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venerdì 22 aprile 2016

Recensione: Fai bei sogni, di Massimo Gramellini

Fai bei sogni. Anzi, fateli insieme.
Insieme valgono di più.

Titolo: Fai bei sogni
Autore: Massimo Gramellini
Editore: Longanesi
Numero di pagine: 209
Prezzo: € 14,90
Sinossi: Fai bei sogni è la storia di un segreto celato in una busta per quarant’anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. Fai bei sogni è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. Fai bei sogni è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l’inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell’amore e di un’esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.
                                                La recensione
Naturalmente pessimista, avevo pensato di scrivere un post di riepilogo in questi giorni. Perché ci sono novità – né belle né brutte, solo novità nuove – e avrei potuto non avere la connessione internet fino ai primi di maggio. E invece no. Perchè se qualcuno lassù mi odia, come dico da un po', sarà andato in ferie per qualche giorno, lasciandomi traslocare in pace e riallacciare il contratto con Infostrada senza le solite grane. Non sono abituato, infatti, a cose che filino lisce lisce da... mai. Da mai, e dallo scorso dicembre: periodo buio in cui mi ero raccontato – e vi avevo tormentato, me ne scuso ancora – con un post triste e personale che è meglio non rivangare, su. All'indomani di quella cosa lì, e chi non la sa magari la intuisce o lavora di fantasia, succede che mi trasferisco. Di pochi passi, praticamente, ma in una casa di vetro più grande e più vuota. Nel post in programma, poi andato a monte per una Sfortuna partita in viaggio d'affari (cosa tramerà, questa volta?), vi avrei parlato di una vita negli scatoloni, della tanta fatica per dare una sistemata alla libreria, di persone che mancano all'appello – ma ogni tanto, rispetto allo scorso inverno, ci sono alzando la cornetta – e di un punto fermo messo a qualcosa che avevo per le mani da un po'. Vi dirò meglio e di più a scatoloni impiliati: a cose fatte. Questo ipotetico post, per titolo, avrebbe forse avuto una frase di una canzone dei Subsonica, Di domenica. Dice che i cambiamenti sono tali solo se spaventano. La paura c'è, ché sono un tipo malinconico e abitudinario, e c'era un libricino preso in prestito in biblioteca a farmi compagnia, con la ditta di traslochi che si affastellava tutt'intorno e i mobili Ikea che richiedevano istruzioni più chiare e tante di quelle bestemmie... Una lettura vagamente a tema, per me che credo in tutto e niente, ma nei segni decisamente sì. Una storia vera, la copertina azzurra e, sulle alette, il resoconto di un successo straordinario. Dando un'occhiata anche alle presenze italiane a Cannes, tra l'altro, scopro che ha ispirato una trasposizione che sarà presentato lì in anteprima: la regia di Bellocchio e, nel cast, quel Mastandrea che era già stato un figlio complessato e tenerissimo per Virzì, in La prima cosa bella. Gramellini lo avevo letto qualche Natale fa in coppia con Chiara Gamberale – lui angelo custode, lei incustodibile trentenne dal cuore infranto – e, da allora, la curiosità di rileggerlo non era stata tanta. Fai bei sogni era già un successone, lui continuavo a seguirlo con interesse a Che tempo che fa, ma allora ero diverso e più spensierato io. Credevo ancora nel Natale e sapevo su chi contare. 
