Nell'omonima miniserie di Valeria Golino, è la voce suadente di Tecla Insolia a guidarci nel dedalo dei pensieri di Modesta. Queer, determinata, machiavellica, si inebria della forza segreta dell'odio ma inneggia all'amore libero. Ora ingenua e ora spietata, profondamente consapevole della sua intelligenza, ci sussurra la fiaba nera di una serva divenuta padrona. È possibile, seppure al termine di una lunga serie di nefandezze, arrivare a gioire con la nostra antieroina? Assolutamente sì, in una storia di curiosità intellettuale, emancipazione e lotta di classe, che prende avvio nella povertà delle campagne verghiane e giunge, infine, presso i palazzi nobiliari di Tomasi di Lampedusa. Questo, però, non è che l'inizio delle vicende di Modesta. Ci saranno altri uomini (dopo il gabellotto Carmine: Mattia, Carlo, Marco) e altre donne (dopo suor Leonora e la principessina Beatrice: Joyce e Nina); ci saranno figli biologici e figli acquisiti (Prando, Jacopo, Ida, Ntoni); arriveranno i totalitarismi e le loro promesse illusorie rivolte ai giovanissimi, un altro conflitto mondiale, una democrazia di cui diffidare.
Per prepararsi alla rivoluzione si deve bere tanta e tanta fantasia.
Attratta dalla rivoluzione ma nauseata dalla guerra, sedotta da una carriera in politica ma troppo idealista per appendere il ritratto del Re o del Duce in salotto, Modesta maturerà con grazia e nessun rimpianto in una casa in cui farà da benefattrice a geniali trovatelli, spie in incognito, sognatori instancabili. L'orfana incendiaria degli inizi diventa la matriarca di una comune definita “una piccola repubblica”; una donna come tante e come nessuna, impensierita dalle ansie della maternità e dalla Certa che incombe. I suoi protetti sconfesseranno amaramente ciò che lei ha insegnato loro? E se la vecchiaia, a ben vedere «una giovinezza cosciente», riservasse altre avventure, altri amori? Golino adatta soltanto la prima delle quattro parti di un romanzo asimmetrico e fluviale, splendido e spossante, che spesso ha l'andamento frammentario di certe poesie, di certi ricordi, di certi sogni. Lo ha scritto Goliarda Sapienza cinquant'anni fa, ma non l'ha mai visto pubblicato: protagonista di travagliate vicende editoriali e di una rocambolesca vita da film, l'autrice meriterebbe un discorso a parte. Quest'anno si celebra il centenario della sua nascita. Ma l'iconica Goliarda, in realtà, doveva venire dal futuro. Lascia in eredità alla sua Modesta l'ateismo, le simpatie comuniste, la fame di tutto e subito. L'Etna è un seno, la lava zampilla al posto del latte: nutrite col fuoco, sono destinate a non morire mai. Nella mia vita ci sarà sempre un prima e un dopo di loro.
E se questo mio vecchio ragazzo si stende su di me col suo bel corpo pesante e lieve, e mi prende come ora fa, o mi bacia fra le gambe proprio come Tuzzu faceva allora, mi trovo a pensare bizzarramente che la morte orse non sarà che un orgasmo pieno come questo.
Scritto in una lingua assonanzata e musicale, il romanzo slitta a piacimento dalla prima alla terza persona, da pagine dense di dialoghi a ellissi narrative che restituiscono informazioni confuse sul destino di taluni secondari. L'andamento: quello imprevedibile di una cantastorie controcorrente, contro natura, nata per seminare dappertutto un magico disappunto. Le ambientazioni: la testa febbrile di Modesta, il suo corpo flessuoso, e una Sicilia claustrofobica che spalanca occhi e cuore davanti allo spettacolo improvviso del mare. Laggiù, in quel blu fino ad allora immaginato attraverso gli occhi dell'indimenticato Tuzzu, la protagonista imparerà a nuotare. Ma anche a cavalcare, a fumare la pipa, a mostrarsi nuda senza l'ausilio del buio. A dare piacere. A darsi piacere. E a organizzare feste sfrenate dove i vivi ballano con i loro fantasmi e le fiaccole illuminano a giorno l'isola. Non si dimentica mai come si galleggia al largo, né la gioia di essere stati eccezionalmente ospiti nell'esistenza di una donna tanto scandalosa. Ora voglio nuotare controcorrente, progettare colpi di stato, chiamare un gatto Mody, ribellarmi sempre. Rubare tutta la vita che posso. L'arte della gioia è un diritto di natura: «come il pane, come l'acqua, come il sole».
Il mio consiglio musicale: Parola (Rework) feat. Anna Caragnano
Ho capito, è da leggere 😄
RispondiEliminaE sarei curiosa di guardare anche la serie TV, la Golino mi piace
La serie TV è attesa per gennaio su Sky. Se è ancora in qualche cinema della tua zona, corri!
EliminaSempre sul pezzo e ottimo post ma il libro non lo rileggerei....😄
RispondiEliminaCiao Michele!
Grazie Lory!
EliminaLo so: non è stato amore, ahahah!
Un romanzo complesso che non conoscevo. Grazie per averlo portato all'attenzione di noi lettori. Un caro saluto :)
RispondiEliminaFelice di avertelo fatto scoprire. Un bacio.
EliminaDopo che ne hai parlato così tanto e così bene, sono molto, molto curiosa di capire come va avanti la storia di Modesta e di scoprire la scrittura di Goliarda, ma allo stesso tempo spero in un'altra stagione con l'occhio della Golino a raccontarmela. Senza fretta, aspetto.
RispondiEliminaConfido anch'io in un'altra stagione, anche se temo che sarebbe necessario un cambio di attrice. Tecla, appena ventenne, è troppo piccina. E come si fa senza di lei?
EliminaDirei che meriterebbe una trasposizione televisiva, ma l'hanno già fatta :)
RispondiEliminaNon mi resta quindi che aspettare di vederla, e poi nel caso recuperare pure il romanzo. Lo so che le persone normali in genere fanno il contrario e partono dal libro, ma io non sono normale XD
C'è tanto da aspettare. Sorprendici e sii più normale! :-P
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