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Il nostro giorno, di David Levithan. Rizzoli, € 18, pp. 464 |
Ci
sono ritorni che aspettavi senza saperlo. È successo con Il
nostro giorno: all'apparenza
seguito fuori tempo massimo del romanzo di David Levithan, letto e
adorato negli anni del liceo, ha temporeggiato sei anni prima di riprendere le
redini del capitolo precedente – nel mentre ci sono stati un
capitolo intermedio raccontato dal punto di vista della
coprotagonista, purtroppo mai letto, e l'omonimo film di Michael
Sucsy, sottovalutato dagli spettatori ma comunque ottimo per
rinfrescarsi la memoria. Ho salutato i protagonisti a diciannove
anni, così, ma allo stesso tempo, al cinema, l'ho fatto giusto la
scorsa estate. Ora come allora quel finale dolce-amaro, sospeso nei
forse, mi era sembrato perfetto: non sono per le precisazioni a ogni
costo – mi piace il mistero dell'inspiegato –, né per il lieto
fine delle fiabe. L'idea di saperne di più, onestamente, attraeva e
spaventava. E se, giovanissimo ai tempi, mi fossi lasciato andare a
un entusiasmo ingiustificato con la lettura di Ogni giorno?
E se l'autore avesse rovinato tutto, rivangando la storia d'amore fra
A e Rhiannon per un pubblico ormai fuori target? Il sospetto mi ha
fatto compagnia, e mi ha fatto preoccupare, per le prime pagine.
Seguito diretto del predecessore, Il nostro giorno è
infatti ambientato a poche settimane di distanza dagli avvenimenti
del capitolo introduttivo. Ricordiamo a grandi linee la peculiarità
della trama: nel momento del risveglio l'anima di A viaggia da un
corpo all'altro. A volte maschio, a volte femmina, vive la
maledizione di cambiare ogni giorno pelle ma il privilegio, d'altro
canto, di vestire i panni di qualcun altro. Straordinario portavoce
di empatia e tolleranza, finiva per violare le regole innamorandosi
di Rhiannon: sedicenne di aperte vedute che ogni giorno, qualsiasi
fosse il suo aspetto, ne ricambiava i sentimenti.
Ci
viene detto che le parole più potenti del mondo sono “ti amo”. E
anche se penso che siano potenti, penso che questa frase lo sia
altrettanto: “Ho iniziato a conoscerti, e voglio conoscerti di
più”.
Per
il bene di entrambi, non poteva durare. Ma, come leggiamo, si sono
accorti presto di non saper fare a meno l'uno dell'altra. Anche se
nel frattempo lei si è fidanzata con Alexander, il ragazzo perfetto,
e ha un piede in due scarpe. Anche se lui, fedelissimo, è vittima di
una violenta crisi di identità. Non ci vorrà molto per scambiarsi
messaggi e canzoni in chat. Per ricascarci, lasciandosi dietro tracce
inequivocabili per il piacere perverso di X: alter-ego del
protagonista, è un villain in piena regola – infesta i corpi degli ospiti come farebbe una presenza demoniaca, uccide, minaccia – ma,
a differenza dei cattivi da fumetto, a muoverlo sono più i dolori di
un'esistenza in solitaria che i piani criminali. Ai lati opposti di
una simile barricata, A e la sua metà oscura devono decidere da che
parte stare; accanto a chi svegliarsi. Deve essere per forza un
viaggio solitario, il loro? Cos'è giusto per i corpi invasi, e cosa
per quelle anime erranti? Il nostro giorno
è un romanzo maturo. Da un lato, il faccia a faccia fra i
Viaggiatori porta alla luce questioni etiche e dilemmi morali, con
congetture che oscillano fra filosofia, scienza e fede; dall'altro,
invece, la strana relazione a distanza con Rhiannon, a ben vedere,
non è tutta rose e fiori. L'adolescente è chiamata ancora una volta
a giostrarsi fra amicizie e futuro, macinare chilometri in macchina,
mentire. Provata dagli abbandoni e dagli andirivieni, appare più disincantata, rischiando di arrivare già
stanca a incontri goduti quindi a metà. Mancarsi, però, è meglio che
deludersi?