Cos'è cambiato, a un tratto? Qualche anno dopo, fulmini a ciel sereno e dolori in scorrimento automatico mi hanno fatto sentire Gramellini vicinissimo. L'ho recuperato da uno scaffale, perciò, e l'ho portato a casa, preparandomi ai pianti inconsolabili e a una specie di pace – con me stesso, con chi vive ma altrove. Il titolo racchiude le ultime parole che, rimboccandogli le coperte, la mamma ebbe per il Massimo bambino. Dopo la buonanotte, sarebbe infatti morta d'infarto; la sua salute, già compromessa per la chemioterapia. Per un brutto male che andava e veniva a proprio piacimento. Massimo, così, cresce sentendosi abbandonato: sindrome che ho sviluppato, sebbene ventenne, anch'io. Non è mai troppo tardi per dirsi che tutto va male, e che nessuno ci vuole bene davvero. Soprattutto, che ci deludono tutti quanti: fin qui, tra me e lui non c'è grado di separazione. Gramellini riassume la fascinazione e la paura che gli orfani alimentano negli altri. La rabbia e poi la nostalgia dei novenni superstiti. Questo, attraverso le tappe del lutto; attraverso i capitoli della gioventù. L'amore che, per tutto il tempo, va a braccetto con la delusione: le donne vengono da un altro pianeta, sua madre non ha prestato fede alle proprie promesse, il Toro accumula allo stadio sconfitte su sconfitte. Un mondo di soli uomini, perciò; un collegio tutto al maschile; gli amori senza lieto fine e i primi incarichi importanti. Il sogno - l'unico bello davvero - di vivere scrivendo. La gavetta scontata portando caffè, le cronache brevi di una Sarajevo sotto assedio, la posta del cuore. 
Finché Madrina, la migliore amica della madre, non gli racconta quello che non sa: l'evoluzione del loro legame durante la Guerra, l'incontro con un uomo buono ma tutto d'un pezzo, un brutto retroscena nascosto in un trafiletto di giornale. Dall'unico romanzo che ho letto dei suoi, Gramellini me lo facevo più grillo parlante. Più saggio. Questa volta, però, coi famosi cambiamenti che spaventano, avevo bisogno di una voce ferma, di risposte belle e pronte, di certezze granitiche. Con mia sorpresa, invece, qui indossa i panni del Massimo giovane e inesperto, del Massimo perennemente in bilico, e mi dà rare risposte, sporadici aforismi, ma qualche soddisfazione in più. Sensibile e scostante, insicuro cronico quanto o peggio del sottoscritto, rende delicata, perfino allegra, l'intromissione in un dolore che altrimenti sarebbe troppo privato. Lui gli dà forma, ordine: colore. Cerca all'abbandono una sistemazione e un senso compiuto: cose che trova strada facendo. E, poco a poco, impara a tenere testa ai sensi di colpa, ai dilemmi degli “e se?”. Nel mentre, filtra memorie e rimargina cicatrici con una scrittura poetica e delicata – e la semplicità, in definitiva, appare il segreto delle tante copie vendute – e la lucidità di quant'anni di distanza conferisce all'assenza nuove, impensate sfumature. Ci sono un colpo di scena che stringe il cuore sul finale; frammenti di vita grandi e piccoli, ma senza spigoli di sorta; un racconto in pillole agrodolci di cui potrò fare di certo esperienza. C'è, però, che io sono amante dei libri voluminosi e incartapecoriti; delle famiglie scombinate, sì, ma che devono avere un capitolo per ogni tragicommedia delle loro; della sofferenza che schizza ovunque, in presa diretta, e ti porta alla deriva con sé. 
Anche se poi, a peso morto, raggiungerai la riva. Stanne certo. Serve solo tempo.
Fai bei sogni - biografia a mo' di fiaba su un genitore negato a lungo, un Peter Pan bloccato delle coperte rimboccate quarant'anni prima, in una notte di neve - ha forse un eccessivo lavoro di labor limae, ma il potere di lasciare sereni e rassicurati, con gli arcobaleni nelle ciglia e i post-it gialli per rimarcare le frasi in cui c'eri un po' anche tu, dentro. Con annotazioni volanti per ricordare Massimo che si avvicina in punta di piedi alla spiritualità indiana – il Buddhismo, effettivamente, mi ha sempre affascinato: che studiarselo a fondo non diventi uno dei miei buoni propositi? - e, soprattutto, Salem, bimbo con un palloncino in mano e un buco in pancia nel mezzo di un confitto non troppo distante. Per confrontarsi con i dolori degli altri e vedere se il tuo, così, ridimensionato, rivisto, si annulla secondo la matematica magia delle proporzioni.
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Jovanotti – Le tasche piene di sassi

