presto ).

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    1. Mi ispira più degli Indifferenti, sai?
      Penso che gli darò la precedenza. ;)

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  2. Anni fa lessi la sua opera più famosa, Gli indifferenti, che se hai apprezzato l'autore ti consiglio vivamente di recuperare (magari non in questo periodo, però...). Agostino è da allora nella mia wishlist, perché nella vasta produzione di Moravia era il titolo che mi attraeva di più. La tua recensione ne ha appena rinvigorito il fascino.

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    1. Ti ringrazio tantissimo, Julia.
      Ho intenzione di recuperare tutto tutto. :)

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  3. Ricordo dei brani di antologia su questo romanzo, che non ho mai letto ma mi piacerebbe colmare la lacuna!!

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    1. Affrontalo di petto, senza paura. Semplice ma bellissimo.

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  4. Come ti dicevo, Moravia è un altro di quegli autori che presto o tardi mi piacerebbe conoscere. Forse però il mio approccio avverrà con La noia 😊

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    1. La noia, sin dal titolo, mi ispira sbadigli però XD

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