Ciò
che c'è tra noi, be', di sicuro non è una cosa normale. Ma il
punto, quando si ama qualcuno, è che sei tu a scrivere la tua
versione della normalità. Ed è esattamente questo che faremo. […]
Noi saremo onesti e condivideremo le nostre vite. Faremo dei casini e
ci daremo una mano a vicenda per risolverli. Faremo degli errori,
soprattutto a proposito dei nostri sentimenti. Però ci saremo, nei
giorni belli e in quelli brutti. Perché io non voglio che tu sia
qualcuno con cui esco, A, o che tu faccia dentro e fuori dalla mia
vita: voglio che tu sia la mia costante.
Compendio
d'azione e introspezione, con l'aggiunta vincente di piccoli inserti
thriller, il ritorno in libreria di David Levithan conferma la sua
bravura al di sopra della media in materia di Young Adult. Questa
volta ha scelto una struttura polifonica di punti di vista speculari,
regalandoci passaggi che appaiono veri gioielli di scrittura creativa
– il soggiorno di A nel corpo di un ragazzo iperattivo, scosso da
un terremoto di input chimici, o la storia parallela di due
adolescenti dai sentimenti incerti a un convegno di letteratura queer
–, dolcissimi appuntamenti galanti – su una panchina innevata a
Central Park dove sarebbe bello invecchiare insieme, davanti ai capolavori
impressionisti al Met, durante una marcia per l'uguaglianza a Washington DC –, spiragli di un mondo ben più
popoloso del previsto – a sorpresa scopriamo che ci sono altri
nella condizione di A, e si confessano nei forum anonimi, e lanciano
preoccupanti segnali d'aiuto.
Mi
sono tenuta stretta le mie storie capendo che ciascuno di noi ne
contiene una moltitudine e che nessuna racconta esattamente la
stessa cosa. Ciascuno di noi ha dentro di sé almeno una storia che a
raccontarla ci spezza il cuore. Ciascuno ha almeno una storia in cui
siamo sorpresi della nostra stessa forza d'animo e una storia che non
si è mai avverata e che più di tutte avremmo voluto poter
raccontare. Spesso non è colpa nostra se questa storia non è mai
diventata vera; spesso siamo rimasti bloccati nell'attesa che le
storie di altri combaciassero con le nostre.
Delicato
e moderno, educativo senza mai salire in cattedra con inutili pretese
di verità, Il nostro giorno per
fortuna non dice
troppo né si snatura. Diverso ma uguale, attento alle questioni di
genere con l'intelligenza di sempre, nell'era della presidenza Trump
torna a riflettere su sesso e identità, armonia e compartecipazione,
attraverso un'ordinaria relazione fra ragazzi straordinari. A e Rhiannon
hanno una nuova lezione da imparare, nuove parole per definire un
sentimento che travalica i confini di amore e amicizia. Il cuore,
infatti, è un organo capiente. Possiamo amare a lungo e di più,
senza vincoli, a patto di non sacrificare noi stessi: non siamo fatti in fondo per consacrare la nostra vita a una sola persona, a una sola
battaglia. Il sopraggiungere della mezzanotte vanificherà tutti gli
sforzi? Il carpe diem secondo David Levithan passa allora da qui: un romanzo
puntuale nel suo essere in ritardo, che a colpi d'arte risarcisce
gli orfani inconsolabili di Sense8
– siamo tele astratte di Rothko, non forme predefinite – e, nel
mese del pride, a testa alta, marcia con l'arcobaleno di tutti i suoi
colori.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: P!nk – What About Us
Non ho mai preso in considerazione questo autore... Che dici, può essere adatto a un'attempata quarantenne come me?
RispondiEliminaBella recensione come sempre!
Grazie mille, Dany!
EliminaPenso proprio di sì, perché non è mai troppo tardi per imparare (o ripassare) lezioni di queste.
Wow, sono contenta di leggere una recensione positiva! Avevo paura potessimo incorrere in una delusione 😊 sono contenta che per te non si sia rivelata tale😊
RispondiEliminaDi recensioni al momento se ne leggono poche, effettivamente, ed è stato meglio così. Con basse aspettative e molti timori, l'ho trovato davvero ispirato e semplice.
EliminaIl film si era rivelato davvero caruccio, ma aspetto una nuova trasposizione che su carta potrei trovare più difficoltà, anche se il target è maturato.
RispondiEliminaDato il flop del film, che negli USA penso non sia passato neanche in sala, ho i miei dubbi sul futuro della serie cinematografica...
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