29 commenti:

  1. Proprio stamattina pensavo ai libri che probabilmente non fanno per me e nel mio elenco mentale è finito anche Gramellini x°D
    Va be', magari sbaglio, ma tendenzialmente preferisco l'evasione.

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    1. Non fa nemmeno per me, o almeno credo, però questa volta mi sentivo tanto, pure troppo, il tema.

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    2. Invece io se un tema mi tocca da vicino lo evito proprio. Che codarda.

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    3. Ognuno si disintossica come può. :)

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  2. Il romanzo con la Gamberale, come sai, non mi è particolarmente piaciuto, ma questo lo ricordo anch'io con una certa tenerezza.
    Ps) anch'io ricordo un trasloco anni fa..e parecchie imprecazioni sulle istruzioni Ikea, quelle dove tutte le viti paiono uguali e alla fine..ti accorgi di aver montato tutto al contrario!

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    1. Sììì, abbiamo montato al contrario gli armadi.
      Tre volte.

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  3. Quando ho letto io la prima volta Fai bei sogni, era quasi appena uscito e ancora non era diventato quel fenomeno (quasi fastidioso, per me) che tutti conosciamo. Allora mi era piaciuto abbastanza, anche se una parte di me pensava già che fosse un libro "furbo".
    E' da un po' che Gramellini lo apprezzo un po' meno, devo dir la verità, però capisco perfettamente come ci si possa identificare in questo libro, e capisco che in determinati momenti possa fare bene :)

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    1. Non conto di rileggerlo, Gramellini: i suoi romanzi-apologo non sono particolarmente nelle mie corde e sì, anche a me il fenomeno, le frasi su Fasebook, l'onnipresenza dà un po' noie. Però, se in futuro dovesse riparlare del "piccolo" Massimo... :)

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  4. Oh..pensavo che Gremellini forse per me no,forse iettatorio e un po' furbetto...e tu come stai??

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    1. Lo è senz'altro, dipende appunto da come ti senti tu lettore. Io sto meglio. Affaticato, con poche ore di sonno perché Ciro (il gatto) non si abitua ancora alla casa nuova. Devo recuperare film, libri e, soprattutto, tempo per farmi una bella dormita. Bei sogni non so. ;)

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  5. Lo lessi due anni fa e mi piacque moltissimo.
    Bella recensione!

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  6. Letto un paio di anni fa e niente, caruccio, ma non l'ho trovato così bello come dicevano tutti :3

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  7. Ho un ricordo bellissimo di questo romanzo, mi è piaciuto, mi ha fatto tenerezza, è stato scorrevole. Ricordo che lo leggevo a lavoro, quando non c'era nessuno a chiedermi un caffè o un gratta e vinci. Ti abbraccio. Credo che la canzone sia azzeccatissima, Jovanotti è andato migliorandosi negli anni divenendo a mio parere un gran poeta.

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    1. Grazie, Nunzia.
      Il romanzo mi è piaciuto ma non tantissimo, forse avrei preferito qualche pagina in più, e sui testi di Jovanotti concordiamo perfettamente. Questo, poi, quant'è bello.

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  8. Gramellini è un altro che mi perseguita dagli scaffali ma, a pelle e da quello che dice in TV e sui giornali, non mi sta granché simpatico, quindi può pure rimanersene lì. La luce in fondo al tunnel c'è sempre anche se, a volte, sembra essere fulminata. ;)

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    1. Questo, tra i suoi, penso possa essere il solo (o uno dei pochi?) a fare al caso nostro. Non che sia un cattivo autore, come forse già ho detto, ma ha una sensibilità, un gusto, che non sento miei. :)

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  9. L'ho amato questo romanzo, tanto. Forse per gli stessi motivi per cui lo hai sentito affine anche tu, chissà.

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  10. l'ho letto, ma senza metterci la stessa passione che ho visto nelle parole degli altri... come le tue, molto molto ispirate

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  11. Letto quando fu pubblicato.
    Lo stile di Gramellini va bene per un articolo giornalistico non certo per un romanzo .
    Mancanza totale di pathos,troppo cronachistico,e dire che l'argomento era da brivido
    Dopo questa esperienza non ho più letto niente di lui,e anche le sue riflessioni il sabato sera mi hanno stufato.
    Meglio Checco Zalone.

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    1. Lo preferisco cronachistico, sinceramente, al Gremellini alla Biscotto della fortuna che conoscevo. Ma non mi fa ugualmente impazzire, e di Fazio guardo, grossomodo, solo le interviste.

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  12. L'ho letto circa 2 anni fa. Ha fatto uscire la frignona che è in me... ti lascio il link alla mia recensione, non certo completa come la tua, ma pur sempre sentita.

    http://nientedipersonale.altervista.org/fai-bei-sogni/

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  13. Sono un tuo nuovo fan
    Tantissimi complimenti
    sempre ottimi consigli !!

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  14. L'ho letto molto tempo fa questo libro e l'ho amato molto, un romanzo scritto con il cuore stretto nel palmo della mano, proprio come tu ti sei aperto a noi. I cambiamenti ci investono, ci destabilizzano, ma poi diventano abitudini. Un abbraccione :-)

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