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Ninfa dormiente, di Ilaria Tuti. Longanesi, € 18,60, pp. 480 |
Teresa
Battaglia è tornata a guerreggiare. Conosciuta lo
scorso anno, rossa, scorbutica e fuori forma, era la straordinaria
padrona di casa di un romanzo che sul piano dell'intrigo convinceva purtroppo a metà. Confidavo a giusta ragione in un nuovo giallo da
sbrogliare e nella crescita dell'autrice, la già talentuosa Ilaria
Tuti, lì al suo esordio fra i giganti Longanesi. Ho sondato il
terreno, lo abbiamo seminato insieme – io leggendo, lei scrivendo
–, e non ci è voluto molto per godere della fioritura di quei
fiori sopra l'inferno: ai tempi, a mio parere, ancora
in boccio. Non ne farò mistero. Ce ne sono già in
quantità, d'altra parte, in storia che supera la prima per lunghezza e studio:
Ninfa dormiente è la
primavera di Teresa su cui, speranzoso, mi ero sentito di scommettere. Restano gli
sfondi aperti su una natura leopardiana, bella e terribile, e uno
stile dall'impronta straordinariamente femminile che ha qualcosa in
comune con le minuzie e il lirismo del compagno di squadra Mirko
Zilahy. Questa volta c'è un enigma accattivante, ma manca
il cadavere. Il rinvenimento di un ritratto di donna dipinto con il
sangue getta la polizia nello sconforto. C'è la firma in calce,
quella dell'artista Alessio Andrian, ma la modella del mistero deve essere morta da ormai settant'anni e da altrettanti anni,
sfortunatamente, l'artefice dell'opera non emette suono. Dovrebbe esserci minore urgenza nella ricerca della
soluzione. Non c'è un cadavere ancora caldo, infatti, e nessuno che muova a compassione gli agenti accorsi. Ma, a
quasi un secolo di distanza, a sorpresa resta ancora l'affetto di
qualche familiare e un briciolo di vita nella memoria d'elefante di
chi potrebbe chiarire l'identità della musa sacrificata.
Alcune
famiglie hanno grandi storie d'amore o di avventura da raccontare
ai bambini o ai parenti riuniti per le feste. Tante altre hanno un
passato di miseria da centellinare come se la fame fosse ancora
presente. Gli Andrian hanno la Ninfa
e la pazzia di mio zio.
L'indagine
e l'introspezione dei personaggi vanno di pari
passo. In perfetta sincronia, Teresa Battaglia e il suo pupillo
Massimo Marini scavano nel torbido, battibeccano e
commuovono. La memoria di lei, che ha paura di
pronunciare la parola Alzheimer e registra la sua giornata
nell'irrinunciabile diario di bordo, fa spesso cilecca. L'umore di
lui, eterno San Tommaso alle prese col pensiero della paternità, è
nerissimo dal giorno in cui la sua ex si è presentata alla porta con un
pancione inequivocabile; neri sono anche gli occhi, qualche volta, se
per scaricare lo stress Marini tira di boxe in palestra. Esiste il gene del male? Davvero alcuni uomini
nascono per essere cattivi genitori?
Teresa, un po' mamma
chioccia e un po' prof arcigna, rimbrotta l'allievo a suon di
parolacce in teneri siparietti e, nonostante gli acciacchi
del corpo tribolato, con prontezza di spirito sprona
e consiglia. Un superiore, intimidito dalle donne che ricoprono
ruoli di potere, vorrebbe fare terra bruciata attorno all'onorata carriera
della Battaglia. Ma lei, che non si accontenta di rifugiarsi nelle
retrovie né di ritrarre le spine del suo umorismo caustico, ha una
squadra – una famiglia – alla quale destinare tutta la sua esperienza. Brava a cacciare i segreti, sarà però anche capace di custodirli fino all'ultimo? Con quel maledetto Alzheimer che a
volte può tornare utile per scordarsi di un tiro mancino, per
perdonare sé stessi, la protagonista si sposta in Val Resia fra
presente e passato. La valle, terra di confine per eccellenza,
rappresenta un'isola genetica e linguistica: gli abitanti, e non è
un espediente d'invenzione, conservano ancora il DNA dei
colonizzatori originali. Orgogliosi e tenaci, nei costumi così come
nel folklore, tentano di preservare la loro alterità – purtroppo,
oggi, c'è la Slovenia a inglobarli – e nel clou della Seconda
guerra mondiale vivevano fra il nemico tedesco e i partigiani
assediati. Durante il regime fascista la violenza era socialmente
accettata: l'assassinio della ragazza del dipinto risale ad allora.
La Storia, quella con la lettera maiuscola, possiede il senso della
giustizia?
Uccidere
una donna che si dice di amare. Era una contraddizione in termini,
quella di cancellare dalla propria vita chi la illumina, eppure
accadeva ogni giorno. L'amore che si fa dramma viene celebrato troppo
stesso. A morire erano sempre le donne. Non è amore. È possesso.
