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mercoledì 30 gennaio 2019

Recensione: Sperando che il mondo mi chiami, di Mariafrancesca Venturo

| Sperando che il mondo mi chiami, Mariafrancesca Venturo. Longanesi, € 16, 90, pp. 405 |

Ho finito gli esami della magistrale in un soffio. Ad aprile, se tutto va come vorrei, mi laureerò perfettamente in tempo sulla tabella di marcia: sempre stato bravo a rispettare le scadenze. La mia è una specializzazione in Filologia moderna che, non lo nascondo, poco mi rappresenta e altrettanto poco mi avrebbe allettato cinque anni fa, ma tant'è: questo passavano l'ateneo vicino e il cosiddetto convento. Ora cosa farai di bello? Di bello, rispondo a denti stretti davanti alla domanda fatidica, proprio niente. Io che intanto ho la tesi da scrivere in due mesi scarsi, una bibliografia sterminata da padroneggiare e gli ultimi moduli da consegnare, a tempo debito ho accumulato da brava ape operaia tutti i CFU che servono, le attestazioni di PEF o FIT che dir si voglia, i voti altissimi e un filo di rassegnazione. Se hai ventiquattro anni e sei fresco di laurea in Lettere, almeno su carta, hai inevitabilmente poche possibilità: e che fai, allora, l'idea dell'insegnamento non la contempli per tracotanza? Mi dico che non ho pazienza né spirito di abnegazione a sufficienza; che i bambini mi inteneriscono, vero, ma forse non a tempo pieno: per via di una mamma che per anni ha fatto la tata quando capitava, ho diviso spesso il tavolo della cucina con seienni alle prese con il dettato, mucchi di Barbie e Lego alti così, echi di tabelline a campanello e lettere dell'alfabeto da scandire per bene. Mettici anche il precariato imperituro, i concorsi annunciati sempre all'ultimo momento, gli andirivieni di sorta: la lotta con le unghie e con i denti per un mondo che finora ho guardato piuttosto distrattamente; per un gioco che forse non vale la candela, secondo la dichiarata presunzione delle giovani leve che in dirittura d'arrivo sotto sotto si aspettavano un'alternativa fortunata. Un po' per caso, un po' per desiderio, io che credo nei segni del destino e nelle piccole simmetrie, in questi giorni cruciali ho cercato la compagnia del romanzo perfetto: un esordio da ricordare, che per l'appunto di insegnanti e alunni, sacrifici e bivi, parla.
Siamo a Roma, la meta per eccellenza presa d'assalto dagli insegnanti del Sud in una gara fra poveri a chi arriva primo in graduatoria. L'irriducibile Carolina, ventotto anni, vive in una famiglia convinta ciecamente che quella dell'insegnante sia una missione sociale – maestri da generazioni e generazioni, i suoi parenti le hanno tramandato il gene segreto dell'essere educatore e precario – e tutte le mattine punta la sveglia alle cinque. Indossa gonne eleganti, rossetti poco appariscenti e lascia che la metropolitana la scorti nei luoghi strategici: passeggia nel cuore della capitale, ne conosce ormai gli scorci suggestivi e le vecchiette chiacchierone, e tutte le mattine aspetta che una scuola di Roma la chiami. Con una chitarra acustica in spalla e una borsa piena di giochi e chincaglierie a fantasia, Carolina corre i cento metri per insegnare all'occorrenza italiano, matematica o musica. Non può concedersi vacanze, non può pianificare nel dettaglio progetti futuri.

Ho il cuore pesante ma sono pronta, con il rossetto a posto e la gonna al ginocchio. Pronta a non sapere dove andare. L'incertezza richiede una certa preparazione. […] Perché insegnare è il mestiere più bello del mondo. Dicono le maestre. Perché insegnare è come imparare per sempre. Dico io. Tutte le mattine vado a piazza Venezia o alla stazione Termini perché da lì posso raggiungere il mondo. Sperando che il mondo mi chiami.

I suoi contratti, rinnovati mese per mese, durano sempre poco: quanti libri non portati a termine nell'ora di narrativa, quanti programmi lasciati a metà, quanti bambini di cui dimenticare i nomi e i sogni per non affezionarsi troppo. E l'amore come va, se fa rima con l'incostante Erasmo? Qualche anno prima la protagonista si è malauguratamente innamorata di lui, docente milanese arrivato nel Lazio per un convegno a metà tra scienza e poesia: mentre i capelli del fidanzato vanno imbiancandosi sulle tempie, Carolina pensa alla loro impossibilità di definirsi coppia. La relazione a distanza, per ironia della sorte, è l'ennesimo elemento saltuario in una vita senza solide radici. Per fortuna rallegrano i racconti della splendida nonna Fortunata, emigrata siciliana che racconta di valigie piene di farfalle ai tempi del fascismo e confida negli effetti taumaturgici di una buona granita al limone; Titti e Federico, compagni di sorte e di slalom disperatissimi nella giungla dei pendolari; una quarta elementare in cui desiderare gettare le ancore. Non mancano le maestre di ruolo arcigne, qualche cancellino volante, un dirigente con la faccia da schiaffi che risponde al nome di Violoni, ma fra le altre cose c'è che all'ultimo banco siede Sara: una bambina dallo smalto mangiucchiato e la famiglia disastrata, al centro di una specie di giallo da vivere come fosse una questione personale. 
La penna irresistibile di Mariafrancesca Venturo rende alla perfezione in queste quattrocento pagine dalle sfumature tragicomiche la frustrazione dei forse, la ripetitività spasmodica della routine, lo sforzo di mantenersi propositivi e al passo. Perché non investire nell'ennesimo master online su suggerimento del sindacato? Cosa ne penserebbe il fedele Federico, amico che è un autentico signor so tutto io in fatto di punti, trucchi, corsi e strategie? Qualcuno fa il pendolare, qualcuno si arrangia pur di prendere una stanza in affitto, qualcuno dorme addirittura in stazione per arrivare presto a scuola l'indomani mattina. Qualcun altro, in barba al politicamente corretto, pensa invece di accasarsi e di considerare le supplenze un lusso: per le mogli e le mamme, fra l'altro, si ha un occhio di riguardo in graduatoria. I bambini, nati già grandi fra gli stimoli di Internet e quelli della tivù, hanno sempre meno curiosità nell'apprendimento. I maestri, tanto reperibili e scattanti da perdere per forza di cosa le staffe, hanno perso sia l'umanità che l'amore intrappolati all'interno di un'anonima catena di montaggio. Questa è la commedia pastello su un'eccezione alla regola: una giovane idealista animata da una contagiosa missione – leggendo di lei ho pensato alla signorina Honey della Matilda di Dahl, il classico per l'infanzia –, che non vuole abbandonare, dimenticare, né voltare pagina. Un'eroina che alleggerisce le giornate storte con delicatezza, filosofeggiando sui proverbiali bicchieri mezzi pieni e sul privilegio immenso di cambiare – e incrociare – storie su storie.

