Cospirazioni,
tradimenti coniugali, sangue, famiglie. Esiste forse intrattenimento
più contemporaneo e accattivante di quello offerto dalla mitologia
greca? A partire da una intuizione elettrizzante, Kaos
porta in scena i personaggi più amati del mito calandoli nella Creta odierna. Gli dei
esistono, sono tra noi e, come sempre, mettono lo zampino negli
affari mortali. C'è chi, però, ha smesso di temerli. Il Zeus di un
esilarante Jeff Goldblum trema di rabbia e frustrazione, con la
segreta paura di essere esautorato. Chi sta tramando contro di lui?
Come può gestire la convivenza forzata tra cretesi e troiani, se ha
difficoltà perfino a farsi obbedire dalla gelosissima moglie Era o
da Dioniso, il più spiantato dei suoi figli? Saga familiare
ultraterrena, eccezionalmente raccontata da un Prometeo già
prigioniero, questa prima stagione (confidiamo, per favore, in un tempestivo
rinnovo) tira in ballo anche un trio di mortali dal ruolo cruciale:
Arianna, figlia del Presidente Minosse, che questa volta non ha bisogno
di nessun Teseo; Euridice, stanca di essere cantata dall'egoista musicista Orfeo; Ceneo, ex amazzone con disforia di genere. Profondamente umani
nella caratterizzazione, toccanti e in crisi esistenziale, i nostri
eroi si muovono tra le Moire e le Erinni, la terra e l'aldilà, con
una domanda: si può cambiare un destino già profetizzato?
Corali, spassosi, kitsch con gusto, gli episodi non ha bisogno di effetti
speciali per incantarci: la magia è nella scrittura di Charlie Covell, che brilla di equilibri indovinati e di un irresistibile
humour inglese. Dopo tanti passi falsi, Netflix tira dal cilindro una
serie finalmente all'altezza delle aspettative. Kaos,
chicca imperdibile, fa con la mitologia quello che Romeo +
Giulietta fece con Shakespeare. (7,5)
Dopo il successo di Valeria Golino, anche Fabio e Damiano D'Innocenzo tornano al cinema con una serie TV.
Lenti, sgradevoli, più oscuri che mai, i gemelli romani ci mettono alla prova con un
crime in due atti in cui qualcuno potrebbe vedere la risposta
italiana a True Detective. Sono cinque ore di cinema d'autore. Di
quello lento, pesante, disperato, tipico di alcuni festival di nicchia. La
scena clou della prima parte? La colonscopia particolareggiata a cui
viene sottoposto il protagonista: un cattivo detective, colpito dalle
dipendenze e dal fallimento familiare, di cui sondare le viscere per
sincerarsi del marcio. Sbirro e assassino, infatti, condividono gli stessi
demoni. Il serial killer, ribattezzato Dostoevskij per le lettere nichiliste seminate sulla scena del delitto, diventa l'ossessione del nostro
antieroe. La morte può diventare una ragione di vita? Nei
polizieschi c'è sempre il momento in cui la polizia si muove nel
buio. I D'innocenzo immortalano quel brancolare: i tentennamenti, le
ipotesi, i buchi nell'acqua. E in quel buio si scavano la tana,
inventando una sfumatura di nero che prima non c'era. L'ultimo atto vola, più spedito, più corale, più incalzante, ma
non ci sono notti bianche all'orizzonte. Non sarebbe stato possibile
condensare tutto in un film? Sì, ma sarebbero venute meno le
sequenze descrittive in cui il Lazio sembra il Midwest; l'amicizia
sincera di un commovente Vanni e la hybris di Montesi, giovane leva
con tutto da da perdere. Condannato a un'oscurità eterna,
Dostoevskij si rivela il nostro Prisoners: un delitto senza castigo
in cui la voce bellissima e cavernosa di Timi, qui in stato di
grazia, risuona tra le bettole della povera gente,
nelle memorie del sottosuolo, nel nostro buio più inconfessabile.
(8)
Le
parole possono tutto. Perfino uccidere. Lo sapeva bene Truman Capote:
reduce dal successo di A
sangue freddo,
cercava ispirazione per il suo prossimo bestseller tra i salotti e i
ristoranti dell'alta borghesia. Cinico e pettegolo, lo scrittore
omosessuale era la mascotte di un gruppo di donne facoltose ma
infelici: le chiamava i cigni. A conoscenza dei loro più sordidi segreti, lo scrittore le sburgiarderà per scrivere Preghiere
esaudite:
una di loro, disperata, si toglierà la vita. In cambio della gloria, Capote
perderà la loro amicizia. E l'anima. Dopo averci raccontato la lotta
tra Crawford e Davis, due dive sul viale del tramonto, la serie
antologica torna con la consueta classe a svelarci un altro scandalo
americano: questa volta si passa dal cinema all'editoria.
Splendidamente diretta da Gus Van Sant, pur contando su un
eccezionale cast femminile, la serie è una vetrina per mettere in
luce il genio e la sregolatezza dello scrittore in confidenza con
James Baldwin e in contrasto con Gore Vidal: già portato al cinema
più volte, trova nell'interpretazione di un irriconoscibile Tom
Hollander la sua incarnazione più spumeggiante. La qualità è alle
stelle. Ma, a differenza della prima stagione, questa appare più
rigorosa e meno fruibile dai profani; più un biopic, l'ennesimo, che
un prodotto corale e femminista. Splende la sola Naomi Watts, l'amica
prediletta, che ci regala una delle performance migliori della sua
carriera con il personaggio di una donna divorata dal cancro e dalla
nostalgia, ma pur sempre piena di decoro; degno di nota il cameo spettrale di mamma Jessica Lange. Questi cigni vittima della monotonia incantano per
eleganza, ma hanno un becco che non morde. Lontani dall'orbita di
Capote, con una faida già persa in partenza, faticano a volare. (6)
Kaos è un'ottima serie, con mia somma sorpresa, visto che mi immaginavo qualcosa di molto più trash :)
RispondiEliminaE sì, il paragone con Romeo + Juliet ci può stare.
Dostoevskij la attendo con curiosità, e un pochino di preoccupazione, visto che i D'Innocenzo sono capaci di grandi cose, come Favolacce, e decisamente meno grandi, come America latina.
Di Feud non avevo retto la prima stagione, però questa seconda ora che dici che è diretta da Gus Van Sant un pochino mi incuriosisce...
Feud è snob e acida quel tanto che basta da piacerti. E poi c'è Naomi, splendida come lo era stata soltanto in Lynch probabilmente.
EliminaSono riuscita a bucare tutte le proiezioni al cinema di Dostoevskij, bella l'idea delle serie TV al cinema, ma se poi non riusci a incastrare le due parti che fai? Ne vedi metà e aspetti?
RispondiEliminaLa aspetto con un po' più di entusiasmo su Sky.
Con un po' più di entusiasmo domani inizierò Kaos, mi fido perché vedo che avevamo le stesse titubanze per un titolo che sembra l'ennesimo guilty pleasure di Netflix.
Feud, di cui mi manca ancora la prima stagione e il grande classico di cui si parlava, è finito in fondo alla classifica dei recuperi viste le opinioni fredde. Prima o poi, con calma.
Kaos bombetta. Ti divertirai tanto, soprattutto a cogliere le citazioni sparse.
EliminaDi Feud ti consiglio nuovamente la prima stagione: bellissima e intrigante. Un po' noiosa questa, ma che classe.