Bisogno di controllo. Donne usate, abusate, lasciate sole e
condannate. Donne che non avevano riconosciuto il male, perché si
trovava proprio accanto a loro. Difficile metterlo a fuoco e
smascherarlo, quando possiede il volto di chi dovrebbe avere cura di
te.
In
un climax che, senza la frenesia cinematografica dei polizieschi
americani, ama prendersi il tempo necessario e descrivere tutto
minuziosamente – dettagli ambientatili, scientifici e storici: la
cultura enciclopedica di Ilaria è degna di stupore –, i
protagonisti faranno presto i conti con conflitti nei quali ogni
scempio è lecito, rigurgiti intolleranti e, soprattutto, culti di
origine pagana nello stile del cult anni Settanta The
Wicker Man. Con donne del luogo
custodi di canti, erbe e segreti, che intensificano il fascino di
questo atteso ritorno in libreria. La trama, stratificata e
densa quanto la terra nei boschi, ha il potenziale difetto di risultare
troppo macchinosa; il peso delle oltre quattrocento pagine, in un epilogo semiconclusivo, potrebbe avvertirsi. Ma
poco importa: Ilaria Tuti ribadisce a gran voce di avere toni, forma
e contenuto. Ingegno e, eccezionalmente, sentimento.
Insanguinato, nudo, muto, settant'anni prima un giovane pittore e il suo segreto era stati salvati oltre il confine. Il soldato venticinquenne stringeva il suo undicesimo lavoro fra le mani: il più attraente, il più conteso alle aste, perché scomparso nel nulla. Lontano, intanto, il suono di un violino: gli appassionati di Dylan Dog riconosceranno le note del famigerato Trillo del diavolo di Giuseppe Tartini.
Per ora abbiamo avuto le nostre risposte, ma la valle custodisce altre inquietudini di cui venire a capo. La battaglia di Teresa, fino al prossimo romanzo almeno, è stata una conquista.
Insanguinato, nudo, muto, settant'anni prima un giovane pittore e il suo segreto era stati salvati oltre il confine. Il soldato venticinquenne stringeva il suo undicesimo lavoro fra le mani: il più attraente, il più conteso alle aste, perché scomparso nel nulla. Lontano, intanto, il suono di un violino: gli appassionati di Dylan Dog riconosceranno le note del famigerato Trillo del diavolo di Giuseppe Tartini.
Per ora abbiamo avuto le nostre risposte, ma la valle custodisce altre inquietudini di cui venire a capo. La battaglia di Teresa, fino al prossimo romanzo almeno, è stata una conquista.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: The xx – Crystalised
A me i gialli non piacciono, eppure ogni volta che ne recensisci uno mi viene voglia di leggerlo.
RispondiEliminaTi ringrazio, Kate.
EliminaE ti assicuro che quelli della Tuti sono molto a sé, inusualissimi. Devi conoscere assolutamente Teresa Battaglia - il primo, per altro, costa soltanto cinque euro nell'edizione Tea.
Grazie per questa recensione. Ora è tra le mie prossime letture. :)
RispondiEliminaGrazie a te, Cinzia. È una serie italiana che consiglio!
EliminaSembra davvero molto carino. Questa saga mi incuriosisce, e spero di poterla leggerla al più presto anch'io ☺️
RispondiEliminaBen più che carino, Gresi. Molto intenso ed elaborato.
EliminaEcco. FIORI SOPRA L'INFERNO mi fa l'occhiolino da un po', quindi mi sa che devo passare da lì per arrivare alla ninfa :-D
RispondiEliminaCome genere, ci siamo, me gusta! :))
È proprio il tuo, Angela.
EliminaTanto giallo, e altrettante emozioni grazie a Teresa.
Ciao Ink, non ho letto nulla di quest'autrice, ma mi ispira davvero molto :-)
RispondiEliminaVa' in libreria e conoscila presto. ;)
EliminaHo il primo, proprio sullo scaffale dei libri da leggere presto. E' ancora lì...perchè c'è sempre qualcos'altro da fare :-( comunque voglio iniziare. Lo so che lo dico sempre, ma ne escono troppi!!!!!!
RispondiEliminaDai, dai! A dispetto delle atmosfere nevose, l'estate è la stagione per eccellenza dei thriller, no?
EliminaIn teoria ah ah ah Che dici, me lo porto in spiaggia?
EliminaMi pare perfetto!
EliminaHo aspettato a pubblicare la mia prima di leggere la tua recensione. Ho amato infinitamente i personaggi e a loro storia personale, forse troppo, e il resto purtroppo è un po'andato in secondo piano. Una storia che è iniziata con un grande fascino ma che poi mi ha un po'annoiata. Però lo stile e le atmosfere sono meravigliose!
RispondiEliminaA me, pensa, era successo con il primo. Curioso per il prosieguo!
EliminaCuriosissima anche io!
EliminaLo immagino molto molto più collegato del primo, dato il finale...
EliminaIl fatto che sia un giallo diverso dal solito è promettente. Siamo però sicuri che non sia il solito giallo ben mascherato? :D
RispondiEliminaIl contrario. Probabilmente è tutt'altro mascherato da giallo.
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