Raccontami di un secolo fa, nonna, cosa facevi davanti a un bambino in difficoltà? […] Ripasso a mente i tuoi buoni consigli. Sposa un uomo buono. Lavora in allegria. Sii gentile ma anche forte. Non ti arrendere. Ama. Mira in alto quando lanci un sogno, poi vola per riacchiapparlo, non è detto che ce la fai a riprenderlo ma almeno vedi dove arrivi. La felicità è fatica. Si generosa, gentile, ma arrabbiati se serve. Grida. Fatti sentire.

Cos'è meglio per lei? Cosa per i suoi alunni? Poco male se in segreteria la considerano una ruota di scorta, se del coro diretto con la maestra Livia si farà poi un nulla di fatto. Nell'utopia che il mondo la chiami, Carolina Altieri vive continue avventure: sempre di corsa, come in quella famosa pubblicità; sempre sinceramente meravigliata, giacché lei in primis ha ancora molto da imparare. E, si spera, da raccontarci. Ringrazio Mariafrancesca per la compagnia, il tempismo, il miele sul bordo di un bicchiere altrimenti amarissimo da mandare giù. A fine lettura ho cercato una mia maestra delle elementari su Facebook: in famiglia ne ricordiamo ancora nome e cognome. Doveva avere all'incirca l'età che ho io adesso e, dopo il primo anno di elementari, l'aveva sostituita un'altra collega, un'altra precaria, nel dispiacere generale della classe. Uno di questi giorni le inoltro la richiesta d'amicizia, le chiedo se era proprio lei a impartire lezioni d'italiano a Palermo nel 2001, le dico grazie perché qualche decennio fa mi ha insegnato a leggere e scrivere. Quindi, a vivere.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Cesare Cremonini – Possibili scenari

13 commenti:

  1. Felice di averlo appena acquistato! Lea

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  2. Da insegnante precaria non può che intrigarmi questo libro, anche grazie alla tua bellissima recensione! E da ex-neolaureata in filosofia, sappi che posso capirti bene... ti faccio un grande in bocca al lupo per il tuo futuro lavorativo, ma ti dico anche: "goditi la tesi"! Goditi gli ultimi due mesi di studio matto e disperatissimo, goditi le notti passate al pc per finire la stesura dei capitoli, goditi le ansie e l'idea di un traguardo ben preciso a cui puntare, per cui vale davvero la pena di faticare e sacrificarsi. Dopo, sarà tutto più complicato. Non vuole essere un cattivo presagio, ma davvero l'augurio per te di goderti fino in fondo quest'ultimo stralcio della tua vita universitaria ;-)

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  3. Questo libro sembra davvero bello e interessante anche per chi il mondo della scuola non lo vive. Spero di riuscire a leggerlo presto.

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    1. Assolutamente, apre un mondo (tristissimo, ma tant'è) 🙂

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  4. Questo libro mi intriga proprio tanto, soprattutto se ti ha colpito così tanto da farti cercare il nome. Io, della mia, purtroppo hp scordato il cognome.

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    1. Le vecchie pagelle, che io custodisco tutte gelosamente da bravo fissato, aiutano. 😉

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  5. Immaginavo il romanzo si rivelasse una splendida lettura :) Anche la canzone che hai scelto, secondo me, è molto bella :)

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    1. Grazie, Gresi!
      Non sono mai stato un fan di Cesare, ma ultimamente non sbaglia un colpo.

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  6. E quindi hai un brillante futuro nel mondo dell'insegnamento? :)
    Certo che avere la specializzazione in filologia fa figo.

    La realizzazione della tesi può anche rivelarsi un'esperienza divertente, per lo meno se hai scelto un argomento che ti piace. Io ne ho fatta una su Quentin Tarantino e una su Bret Easton Ellis, quindi non mi sono certo annoiato. :)

    Il romanzo non so se fa al caso mio, in questo momento. Difficile inoltre che mi faccia venire voglia di ricontattare la mia maestra delle elementari...

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    1. Tesi molto meno divertente della tua, ma non mi lamento!

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